Consulenza linguistica in tempo reale da la Repubblica
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Da repubblica.it: Dubbi sull'italiano? Risponde il linguista (http://linguista.blogautore.repubblica. ... -linguista).
Nell'ora di punta risposte nel giro di tre o quattro minuti, talvolta incredibilmente precise.
Ammetto di essere sorpreso, anche se ne ho controllate poche.
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Ammetto di essere sorpreso, anche se ne ho controllate poche.
Grazie della segnalazione.
Devo dire però che la ministro, per quanto salomonico possa essere, continua a disturbarmi profondamente. Tutto questo infervorarsi intorno alla femminizzazione, a mio modo di vedere, è un po’ ridicolo. La parità dei sessi, per me, consiste nella denominazione unica (con cambiamento d’articolo se la desinenza lo permette, come in lo studente/la studente): il ministro, il/la giudice, il sindaco, il/la vigile, ecc. Ma la sindaco/la ministro no: sono abominazioni!
Devo dire però che la ministro, per quanto salomonico possa essere, continua a disturbarmi profondamente. Tutto questo infervorarsi intorno alla femminizzazione, a mio modo di vedere, è un po’ ridicolo. La parità dei sessi, per me, consiste nella denominazione unica (con cambiamento d’articolo se la desinenza lo permette, come in lo studente/la studente): il ministro, il/la giudice, il sindaco, il/la vigile, ecc. Ma la sindaco/la ministro no: sono abominazioni!
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Mi associo, risparmiando l'apertura di un nuovo filone. Negli ultimi anni ha preso campo la ministra, e non voglio sapere se sia , legittimo, perché è osceno e basta. Come è bruttissimo la sindaca che grazie a Dio non sento quasi mai, idem per avvocata che tollero come aggettivo sostantivato (orsù dunque avvocata nostra) ma sovrappongo agli altri casi come professione/figura istituzionale. Spero che sia sovrapponibile al caso del sindaco anche il femminile di il notaio: la (signora) notaio l'ho sentito soltanto, e per fortuna, da Enrico Papi, e comunque con l'accortezza di adattarlo con signora.Marco1971 ha scritto:Grazie della segnalazione.
Devo dire però che la ministro, per quanto salomonico possa essere, continua a disturbarmi profondamente. Tutto questo infervorarsi intorno alla femminizzazione, a mio modo di vedere, è un po’ ridicolo. La parità dei sessi, per me, consiste nella denominazione unica (con cambiamento d’articolo se la desinenza lo permette, come in lo studente/la studente): il ministro, il/la giudice, il sindaco, il/la vigile, ecc. Ma la sindaco/la ministro no: sono abominazioni!
Inoltre mi piacerebbe sentire come la pensate per i femminili di meccanico, idraulico, lattoniere. Più difficile ancora per controllore, ma forse ora mi sto un pochino allontanando dal tema iniziale.
- Ferdinand Bardamu
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Mi perdoni, ma per me questo è il modo peggiore d’affrontare la questione: buttarla sull’«estetica». Ministra è una parola ben formata? Sí. Ha senso? Sí.rossosolodisera ha scritto:Negli ultimi anni ha preso campo la ministra, e non voglio sapere se sia , legittimo, perché è osceno e basta.
Io, per me, ritengo che i nomi delle cariche si debbano femminilizzare sempre, laddove possibile, per una questione meramente grammaticale. L’altra posizione, sostenuta da Marco, è che, giacché in italiano il genere non marcato è il maschile, si usi coerentemente il maschile anche se chi ricopre la carica (o svolge la professione) è donna. Due posizioni egualmente plausibili, che non coinvolgono il fattore estetico.
La «bruttezza», caratteristica che s’invoca anche quando si vuole rifiutare un traducente o un adattamento di un forestierismo, altro non è che novità: è la naturale reazione di fronte a qualcosa di inaudito. Ricordo che un mio professore del liceo, una quindicina d’anni fa, ironizzava su ministra; oggi mi sembra che s’accetti molto di piú: soprattutto negli ultimi due, tre anni, mi pare ci sia stato un uso piú continuo di questa parola, senza alcuna connotazione.
Grammaticalmente, la questione è semplicissima: meccanica, idraulica, lattoniera, controllora.rossosolodisera ha scritto:Inoltre mi piacerebbe sentire come la pensate per i femminili di meccanico, idraulico, lattoniere. Più difficile ancora per controllore, ma forse ora mi sto un pochino allontanando dal tema iniziale.
- Animo Grato
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Sottoscrivo l'intervento di Ferdinand Bardamu e aggiungo solo una chiosa "etimologica". Guardiamo come si comporta la parola "complementare" di ministro: maestro (dal latino magis, "più") al femminile fa maestra, e non c'è nulla di aberrante; analogamente ministro (formata in modo identico dal latino minus, "meno") darà ministra.
