«Arricchente»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per me, come per il Devoto-Oli-Serianni, il criterio è quello dell’assunzione di valenza aggettivale del participio presente (con significato direttamente arguibile o piú lontano dal verbo):
Il Devoto-Oli-Serianni ha scritto:Dei participi passati o presenti hanno trattazione autonoma solo quelli che hanno assunto chiaro significato aggettivale o addirittura di sostantivo...
È forse opportuno ricordare (non per lei, bubu7, ma per chi ci segue «in silenzio») che non tutti i participi presenti sono suscettibili di assumere valenza aggettivale, o comunque non in tutti i casi, come si vede dall’esempio seguente:

(1) Un dipinto rappresentante San Girolamo / *molto rappresentante San Girolamo

Nella Grande Grammatica Italiana di Consultazione (vol. II, pp. 607-608), si legge inoltre:
Nell’uso aggettivale, il participio ha proprietà come le seguenti, che non ha negli usi verbali:

i) si può trovare (anche se con effetti non sempre felici) prima del nome a cui si riferisce:

(17a) una ragazza sorridente / una sorridente ragazza
(17b) alcune proposte unificanti /?alcune unificanti proposte

ii) Può essere modificato da un avverbio:

(18a) una ragazza poco sorridente
(18b) una proposta molto unificante

iii) Può essere usato come predicato di un verbo copulativo:

(19) La proposta sembrava unificante.
Arricchente e impoverente si usano praticamente solo con funzione aggettivale (l’uso verbale con complemento oggetto appartiene perlopiú a stili particolari, aulici o burocratici, o è limitato ad alcuni verbi, come designante, riguardante, concernente, ecc.):

Un’esperienza molto arricchente, un’arricchente esperienza, un’esperienza che sembra arricchente.

Per questo, e per la diffusione soprattutto di arricchente (meno frequente appare impoverente), ritengo che si debbano registrare questi aggettivi, alla stessa stregua di sconvolgente e allettante. Tra l’altro, enrichissant e appauvrissant sono nel TLFi, e enriching, impoverishing nell’OED.

Vedremo cosa ne pensano le Redazioni a cui ho segnalato le parole.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: Per me, come per il Devoto-Oli-Serianni, il criterio è quello dell’assunzione di valenza aggettivale del participio presente (con significato direttamente arguibile o piú lontano dal verbo):
Il Devoto-Oli-Serianni ha scritto:Dei participi passati o presenti hanno trattazione autonoma solo quelli che hanno assunto chiaro significato aggettivale o addirittura di sostantivo...
È forse opportuno ricordare (non per lei, bubu7, ma per chi ci segue «in silenzio») che non tutti i participi presenti sono suscettibili di assumere valenza aggettivale, o comunque non in tutti i casi, come si vede dall’esempio seguente:
Mi rendo conto di addentrarmi in un’operazione esegetica ma, secondo me, chiaro sta per ‘più lontano dal significato del verbo’ o comunque rispondente al punto due dei criteri del De Mauro. Non sono sicuro che la sua interpretazione dei criteri del Serianni (nel Devoto-Oli) sia giusta: cioè che basti per la lessicalizzazione la semplice assunzione di valenza aggettivale del participio presente (anche con significato direttamente arguibile dal verbo e non cristallizzato).

