«Cultura umanista» ~ «cultura umanistica»
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«Cultura umanista» ~ «cultura umanistica»
Una persona con alti incarichi di governo si è fatta filmare mentre dice e scrive s’una lavagna «cultura umanista» per quella che solitamente si chiama «cultura umanistica». In Rete molti sono insorti a correggere quella persona, riportando la forma piú comune dell’aggettivo. L’episodio mi ha fatto pensare alla vitalità della distinzione tra aggettivo d’inerenza e aggettivo di relazione, e in particolare all’opposizione tra i suffissi -ista e -istico.
Già Migliorini notò che i nomi in -ista, dal loro originario valore appositivo sono passati alla funzione d’aggettivo d’inerenza, per approdare infine al valore di aggettivo di relazione vero e proprio. Questa mutazione è stata possibile per il tramite dell’uso politico di questi derivati: un comunista fa una lotta comunista, non comunistica, perché i partiti politici mirano «a entrare attivamente nella realtà» (Bruno Migliorini, «Il suffisso -istico», La lingua italiana nel Novecento, Firenze: «Le lettere», 1990, p. 179). Altrettanto si può dire di movimenti filosofici e letterari, per estensione di significato dall’àmbito politico: cosí abbiamo idee materialiste, fede panteista, ecc. «La scelta di -ista», rileva Migliorini, «spesso è promossa dal sostantivo che precede, il quale esprime una attività, una mistica: movimento, tendenza, campagna, mito, fede, e simili» (ibidem).
In riferimento a cose, la stessa parola creata col suffisso -ista dà a quelle quasi il carattere di persone: «dicendo capolavori veristi […] si personificano in qualche modo gli oggetti, presentandoli come propagandisti di una dottrina espansiva» (ibidem).
In molti casi, ricorda Migliorini, l’uso ammette entrambe le forme, senz’alcuna differenza. Tuttavia, una sottile distinzione separa le due varianti: gli aggettivi in -ista «implica[no] una piú stretta inerenza con il sostantivo precedente, quella in -istico un distacco» (ibidem, pag. 180).
Ora, se tralasciamo la naturale tendenza degli aggettivi in -ista a prendere il posto di quelli in -istico, e consideriamo valida l’opposizione tra queste due forme (opposizione che si accosta, per dirla ancora col Migliorini, a quella «fra una mistica e una scienza» [ibidem, pag. 181]), vediamo come cultura umanista, se la persona di cui sopra ha ascoltato con attenzione i suoi consulenti di comunicazione, denota uno scarto significativo rispetto a cultura umanistica: non è la cultura letteraria, nell’accezione generica, che sta in opposizione alla cultura scientifica; ma è una cultura, per cosí dire, militante, che applica attivamente i princípi dell’umanesimo. Certo, tutto questo vale se la nostra persona si è fatta aiutare da qualche avveduto consigliere che abbia lungamente ponderato la scelta, e se si può ragionevolmente escludere lo strafalcione…
Già Migliorini notò che i nomi in -ista, dal loro originario valore appositivo sono passati alla funzione d’aggettivo d’inerenza, per approdare infine al valore di aggettivo di relazione vero e proprio. Questa mutazione è stata possibile per il tramite dell’uso politico di questi derivati: un comunista fa una lotta comunista, non comunistica, perché i partiti politici mirano «a entrare attivamente nella realtà» (Bruno Migliorini, «Il suffisso -istico», La lingua italiana nel Novecento, Firenze: «Le lettere», 1990, p. 179). Altrettanto si può dire di movimenti filosofici e letterari, per estensione di significato dall’àmbito politico: cosí abbiamo idee materialiste, fede panteista, ecc. «La scelta di -ista», rileva Migliorini, «spesso è promossa dal sostantivo che precede, il quale esprime una attività, una mistica: movimento, tendenza, campagna, mito, fede, e simili» (ibidem).
In riferimento a cose, la stessa parola creata col suffisso -ista dà a quelle quasi il carattere di persone: «dicendo capolavori veristi […] si personificano in qualche modo gli oggetti, presentandoli come propagandisti di una dottrina espansiva» (ibidem).
In molti casi, ricorda Migliorini, l’uso ammette entrambe le forme, senz’alcuna differenza. Tuttavia, una sottile distinzione separa le due varianti: gli aggettivi in -ista «implica[no] una piú stretta inerenza con il sostantivo precedente, quella in -istico un distacco» (ibidem, pag. 180).