La stranezza sta nel fatto che mentre le maestre hanno ormai radici profonde (non poi così profonde, in realtà) nella società e quindi nella lingua, le ministre sono un fenomeno relativamente recente.
La stranezza sta nel fatto che mentre le maestre hanno ormai radici profonde (non poi così profonde, in realtà) nella società e quindi nella lingua, le ministre sono un fenomeno relativamente recente.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Lo scandalo (almeno mio) forse è causato dal fatto che questi siano mestieri tradizionalmente con poca rappresentanza femminile. Però se meccanica e seguenti (e potremmo aggiungere muratora) vanno bene (e in effetti da un punto di vista logico il suo discorso fila, e in particolare è suggestivo il parallelo che lei fa con magister) allora dovremmo accettare anche tecnica (femminile di tecnico) e medica (femminile di medico) e primaria (femminile di primario, qualifica tra l'altro obsoleta anche al maschile). E spero che una donna falegname resti almeno lei invariata, così come in un futuro (che comunque io non vedrei) ci fossero donne prete e parroco. Quello che voglio dire è che le parole spesso prendono direzioni sdoppiate rispetto alla radice comune, e che non sempre l'impianto etimologico legifera. La capisco perché in tale aspetto anche io sono un po' come lei, ma mi sono dovuto arrendere all'evidenza quando ripartivo dal latino, come quando mi hanno convinto che emocultura sia da evitare anche se la radice è la stessa di cultura. Ma chiedo a lei e agli altri di tornare in tema senza farci prendere dalla voglia di divagare.Ferdinand Bardamu ha scritto:Grammaticalmente, la questione è semplicissima: meccanica, idraulica, lattoniera, controllora.
- Ferdinand Bardamu
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Il parallelo con magister/magistra l’ha fatto, molto bene, Animo Grato, non io. La femminilizzazione dei nomi di cariche, professioni e mestieri è tuttora in corso, e non sappiamo bene, oggi come oggi, se l’avrà vinta sul maschile invariato.
Certo è che non si possono dare soluzioni sempre valide, e per i lavori manuali, come muratore, tecnico, idraulico, lattoniere, è probabile che si proceda con meno remore alla declinazione al femminile.
Certo è che non si possono dare soluzioni sempre valide, e per i lavori manuali, come muratore, tecnico, idraulico, lattoniere, è probabile che si proceda con meno remore alla declinazione al femminile.
Falegname è una parola composta: se questo mestiere sarà svolto in futuro anche da donne, allora si potrà parlare con una falegname o piú falegnami.rossosolodisera ha scritto:E spero che una donna falegname resti almeno lei invariata...
Oggi mi sono imbattuto in una rilegatora (ho scoperto che popolarmente la chiamano così).Ferdinand Bardamu ha scritto:Grammaticalmente, la questione è semplicissima: meccanica, idraulica, lattoniera, controllora.
Ci sono di già, nella Chiesa (o meglio Comunione) anglicana.rossosolodisera ha scritto:così come in un futuro (che comunque io non vedrei) ci fossero donne prete
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Si dice, o si dovrebbe dire, rilegatrice. La desinenza che riporta lei è comunque di uso popolar dialettale (c'è chi dice la professora, la dottora).Carnby ha scritto:Oggi mi sono imbattuto in una rilegatora (ho scoperto che popolarmente la chiamano così).
Carnby ha scritto:Ci sono di già, nella Chiesa (o meglio Comunione) anglicana.
Lo immaginavo, ma penso che l'inglese (per quel poco che ricordi) abbia regole decisamente diverse dalle nostre per la generazione dei nomi femminili, e inoltre non so se in italiano quei titoli a cui lei allude siano stati tradotti.
- Ferdinand Bardamu
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Infatti Carnby ha scritto «popolarmente», e in piú -tora si chiama piú propriamente «suffisso» (la desinenza è solo -a).rossosolodisera ha scritto:Si dice, o si dovrebbe dire, rilegatrice. La desinenza che riporta lei è comunque di uso popolar dialettale (c'è chi dice la professora, la dottora).Carnby ha scritto:Oggi mi sono imbattuto in una rilegatora (ho scoperto che popolarmente la chiamano così).
In questo specifico caso, il suffisso femminile è -ess (priestess) che è il nostro -essa.rossosolodisera ha scritto:Carnby ha scritto:Ci sono di già, nella Chiesa (o meglio Comunione) anglicana.