Non mi sembra corretta neanche la sua generalizzazione successiva che non tutti i participi siano suscettibili di assumere valenza aggettivale, anche se concordo che non tutte le costruzioni risultano grammaticali.
Marco1971 ha scritto:Arricchente e impoverente si usano praticamente solo con funzione aggettivale (l’uso verbale con complemento oggetto appartiene perlopiú a stili particolari, aulici o burocratici o è limitato ad alcuni verbi, come designante, riguardante, concernente, ecc.)...
È bene sottolineare che l’affermazione evidenziata non è limitabile ad alcuni verbi bensì è una tendenza generale dell’uso contemporaneo del participio presente (lei lo specifica tra parentesi ma il riferimento al generico participio presente potrebbe non essere stato colto).
Cito dalla grammatica del Nostro:
Serianni ha scritto:Il participio presente è raramente adoperato con funzione verbale, a differenza di quel che accadeva nell’italiano antico […] Estraneo al parlato quotidiano, quest’uso ricorre soprattutto nella lingua giuridica e burocratica […] ma anche nella lingua letteraria. (XI.413)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A ogni modo, ho ricevuto la seguente risposta:
Grazie della segnalazione. Prenderemo in considerazione la registrazione di arricchente.
Non è detto che lo ritengano opportuno, ma ci penseranno. ;)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Nell’attesa che i lessicografi deliberino, vorrei tornare su queste affermazioni:
bubu7 ha scritto:Mi rendo conto di addentrarmi in un’operazione esegetica ma, secondo me, chiaro sta per ‘più lontano dal significato del verbo’ o comunque rispondente al punto due dei criteri del De Mauro.
Strana interpretazione, la sua. Rileggiamo bene: «...hanno trattazione autonoma solo quelli che hanno assunto chiaro significato aggettivale o addirittura di sostantivo...» Mi pare che la prospettiva sia qui di ordine grammaticale, visto il parallelismo tra significato aggettivale (= di aggettivo) e [significato] di sostantivo. Un abitante, tanto per fare un esempio, è una persona che abita in un luogo, un agonizzante è una persona che agonizza, ecc.: significato perfettamente uguale al verbo. Del pari, i seguenti aggettivi-participi presenti, scelti fra migliaia, hanno lo stesso significato del verbo e sono registrati: affliggente, attraente, avvilente, avvincente, commovente, compromettente, deludente, inerente, sconvolgente; allettante, ammaliante, conciliante, degradante, estasiante, estenuante, esultante, fuorviante, gongolante, ecc. Sono registrati perché, appunto, d’uso comune (punto 2 del De Mauro); e arricchente mi sembra ormai d’uso comune. La definizione potrebbe essere questa: «che arricchisce il cuore o la mente, che può accrescere l’esperienza o la cultura. Una lettura, un’amicizia, un incontro a.; un’a. esperienza CONTR. impoverente
bubu7 ha scritto:Non mi sembra corretta neanche la sua generalizzazione successiva che non tutti i participi siano suscettibili di assumere valenza aggettivale, anche se concordo che non tutte le costruzioni risultano grammaticali.
Allora provi a costruire una frase grammaticale con i seguenti participi presenti usati in funzione aggettivale: comprendente, designante, raffigurante, uccidente, ecc. Se ne ricavano facilmente sostantivi, in costrutti piú o meno marcati, ma difficilmente aggettivi: *Un testo molto comprendente; *Una designante parola; *Un quadro raffigurantissimo; *Quest’uomo è uccidente. Ora naturalmente non è escluso che possano, in futuro, diventare aggettivi di senso compiuto; ma per ora non sono (questo intendevo nel precedente messaggio, mal formulato), e compito del dizionario è di segnalare quali participi presenti hanno effettivamente, nell’uso, significato aggettivale.
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:
bubu7 ha scritto:Mi rendo conto di addentrarmi in un’operazione esegetica ma, secondo me, chiaro sta per ‘più lontano dal significato del verbo’ o comunque rispondente al punto due dei criteri del De Mauro.
Strana interpretazione, la sua...
La ringrazio, prima di tutto, per queste sue riflessioni. Questo modo di dialogare pacato e, al tempo stesso documentato, è il mio preferito. Si finisce sempre per imparare qualcosa.