Ora, se tralasciamo la naturale tendenza degli aggettivi in -ista a prendere il posto di quelli in -istico, e consideriamo valida l’opposizione tra queste due forme (opposizione che si accosta, per dirla ancora col Migliorini, a quella «fra una mistica e una scienza» [ibidem, pag. 181]), vediamo come cultura umanista, se la persona di cui sopra ha ascoltato con attenzione i suoi consulenti di comunicazione, denota uno scarto significativo rispetto a cultura umanistica: non è la cultura letteraria, nell’accezione generica, che sta in opposizione alla cultura scientifica; ma è una cultura, per cosí dire, militante, che applica attivamente i princípi dell’umanesimo. Certo, tutto questo vale se la nostra persona si è fatta aiutare da qualche avveduto consigliere che abbia lungamente ponderato la scelta, e se si può ragionevolmente escludere lo strafalcione…
Può darsi che‚ come lei lo definisce‚ “una persona con alti incarichi di governo” abbia una così alta opinione di sé stesso‚ magari fondata su solidissime basi‚ da ritenersi in grado di dare lezioni agli umanisti e non solo a dei “semplici” dotti in materie umanistiche. Avanzo solo un’ipotesi‚ non sto facendo dell’ironia.
- Ferdinand Bardamu
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Le mie elucubrazioni sono forse troppo ottimistiche. Un uso della lingua che si discosti dalle normali aspettative, se non è causato da un errore, dovrebbe avere una solida giustificazione. Immaginando Filippo Sensi, il consigliere d’immagine di Renzi, che compulsa Migliorini ho forse fatto un viaggio un po’ eccessivo con la fantasia.
Direi di sì, gentile Ferdinand, e la giustificazione è la seguente: si tratta della cosiddetta Didattica Umanistico-Affettiva, di origine americana, su modello della Psicologia Umanista di A.Maslow. Introdotta recentemente anche in Italia a seguito degli studi di C.Rogers e T.Gordon su la glottodidattica e l'insegnamento/apprendimento delle lingue.Ferdinand Bardamu ha scritto:Un uso della lingua che si discosti dalle normali aspettative, se non è causato da un errore, dovrebbe avere una solida giustificazione.
Mi presento: nelle mie intenzioni avrei dovuto essere Sixy ma il sistema di registrazione non mi accettava con questo nome e così ho optato per Sixie.
Un saluto a tutti.
- Ferdinand Bardamu
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Benvenuta.
La ringrazio della spiegazione. Un motivo doveva esserci per una scelta, quella di usare umanista come aggettivo di relazione, che era destinata a sollevare polemiche, come è stato.
Piú che di un ragionamento meramente linguistico si tratta dunque di un’allusione a una corrente di pensiero, se non ho capito male.
La ringrazio della spiegazione. Un motivo doveva esserci per una scelta, quella di usare umanista come aggettivo di relazione, che era destinata a sollevare polemiche, come è stato.
Piú che di un ragionamento meramente linguistico si tratta dunque di un’allusione a una corrente di pensiero, se non ho capito male.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data lun, 18 mag 2015 22:29, modificato 1 volta in totale.
- Animo Grato
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Sono d'accordo.Ferdinand Bardamu ha scritto:Immaginando Filippo Sensi, il consigliere d’immagine di Renzi, che compulsa Migliorini ho forse fatto un viaggio un po’ eccessivo con la fantasia.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Se si può parlare di morale umanista o di istruzione umanista, che hanno paralleli, per esempio, con 'morale individualista' o 'istruzione individualista', non mi sembra strano né sbagliato che si possa parlare di 'cultura umanista'.
Non vedo errori nella locuzione del nostro Caro Leader.
Non vedo errori nella locuzione del nostro Caro Leader.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
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Rilegga meglio il mio primo intervento, però, sennò si rischia di ripeter le stesse cose piú volte. Rilegga pure l’intervento della nuova utente, qui sopra. Se non ci sono «errori», c’è per lo meno un’improprietà: umanista non può essere (ancora) impiegato come aggettivo di relazione!Scilens ha scritto:Se si può parlare di morale umanista o di istruzione umanista, che hanno paralleli, per esempio, con 'morale individualista' o 'istruzione individualista', non mi sembra strano né sbagliato che si possa parlare di 'cultura umanista'.
Non vedo errori nella locuzione del nostro Caro Leader.
Ma si dà il caso che sia, a quanto pare, un’allusione a una dottrina pedagogica (se non ho male interpretato).
- Ferdinand Bardamu
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Se si può dire «checché ne dicano Treccani e Sapienti», si può anche dire, allora, checché ne dica Scilens, no?
Mi spiego meglio, sennò la polemica rischia di essere sterile. Migliorini ha messo in luce che la trasformazione dei nomi in -ista in aggettivi di relazione è guidata dall’uso. Il fatto stesso che piú persone, di là da qualunque definizione del dizionario, abbiano fatto notare che si dice cultura umanistica indica che umanista non ha ancora assunto il pieno valore d’aggettivo di relazione, per lo meno non stabilmente e comunemente.
