E qui:Quanto all'arricchimento, questo è il punto in cui la lingua nazionale comincia a scadere e scemare sensibilmente, e impoverirsi, e indebolirsi fino al segno che dimenticate e antiquate la maggiore o certo grandissima parte delle sue voci e modi, e anche delle sue facoltà, ella non ha più forza nè capacità di supplire ai bisogni del linguaggio, e di fornire un discorso del suo, senza ricorrere al forestiero.
E, riassumendo:Dov'è da notare che allora il barbarismo non è contrario all'eleganza come forestiero: chè anzi il forestiero bene inteso da' nazionali, e non affettato, è sempre elegante. Ma per l'opposto è inelegante come volgare.
E laddove la prima volta, quand'esso non era volgare, riusciva elegante, e più elegante di quel ch'era nazionale, questa seconda volta il puro nazionale riesce molto più elegante del forestiero, non già come puro nè come nazionale (chè queste qualità non furono mai cagione di eleganza), ma come non volgare, come ritirato dall'uso corrente e domestico, come proprio oramai de' soli scrittori, e questi anche pochi.
Ecco che la purità della favella è divenuta quasi sinonimo dell'eleganza della medesima: e questo con verità e con ragione, ma non per altro, se non perch'essa purità è divenuta pellegrina.
Leopardi distingue dunque un primo barbarsimo e un secondo barbarismo.In somma oggi, p.e. fra noi, chi scrive con purità, scrive elegante, perchè chi scrive italiano in Italia scrive pellegrino, e chi scrive forestiero in Italia scrive volgare.
E ciò che fa da discrimine tra i due è l'intensità dell'uso. Al primo barbarismo vi ricorrono le persone colte per rifarsi in maniera preziosa e peregrina a certe idee, la loro scelta è quindi il frutto dello studio e della scepsi. Al secondo barbarismo vi ricorrono gli incolti, che quindi non fanno uso della scepsi e dello studio ma usano ciò che sentono comunemente.
Quando ci si trovi nel caso del primo barbarismo lo stile è inteso come filobarbarismo, mentre quando ci si trovi nel secondo barbarismo lo stile è inteso come purismo.
Tuttavia, a me pare che le due situazioni — dico quella in cui c'è il purismo e quella in cui si eccede in filobarbarismo — non sono speculari. È chiaro che il filobarbarsimo esalta l'uso d'una lingua altra dalla propria, la imita e trae dall'imitiazione lo stile. Nel caso del purismo, invece, la fonte non è altra, ma è la lingua nazionale stessa, che viene cosí potenziata attraverso la scrupolosa cernita delle sua ricchezze.
È evidente che in qualche modo le due correnti poi s'influenzino nel corso della storia letteraria, tuttavia a me paiono ben distinte anche nel fine che ottengono. Nell'un caso (il filobarbarismo) la ricchezza è data davvero solo dalla peregrinità del vocabolo o dell'espressione; mentre nell'altro (il purismo) la ricchezza è data anche dalla riscorperta e dal potenziamento della lingua nazionale.