Veniamo al merito delle sue osservazioni.
In effetti la mia prima possibile interpretazione è proprio forzata (la ringrazio per averlo rilevato). È molto più probabile la seconda possibilità dell’alternativa: che chiaro corrisponda al molto cristallizzato del De Mauro. Converrà che il criterio di cui stiamo parlando è il più arduo da applicare in quanto, definire la chiarità o il giusto grado di cristallizzazione, è molto difficile e facilmente opinabile. Infatti, prima di rileggere l’introduzione al GRADIT, a naso avevo individuato solo gli altri due criteri. Però, dopo questa nostra discussione, mi rendo conto che non si può prescindere dall’adottare anche il criterio due che, se fossi un lessicografo :) , applicherei in questo modo: lemmatizzerei solo i participi presenti il cui uso (verbale o aggettivale) prevalesse significativamente sull’uso complessivo del verbo (vedi inerente). Questo perché ho l’impressione che il largheggiare nell’accoglimento dei termini svilisca la funzione del dizionario dell’uso, che sappiamo bene non essere quella di accogliere tutti i termini che una lingua produce bensì un’accurata selezione di essi.
Marco1971 ha scritto: Ora naturalmente non è escluso che possano, in futuro, diventare aggettivi di senso compiuto; ma per ora non sono (questo intendevo nel precedente messaggio, mal formulato), e compito del dizionario è di segnalare quali participi presenti hanno effettivamente, nell’uso, significato aggettivale.
Su questo continuo a non essere d’accordo. Sarebbe come dire che dovrei riportare a lemma tutti i superlativi normali, tipo bellissimo.
Come diceva il Serianni, oggi la caratteristica generale dei participi presenti è di (poter) essere adoperati con (prevalente) funzione aggettivale. Si tratta di una disponibilità che ha il parlante la cui effettiva realizzazione dipende da tanti fattori.
Ad esempio, nella sua proposta di lemmatizzazione, lei ha segnato impoverente come contrario di arricchente: correttissimo, anche se in nessuno degli esempi che lei ha riportato per arricchente oggi è effettivamente usato il suo contrario.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La ringrazio. Proseguiamo:

Leggo nella grammatica di Battaglia e Pernicone (pp. 164-165, ed. Loescher 1951, ristampa 1984):
Il participio presente e il participio passato acquistano assai spesso funzione d’aggettivo. Il participio presente, oltre a indicare un’azione, può esprimere anche una qualità. Per esempio; ‘Il bimbo errante nella foresta vide una luce’ (dove «errante» conserva il valore di participio: che errava, mentre errava), e, invece, ‘Le avventure dei cavalieri erranti’ (dove «erranti» è aggettivo, e indica una qualità permanente dei «cavalieri»); e cosí ‘I popoli erranti dell’Asia’; ‘Le tribú erranti del deserto’, ecc.
«Acquistano assai spesso funzione d’aggettivo»: che cosa significa? Significa che 1) non hanno necessariamente di per sé funzione d’aggettivo e 2) non l’acquistano sempre. E questo diventa ancor piú chiaro quando si parla di «qualità»: la possibilità di acquistare valore d’aggettivo dipende dalla semantica. Ecco perché non si può dire «un quadro molto/poco raffigurante» («raffigurare» indica uno stato, non una qualità) finché «raffigurante» non acquisterà, ad esempio, il significato di «rappresentativo».
bubu7 ha scritto:Sarebbe come dire che dovrei riportare a lemma tutti i superlativi normali, tipo bellissimo.
In questo caso non si ha un passaggio da una funzione grammaticale all’altra, e non è necessario mettere i superlativi regolari a lemma; basterebbe, come per gli alterati che non hanno assunto significato particolare, riportare la forma del comparativo e del superlativo in fondo alla voce. Cosí, se il senso è direttamente arguibile dal verbo e si hanno limiti di spazio, si potrebbe fare anche per il participio presente, indicando, in fin di voce, «anche agg.».
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: Leggo nella grammatica di Battaglia e Pernicone (pp. 164-165, ed. Loescher 1951, ristampa 1984):
Il participio presente e il participio passato acquistano assai spesso funzione d’aggettivo. Il participio presente, oltre a indicare un’azione, può esprimere anche una qualità. Per esempio; ‘Il bimbo errante nella foresta vide una luce’ (dove «errante» conserva il valore di participio: che errava, mentre errava), e, invece, ‘Le avventure dei cavalieri erranti’ (dove «erranti» è aggettivo, e indica una qualità permanente dei «cavalieri»); e cosí ‘I popoli erranti dell’Asia’; ‘Le tribú erranti del deserto’, ecc.
«Acquistano assai spesso funzione d’aggettivo»: che cosa significa? Significa che 1) non hanno necessariamente di per sé funzione d’aggettivo e 2) non l’acquistano sempre. E questo diventa ancor piú chiaro quando si parla di «qualità»: la possibilità di acquistare valore d’aggettivo dipende dalla semantica.
Pensi come il pre-giudizio può condizionare l’interpretazione di un testo.
Anch’io avevo letto il brano, da lei citato, nella mia grammatica del Battaglia (pp 160-161, ed. Chiantore 1951 [la sua è l’edizione successiva]) e l’avevo interpretato nel senso che le diverse funzioni vengono acquisite nei diversi contesti e non che fossero vincolate al significato del verbo. Del resto l’esemplificazione riportata sembra favorire la mia interpretazione… In tutto il paragrafo in questione il Battaglia non riporta nulla che possa far propendere per l'interpretazione che lei dà e sappiamo come egli sia preciso in queste puntualizzazioni. Anche la grammatica del Serianni non parla mai di differenze basate sulla semantica. Questa sera posso controllare sulla grammatica del Fornaciari anche se le affermazioni andranno viste in una prospettiva storica.
Marco1971 ha scritto: Cosí, se il senso è direttamente arguibile dal verbo e si hanno limiti di spazio, si potrebbe fare anche per il participio presente, indicando, in fin di voce, «anche agg.».
Ma il fatto di essere “anche agg.” (di essere cioè una forma nominale) è una caratteristica intrinseca del participio presente non il frutto del passaggio ad altra funzione di alcuni suoi rappresentanti. Così almeno si esprimono le grammatiche. La parsimonia e i vincoli messi dai dizionari all’accoglimento di queste forme sono un altro indice del fatto che siamo di fronte ad una caratteristica grammaticale e non lessicale. I participi presenti devono dimostrare di avere qualcosa di “speciale” (non il semplice fatto di [poter] avere funzione aggettivale) per essere ammessi tra le entrate di un dizionario.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Ma il fatto di essere “anche agg.” (di essere cioè una forma nominale) è una caratteristica intrinseca del participio presente non il frutto del passaggio ad altra funzione di alcuni suoi rappresentanti.
No, il fatto di essere una forma nominale è una caratteristica intrinseca del participio presente, non il fatto di essere anche aggettivo: le forme nominali del verbo sono infatti «i modi che possono essere sostantivati (come l'infinito) oppure usati con funzione di aggettivi o di sostantivi, e quindi anche declinati nel genere e numero (come, in italiano, il participio presente e passato, e in latino il gerundivo, che ha anche i varî casi)» (Treccani, corsivo mio).

