Virgola tra soggetto e verbo
Moderatore: Cruscanti
- Ferdinand Bardamu
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Aggiungo che la traduzione della frase in oggetto che contenesse un costrutto con soggetto clitico stonerebbe assai, perché darebbe alla frase una coloritura popolaresca assente nell’originale.
Nel mio dialetto, per esempio, il soggetto clitico è obbligatorio. Posso immaginare una traduzione della frase di Hugo a cavallo tra dialetto e italiano: «’No scòjo l’è ’na tempesta pietrificata». Un pastrocchio improponibile, naturalmente.
Nel mio dialetto, per esempio, il soggetto clitico è obbligatorio. Posso immaginare una traduzione della frase di Hugo a cavallo tra dialetto e italiano: «’No scòjo l’è ’na tempesta pietrificata». Un pastrocchio improponibile, naturalmente.
Della tempesta di vento è riuscita ad arrivare sulle coste toscane? Se si può dire della pioggia/della neve ha raggiunto le coste, si può dire, a mio avviso, anche della tempesta: è solo che quel sostantivo non ci sembra «comune».Zabob ha scritto:Non vedo perché ritenerla una concessione propria di un linguaggio settoriale: qui quel della non è un art. partitivo ma una prep. articolata; è come dire "una parte di quella tempesta".
Non petrificada?Ferdinand Bardamu ha scritto:«’No scòjo l’è ’na tempesta pietrificata.
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Qui non avrei dubbi.Zabob ha scritto:Presa a caso su Google libri:Domando a Don Lisander se tradurrebbe quel c'est de la folie "è della follia" o non, piuttosto, "è (una) follia" (e rinunciando all'ultima virgola).Se croire, au sens littéral strict, millionnaire quand on est sans domicile, c'est de la folie
Ma al contrario qualcosa, in «Un écueil, c'est de la tempête pétrifiée», mi suggeriva che Hugo - malgrado tutto ciò che stato detto sopra sull'apparente illogicità del partitivo riferito a quella cosa, che un po', a naso, senza fare ricerche, anch'io avvertivo - avesse potuto voler intendere è un po' di, una certa quantità di, una certa dose di tempesta. Ma a dire il vero mi sono un po' ricreduto.
Interessante sarebbe constatare come la frase sia stata volta in italiano dai vari traduttori del romanzo. Al momento, purtroppo, non ho nessuna traduzione sotto mano. Ma scommetto che la soluzione di Marco1971 sia stata, se non proprio la sola, per lo meno la più usata.
Finora, e non so se e quanto ci possa tornare utile, ho trovato solo la traduzione inglese: «A reef, it is petrified storm».
È in effetti proprio quanto si può maggiormente ribattere a chi ne combatte l'uso, a mio avviso. In astratto e per analogia, non lo si dovrebbe bollare come errore... O almeno non come errore da matita rossa!Carnby ha scritto:Se si può dire della pioggia/della neve ha raggiunto le coste, si può dire, a mio avviso, anche della tempesta: è solo che quel sostantivo non ci sembra «comune».
Ultima modifica di Don Lisander in data lun, 18 mar 2013 11:38, modificato 5 volte in totale.
- Ferdinand Bardamu
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Qualcosa non mi quadra: che cos'è quel v'è? Io avrei usato un più naturale c'è.Zabob ha scritto:Che ne dice di «In uno scoglio v'è della tempesta pietrificata»?
A parte gli scherzi, mi sembra corretto; mi suonerebbe molto peggio la forma «In uno scoglio v'è tempesta pietrificata», francamente. L'esempio che ha trovato, insolito ma possibile, ha tutta l'aria di contraddire i più severi contributori di questo filone.
Ultima modifica di Don Lisander in data lun, 18 mar 2013 12:07, modificato 1 volta in totale.
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Che ne direbbe di «C'era una volta, in uno scoglio, della tempesta pietrificata...»? Potrebbe essere l'inizio di una fiaba visionaria.Zabob ha scritto:Mi correggo: meglio ancora: «Vi è, in uno scoglio, della tempesta pietrificata».
«...e lo scoglio e quel po' di tempesta vissero felici e contenti.»
- Animo Grato
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È vero: "in astratto"! Ma in concreto ogni parola "detta" le condizioni del proprio uso, e non la si può forzare più di tanto. O, per usare una metafora, soltanto un domatore particolarmente abile ed esperto può far stare in equilibrio un elefante sulla propria proboscide. Della tempesta ha raggiunto le coste è davvero stridente, e potrebbe passare - forse - solo come una "dissonanza preparata" (mi riferisco, per analogia, alla prassi musicale per cui l'elemento dissonante di un certo accordo deve essere introdotto nell'accordo precedente, in cui invece suona consonante, e così può essere mantenuto anche quando diventa "estraneo"): per esempio, dopo una sfilza di partitivi e costrutti simili, magari anche Della tempesta ha... risulterebbe più accettabile. Ma siamo nel campo delle congetture. Forse un giorno (come è accaduto in musica) non ci sarà nemmeno più bisogno di preparare la dissonanza, ma dobbiamo aspettare che questo succeda naturalmente (perché potrebbe anche non succedere mai). È impossibile stabilire la traiettoria futura sulla base della rotta passata: ipotizzare, sì; indovinare con certezza (e regolarsi di conseguenza), no. In musica è stato fatto, e ne è venuto più male che bene (e le sale da concerto si sono svuotate...).Don Lisander ha scritto:È in effetti proprio quanto si può maggiormente ribattere a chi ne combatte l'uso, a mio avviso. In astratto e per analogia, non lo si dovrebbe bollare come errore...Carnby ha scritto:Se si può dire della pioggia/della neve ha raggiunto le coste, si può dire, a mio avviso, anche della tempesta: è solo che quel sostantivo non ci sembra «comune».