La diffusione degli aggettivi in -ista non esclude che in futuro si arrivi alla sostituzione, nell’uso, di umanista a umanistico. Ma al momento non pare essere cosí, soprattutto per una locuzione d’uso consolidato come cultura umanistica.
Mi spiego meglio, sennò la polemica rischia di essere sterile. Migliorini ha messo in luce che la trasformazione dei nomi in -ista in aggettivi di relazione è guidata dall’uso. Il fatto stesso che piú persone, di là da qualunque definizione del dizionario, abbiano fatto notare che si dice cultura umanistica indica che umanista non ha ancora assunto il pieno valore d’aggettivo di relazione, per lo meno non stabilmente e comunemente.
La diffusione degli aggettivi in -ista non esclude che in futuro si arrivi alla sostituzione, nell’uso, di umanista a umanistico. Ma al momento non pare essere cosí, soprattutto per una locuzione d’uso consolidato come cultura umanistica.
La cosa non m'era sfuggita, ma grazie per il ripasso.
Mi congratulo per la Sua riflessione. Più che ad una militanza (che si rivolge agli altri) penso ad un'impronta culturale propria del personaggio in oggetto, marcatamente cattolica di tipo attivo. La cultura umanista nasce come sentimento e solo dopo diventa ideologia. La cultura umanistica s'ispira a quella umanista, che si pone come obiettivo cui tendere.
Mi congratulo per la Sua riflessione. Più che ad una militanza (che si rivolge agli altri) penso ad un'impronta culturale propria del personaggio in oggetto, marcatamente cattolica di tipo attivo. La cultura umanista nasce come sentimento e solo dopo diventa ideologia. La cultura umanistica s'ispira a quella umanista, che si pone come obiettivo cui tendere.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
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Si può aggiungere anche, e lo fa Migliorini stesso, che il mantenimento dell’uso di un aggettivo in -istico è favorito anche dal parallelismo con altri aggettivi con cui può ricorrere. Nel nostro caso, umanistico si adopera spessissimo in coppia con scientifico.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mar, 19 mag 2015 1:01, modificato 1 volta in totale.
-istico imita (anche in senso negativo), s'ispira, cerca di raggiungere.
Come ha detto Lei, citando:
"gli aggettivi in -ista «implica[no] una piú stretta inerenza con il sostantivo precedente, quella in -istico un distacco»".
Per questo nella frase del Nostro non c'è errore e si cercano polveroni solo sul nulla quando invece non ne mancherebbe la materia prima.
Come ha detto Lei, citando:
"gli aggettivi in -ista «implica[no] una piú stretta inerenza con il sostantivo precedente, quella in -istico un distacco»".
Per questo nella frase del Nostro non c'è errore e si cercano polveroni solo sul nulla quando invece non ne mancherebbe la materia prima.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
- Ferdinand Bardamu
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No, gentile Scilens: al di là di qualunque strumentalizzazione politica del fatterello di cui discutiamo, strumentalizzazione che nessuno qui si sogna di fare, è indubbio che la scelta di Renzi (o, meglio, dei suoi consiglieri) sia stata — volontariamente? — spiazzante. L’aggettivo di relazione di umanesimo è umanistico, nell’uso comune. Non c’è alcuna connotazione spregiativa in quest’aggettivo, nonostante sia vero che in taluni casi il suffisso -istico si possa caricare di una sfumatura peggiorativa.
La citazione di Migliorini che ha riportato è poi indubbiamente vera, ma occorre ricordare che, se non debitamente giustificato — e qui purtroppo mi tocca ripetermi —, uno scostamento dall’uso comune viene visto come un’improprietà. Il Nostro, mi sembra, non ha dato debitamente conto della scelta di umanista per umanistico. Io sopra ho tentato d’immaginare una giustificazione sulla base del saggio miglioriniano; Sixie, la nuova utente, ci ha detto che si tratta di un’allusione.
Non ho altro da aggiungere.
La citazione di Migliorini che ha riportato è poi indubbiamente vera, ma occorre ricordare che, se non debitamente giustificato — e qui purtroppo mi tocca ripetermi —, uno scostamento dall’uso comune viene visto come un’improprietà. Il Nostro, mi sembra, non ha dato debitamente conto della scelta di umanista per umanistico. Io sopra ho tentato d’immaginare una giustificazione sulla base del saggio miglioriniano; Sixie, la nuova utente, ci ha detto che si tratta di un’allusione.
Non ho altro da aggiungere.
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