C’è differenza tra potenza e atto, e la differenza è l’uso (condizionato anche dalla semantica). ;)
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: No...
Guardi che i doppi apici non significavano che stavo riportando una citazione (inutile) ma che davo al virgolettato un significato particolare. Mi dispiace dover spiegare queste cose ad una persona attenta come lei che però a volte preferisce queste puntualizzazioni ad un sereno coinvolgimento sul tema principale della discussione.

Riporto un'ulteriore citazione dalla grammatica del Serianni (sotto la voce Participio del Glossario dell’ed. Garzantina):
Nell’italiano contemporaneo il participio presente ha valore di aggettivo o di sostantivo; l’antico valore verbale si mantiene quasi soltanto nel linguaggio giuridico-burocratico.
Infarinato ha scritto: C’è differenza tra potenza e atto, e la differenza è l’uso ...
Meno male che ce l'ha spiegato!
Ultima modifica di bubu7 in data mer, 29 mar 2006 15:19, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto: No...
Guardi che i doppi apici non significavano che stavo riportando una citazione (inutile) ma che davo al virgolettato un significato particolare.
E allora la sua replica a Marco (su quel punto) perde di significato. ;)
bubu7 ha scritto:Riporto un’ulteriore citazione dalla grammatica del Serianni (sotto la voce Participio del Glossario dell’ed. Garzantina):
Nell’italiano contemporaneo il participio presente ha valore di aggettivo o di sostantivo; l’antico valore verbale si mantiene quasi soltanto nel linguaggio giuridico-burocratico.
Ma esiste (come negli esempi riportati da Marco). Comunque, non è a questo che era rivolta la mia replica…
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: E allora la sua replica a Marco (su quel punto) perde di significato. ;)
Assolutamente no.
Il tentativo di dare una giustificazione al comportamento dei lessicografi costituisce il nocciolo di quella parte della replica.
Peccato che lei non l'abbia colto, proponendo eventualmente una spiegazione alternativa, invece di rimanere impigliato nelle virgolette...
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto: E allora la sua replica a Marco (su quel punto) perde di significato. ;)
Assolutamente no.
Il tentativo di dare una giustificazione al comportamento dei lessicografi costituisce il nocciolo di quella parte della replica.
Peccato, però, che non sia quello che Lei ha scritto in quel punto. Lei può non essere d’accordo con Marco (e del perché ha dato ampie motivazioni), ma non può replicare a chi sostiene che bisognerebbe aggiungere l’indicazione «anche aggettivo» (aggettivo, cioè, nell’uso) con la tautologia che l’essere «aggettivo in potenza» è caratteristica intrinseca del participio [presente].