Lo immaginavo, ma penso che l'inglese (per quel poco che ricordi) abbia regole decisamente diverse dalle nostre per la generazione dei nomi femminili, e inoltre non so se in italiano quei titoli a cui lei allude siano stati tradotti.
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- Ferdinand Bardamu
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In effetti pastora è l’unica forma accettabile di femminile, come conferma anche il DOP. L’accettabilità di questo suffisso, per il solito evitato in quanto popolaresco, è dovuta sia alla natura del lavoro che designa (che è relativamente umile), sia all’oggettiva difficoltà posta dai nomi in -store: es. impostore, che non si riferisce a un mestiere, ha pure come sola forma femminile impostora.PersOnLine ha scritto:Nella Chiesa valdese mi pare che un sacerdote donna si chiami pastora.
- Infarinato
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Una recente presa di posizione in merito della Presidente dell’Accademia della Crusca.Ferdinand Bardamu ha scritto:Mi perdoni, ma per me questo è il modo peggiore d’affrontare la questione: buttarla sull’«estetica». Ministra è una parola ben formata? Sí. Ha senso? Sí.rossosolodisera ha scritto:Negli ultimi anni ha preso campo la ministra, e non voglio sapere se sia , legittimo, perché è osceno e basta.
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- Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09
Tutte argomentazioni più che valide, e che non posso che condividere.
Istintivamente, però, mi viene da pensare alle professini come "indeclinabili", forse perché il mondo esterno spesso fa differenza in base al genere.
Ad esempio, con un termine dal femminile consolidato come "maestra", spesso, per riprendere una persona (maschio) saccente, si sente dire "non fare la maestrina" e non "il maestrino", e già questo è un indizio che a livello subconscio la maestra ha una qualità diversa dal maestro. D'altra parte, nel secolo scorso, il "maestro" era spesso preposto alle classi maschili, quindi era una persona che doveva avere la capacità di incutere reverenza, mentre la "maestra", esclusiva delle classi femminili, era per definizione più dolce; non sto andando molto indietro nel tempo, alle elementari (scuola pubblica) avevamo questa suddivisione, e nel parlato si sentiva chiaramente la diversa percezione che si aveva delle due figure.
Ora per fortuna, con la quasi estinzione dei maestri, il termine femminile si è rivalutato.
Però in altre professioni non è così. Nei settori in cui la donna inizia a entrare ora, spesso la sua presenza e capacità è guardata con sospetto. Ma in realtà, quello che va richiesto dal mondo del lavoro, e va giudicato, non è il genere, bensì la capacità effettiva, che è quella acquisita con lo studio e con l'esperienza. Che sono, in fondo, indipendenti dal genere.
Per questo spesso mi sfuggono - come fatto notare da qualcuno - professioni al maschile: questo meccanismo scatta tutte le volte che mi propongo e intendo venir giudicata per l'effettiva preparazione, e non per "meriti morfologici" (come accade spesso quando si frequentano ambienti tradizionalmente maschili). E' un comportamento di difesa e di mimetizzazione indotto dall'ambiente.
Istintivamente, però, mi viene da pensare alle professini come "indeclinabili", forse perché il mondo esterno spesso fa differenza in base al genere.
Ad esempio, con un termine dal femminile consolidato come "maestra", spesso, per riprendere una persona (maschio) saccente, si sente dire "non fare la maestrina" e non "il maestrino", e già questo è un indizio che a livello subconscio la maestra ha una qualità diversa dal maestro. D'altra parte, nel secolo scorso, il "maestro" era spesso preposto alle classi maschili, quindi era una persona che doveva avere la capacità di incutere reverenza, mentre la "maestra", esclusiva delle classi femminili, era per definizione più dolce; non sto andando molto indietro nel tempo, alle elementari (scuola pubblica) avevamo questa suddivisione, e nel parlato si sentiva chiaramente la diversa percezione che si aveva delle due figure.
Ora per fortuna, con la quasi estinzione dei maestri, il termine femminile si è rivalutato.
Però in altre professioni non è così. Nei settori in cui la donna inizia a entrare ora, spesso la sua presenza e capacità è guardata con sospetto. Ma in realtà, quello che va richiesto dal mondo del lavoro, e va giudicato, non è il genere, bensì la capacità effettiva, che è quella acquisita con lo studio e con l'esperienza. Che sono, in fondo, indipendenti dal genere.
Per questo spesso mi sfuggono - come fatto notare da qualcuno - professioni al maschile: questo meccanismo scatta tutte le volte che mi propongo e intendo venir giudicata per l'effettiva preparazione, e non per "meriti morfologici" (come accade spesso quando si frequentano ambienti tradizionalmente maschili). E' un comportamento di difesa e di mimetizzazione indotto dall'ambiente.
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