- Infarinato
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No, non potrebbe. L’abbiamo già detto: pioggia è sia numerabile sia non numerabile (la stagione delle piogge, ma anche un po’ di pioggia); tempesta è solo numerabile (le tempeste tropicali, ma non *un po’ di tempesta).Animo Grato ha scritto:Della tempesta ha raggiunto le coste è davvero stridente, e potrebbe passare…
Insisto che non mi suonerebbe tanto strano sentir dire un po' del temporale che ha causato danni in *** è arrivato anche qui. E tra temporale e tempesta non c'è tutta quella differenza.Infarinato ha scritto:No, non potrebbe. L’abbiamo già detto: pioggia è sia numerabile sia non numerabile (la stagione delle piogge, ma anche un po’ di pioggia); tempesta è solo numerabile (le tempeste tropicali, ma non *un po’ di tempesta).
- Animo Grato
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Eh! eh!, Infarinato, che scherzi mi combina? Lei tronca la mia citazione subito prima di un eloquente "forse", che si staglia in splendida solitudine fra due trattini, proprio a introdurre una divagazione fantastica, un'innocente scorribanda nel Paese di Oz, nell'Isola-Che-Non-C'È della grammatica italiana.Infarinato ha scritto:No, non potrebbe. L’abbiamo già detto: pioggia è sia numerabile sia non numerabile (la stagione delle piogge, ma anche un po’ di pioggia); tempesta è solo numerabile (le tempeste tropicali, ma non *un po’ di tempesta).Animo Grato ha scritto:Della tempesta ha raggiunto le coste è davvero stridente, e potrebbe passare…
Questo è un cattivo costume di certi giornalisti nostrani, manipolatori dell'informazione e fabbricatori di scandali, e mai mi sarei aspettato un simile comportamento da parte di un intellettuale della Sua levatura!
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Questa considerazione mi induce un po' a riflettere e a chiarire l'impressione che forse finora non sono riuscito bene a esprimere. Mi domando se, nel contesto del passo da cui è tratta la frase di Hugo, «tempête» non abbia una sorta di caratteristica speciale; se non sia considerata dal quel visionario scrittore, in altre parole, alla stregua di una sostanza di cui si possa isolare una parte, la quale, pietrificandosi metaforicamente, divenga scoglio. In questo caso, avremmo a che fare con un nome numerabile usato straordinariamente come un nome di massa, cioè come un nome con il quale è permesso usare il partitivo. Mi sono addentrato in un territorio un po' vago, me ne rendo conto; ma, d'altro canto, le prestidigitazioni della retorica possono agevolmente mutare qualcosa in qualcos'altro che lo ricorda.Luca Lorenzetti in [url=http://www.treccani.it/enciclopedia/nomi-di-massa_%28Enciclopedia_dell%27Italiano%29/]«Nomi di massa» (Enciclopedia dell’Italiano)[/url] ha scritto:Il fatto che in numerose lingue, pur con diverse manifestazioni, i nomi di massa siano distinti dai nomi numerabili ha posto a linguisti, filosofi e scienziati della mente il problema di stabilire se tale differenza sia di natura linguistica o rinvii, più generalmente, a una distinzione di natura cognitiva ed extralinguistica tra «sostanze» e «individui» (cfr. Chierchia 2010).
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Ne può parlare qui se desidera: http://www.achyra.org/francais/
- Ferdinand Bardamu
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Qui, però, siamo nel campo non solo delle congetture — non avendo il contesto che precede e segue la frase di cui discutiamo — ma addirittura delle congetture sulle intenzioni dell’autore. Se una tale accezione di tempête sia balenata (e si sia súbito spenta) nella mente di Hugo, non potremo mai saperlo.Don Lisander ha scritto:Mi domando se, nel contesto del passo da cui è tratta la frase di Hugo, «tempête» non abbia una sorta di caratteristica speciale; se non sia considerata dal quel visionario scrittore, in altre parole, alla stregua di una sostanza di cui si possa isolare una parte, la quale, pietrificandosi metaforicamente, divenga scoglio.
Qualora, come dice Animo Grato, la frase fosse anticipata da una sequenza anaforica di partitivi, avremmo una (fragilissima) giustificazione retorica per quest’uso aberrante. Ma — si badi bene — l’uso del partitivo con un nome non di massa come tempesta rimarrebbe, in italiano, ai margini dell’accettabilità linguistica1; cosa che non avviene nell’enunciato originale, che, a un orecchio francofono, suona affatto canonico.
1 Per quanto mi riguarda, potrei immaginare — non già accettare — l’uso del partitivo con un nome come tempesta solo in situazioni comunicative particolarmente rilassate, in cui può emergere un’incontrollata trascuratezza.
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