Tutto qui. Del resto non discuto.
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Intervento di bubu7 »

Torno al tema della discussione, sicuramente più utile per la maggior parte di coloro che ci stanno seguendo (e per me ovviamente).

Riporto il collegamento alla sintesi di un intervento della professoressa Luraghi, dell’Università di Pavia, tenuto nel corso di un Congresso internazionale nel 1997 e intitolato Il participio presente italiano tra lessicalizzazione e degrammaticalizzazione.

Dalla sintesi dell’intervento, che affronta un tema interessante sebbene un po’ più ampio del nostro, estraggo le seguenti citazioni:
Luraghi ha scritto:Non bisogna dimenticare infatti che, oltre a essere una forma verbale, il participio stesso era già in origine un aggettivo.
[…]
[Nel caso del participio presente] non ci troviamo in presenza di un morfema che dapprima ha perso la sua funzione grammaticale e quindi in un secondo tempo ne ha acquisita una nuova, né il passaggio da participio a aggettivo derivato e poi a nome di agente o strumento è casuale. Si tratta infatti di funzioni che già le forme nominali del verbo come tali potevano avere, in grazia della loro duplice natura di nomi e di verbi.
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Intervento di Marco1971 »

Bubu, so che le piacciono i sistemi e le teorie, ma ancora non è riuscito a inficiare la mia tesi, poiché non mi ha fornito esempi dell’uso aggettivale di comprendente, designante, raffigurante e uccidente. Attendo l’illustrazione – essendo vana qualsiasi teoria che non poggi sui fatti. ;)
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Intervento di bubu7 »

Peccato che questa sua ultima replica non porti ulteriori elementi utili alla discussione.
Quando un dilettante come me affronta un argomento come questo non è detto che abbia dall’inizio le idee chiare e può fare quindi affermazioni sbagliate. L’importante per me è capire come stanno le cose mediante una serie di aggiustamenti dovuti alle obiezioni dei miei interlocutori e a letture stimolate da queste obiezioni. Per fortuna poi la discussione si è ampliata dal caso particolare alle caratteristiche generali del participio presente. Questo ha consentito alla discussione di poter essere un utile elemento di riflessione per tutti nonostante una serie di spinte centrifughe dovute alla polemica spicciola.
Paghiamo quindi prima il dazio alla polemica e poi cercherò di fornire qualche ulteriore elemento di riflessione.

Marco1971 ha scritto: …ancora non è riuscito a inficiare la mia tesi, poiché non mi ha fornito esempi dell’uso aggettivale di comprendente, designante, raffigurante e uccidente
Le tesi in questa discussione sono state diverse e si sono modificate col susseguirsi degl’interventi.
Siamo partiti da:
Marco1971 ha scritto:È curioso che nessun dizionario registri l’aggettivo arricchente
Al quale è stato risposto (dopo diverse approssimazioni) che il lemma probabilmente non soddisfaceva i criteri (in particolare il secondo) di ammissibilità, ad esempio, quelli stabiliti dal De Mauro.

Una sua obiezione è stata:
Marco1971 ha scritto:Per me, come per il Devoto-Oli-Serianni, il criterio è quello dell’assunzione di valenza aggettivale del participio presente (con significato direttamente arguibile o piú lontano dal verbo)...
Alla quale è stato ribadito (sempre dopo diverse approssimazioni) che non basta per la lessicalizzazione la semplice assunzione di valenza aggettivale del participio presente.

Lei ha anche detto:
Marco1971 ha scritto:È forse opportuno ricordare (…) che non tutti i participi presenti sono suscettibili di assumere valenza aggettivale, o comunque non in tutti i casi…
Affermazione corretta a differenza di quanto affermavo (in modo dubitativo):
bubu7 ha scritto: Non mi sembra corretta neanche la sua generalizzazione che non tutti i participi siano suscettibili di assumere valenza aggettivale…
Ma questo fatto, cioè che non tutti i participi presenti sono suscettibili di assumere valenza aggettivale, non significa che la maggior parte non lo siano e, soprattutto, che quest’ultima caratteristica sia considerata sufficiente per la loro promozione a lemma di dizionario.

Lei poi dice:
Marco1971 ha scritto:Sono registrati perché, appunto, d’uso comune (punto 2 del De Mauro); e arricchente mi sembra ormai d’uso comune…
che modifica la sua precedente affermazione:
Marco1971 ha scritto:Per me, come per il Devoto-Oli-Serianni, il criterio è quello dell’assunzione di valenza aggettivale del participio presente (con significato direttamente arguibile o piú lontano dal verbo)…
Allora io concludevo:
bubu7 ha scritto:I participi presenti devono dimostrare di avere qualcosa di “speciale” (non il semplice fatto di [poter] avere funzione aggettivale) per essere ammessi tra le entrate di un dizionario.
a cui si può aggiungere un’osservazione che rimane personale:
bubu7 ha scritto:...lemmatizzerei solo i participi presenti il cui uso (verbale o aggettivale) prevalesse significativamente sull’uso complessivo del verbo (vedi inerente).
_____________________________________________________________

Soddisfatta la parte polemica che, se non altro, è servita a riassumere alcuni aspetti della questione, vediamo di dare qualche altra informazione tratta dalla Grande grammatica italiana di consultazione (I ed., vol. II, cap. 11, par. 2 - Il participio presente) già citata in questa discussione.

Essa prima di tutto conferma che:
Il participio presente è la forma verbale più povera di caratteristiche verbali; il suo uso come verbo è oggi per lo più ristretto ad uno stile molto alto e ricercato oppure burocratico…
Quindi il prevalere delle caratteristiche nominali su quelle verbali è una caratteristica generale del participio presente.
La produttività dell’uso verbale del participio presente è limitata da una restrizione di natura semantico-aspettuale: è possibile solo con verbi che designano proprietà permanenti (riconoscibili dal fatto che non possono essere usati nella perifrasi progressiva «stare + gerundio»). Ciò si collega al fatto che in un participio presente ogni riferimento ad un tempo specifico è escluso, mentre i verbi che non possono designare proprietà permanenti implicano sempre il riferimento ad un tempo preciso.

Forme ammissibili:

a. le parole designanti oggetti;
b. le norme concernenti gli stranieri;
c. ogni disposizione comportante disagi per gli utenti.

Forme non ammesse:

a. *i soldati uccidenti i nemici;
b. *solo quelli mangianti un lauto pasto;
c. *le persone accettanti un invito.
Come si vede, la prospettiva è ribaltata rispetto a questa dichiarazione:
Marco1971 ha scritto:…la possibilità di acquistare valore d’aggettivo dipende dalla semantica. Ecco perché non si può dire «un quadro molto/poco raffigurante»...

Un’ultima importante citazione:
Pur essendo il participio presente una forma, come abbiamo visto, di limitata produttività [nell’uso verbale], si possono notare alcune tendenze in senso opposto. Bisogna sottolineare innanzitutto che è la formazione morfologica in se stessa ad essere limitata a determinati stili, e non l’attribuzione ad essa del valore verbale, che al contrario risulta a volte obbligatoria. Questo si osserva in particolare quando il participio non è sostantivato. In un caso come il seguente il participio, se regge un argomento, può reggerlo solo come un verbo transitivo e non come un aggettivo:

un quadro raffigurante il giudizio universale / *del giudizio universale.
[...]
Casi in cui la scelta sembra facoltativa possono essere analizzati come due costruzioni diverse: l’apparente aggettivo con valore non verbale è in effetti un aggettivo sostantivo, e ha la funzione di apposizione del nome a cui si connette. Si confrontino le frasi seguenti: le prime due mostrano il caso di uso necessariamente aggettivale, e obbligatorietà della reggenza verbale, le seconde due mostrano apparentemente un participio aggettivale che può avere reggenza verbale o aggettivale, ma in quest’ultimo caso (dove regge un genitivo) si riconosce, anche da una differenza di intonazione, che il participio è sostantivato, ed ha la funzione di apposizione del nome cui si riferisce:

a. un dipinto rappresentante la battaglia di Legnano / *della battaglia di Legnano;
b. un deputato rappresentante il popolo italiano / del popolo italiano.
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