Se si preferisce festivàl per le ragioni fonotattiche e morfologiche che Lei ha dato, sono d'accordo: festivàle, festivàl, fèstival. La sua risposta la trovo molto convincente e non fa una piega , ma, in un certo senso, dovremmo considerare la pronuncia alla francese un adattamento: il termine è inglese (c'era in francese antico con un altro significato), però la pronuncia francese è piú conforme alla natura della nostra lingua. Lo sappiamo che c'è la moda di pronunciare all'inglese, ma, in questo caso, è bene tener presente che non si tratta d'un termine di un'altra lingua pronunciato all'inglese, bensí d'una parola inglese.
Negli altri casi, anche se c'è la tendenza ad anticipare l'accento tonico (cògnac, vàluto, evàporo, ecc.), per me le pronunce tradizionali sono ancora quelle consigliabili. Del resto, la Treccani dà come prima pronuncia cognàc, valúto, evapóro e fèstival!
Dove posso leggere l'osservazione del Klajn?
vari dubbi accento
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Da musica + agone?fiorentino90 ha scritto:Corriere della Sera ha scritto:nel 1905 Panzini [...] propone, per evitare un termine straniero, l’uso di una versione italiana curiosa: “Musicone”.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Si tratta, ovviamente, d’un’osservazione d’ordine sociolinguistico, e la trova qui di séguito.fiorentino90 ha scritto:Dove posso leggere l'osservazione del Klajn?
Ivan Klajn in «Influssi inglesi nella lingua italiana» («Olschki», Firenze 1972, §8.2, pp. 158–9, grassetti miei) ha scritto:L’accento è, nell’opinione del DEROY, 92, «peut-être le moins empruntable» di tutti gli elementi fonetici, in quanto dipende da abitudini linguistiche profondamente radicate e difficili da mutare. Ai margini del lessico italiano troviamo tuttavia una tendenza che, senza introdurre nessun nuovo tipo di accento, ne favorisce uno a scapito degli altri. Si tratta dello spostamento dell’accento in alcune parole parzialmente italianizzate dall’ultima alla prima sillaba. MIGLIORINI, LCont. 61, trova questo spostamento nei sostantivi camion, cognac, cordial, soviet, nei cognomi Carrer, Toffanin, Pintor, Bemporad e altri, in toponimi come Cormons. La sua spiegazione: « V’è stata una reazione al ritmo francese, che prima era preferito, come quello della lingua forestiera piú nota in Italia: e questa reazione è stata certo aiutata da una maggior conoscenza del tedesco e dell’inglese». V. anche Conversazioni 43 dello stesso autore. MENARMI, Profili 14, descrive l’identico fenomeno senza far cenno alle lingue straniere; il FOCHI, invece (Italiano 66), attribuisce unicamente all’influsso inglese la trasformazione del tradizionale Canadà in Cànada e l’accentazione sulla prima sillaba dei nomi commerciali come Oreal, Permafiex, Terital, Mirasol, Mokaflor e persino Aequator. PETTENATI, Nomenclatura 24, offre all’incirca la stessa spiegazione di Migliorini (prima imitazione del francese, oggi dell’inglese e del tedesco), precisando che la trasformazione ha luogo in «ogni vocabolo sentito come non ereditario e desinente in consonante». Altri esempi sono offerti dalla FRACASTORO (120–122), che alla radio registra àutobus (comune oggi, ma prima accentato anche sulla seconda o sulla terza sillaba: v. PANZINI), nàilon che nei primi tempi fu pronunciato nailòn, Sènegal «di solito sdrucciolo», mentre l’alternativa Cànada / Canadà è da lei spiegata come oscillazione tra «accento inglese o francese». Ricordiamo anche la pronuncia Vàjont, piuttosto diffusa sebbene nel dialetto originale la parola sia ossitona (TAGLIAVINI Oggi 44/1963), premio Nòbel (spesso alla radio, mentre in svedese si ha Nobèl), fèstival oggi molto più frequente di festivàl, ecc.
Il fenomeno, come si vede, anche se interessa una parte non propriamente italiana del lessico, è in essa abbastanza diffuso. L’ipotesi che si tratti di un riflesso della moda anglicizzante subentrata a quella del francese (inutile chiamare in causa il tedesco, che sull’italiano non ha mai avuto il minimo ascendente) è quasi certamente giusta, ma non è sufficiente. Anche in questo caso sarà indispensabile ricercare le cause interne del mutamento, senza le quali l’influsso straniero non avrebbe potuto agire. Secondo noi la chiave del problema sta nella finale consonantica, presente in tutte le parole citate tranne Canada. Siccome l’italiano distingue molto bene le sillabe chiuse dalle aperte, si può supporre che le pronunce nailòn, festivàl, cognàc, sovièt non siano sentite come «parole tronche», equivalenti all’italiano dirò o qualità, ma piuttosto come troncamenti di un supposto *nailòne, *festivàle, *cognacco, *soviètto. Perciò esse suscitano una certa resistenza nel parlante, dato che l’italiano di oggi non adopera i troncamenti all’infuori di un certo numero di formule fisse. Chi pronunciava nailòn e festival finiva probabilmente per sentire lo stesso disagio di chi dicesse padrón o canàl, forme arcaiche o dialettali. Trasferendo invece l’accento all’inizio questa ambiguità spariva.
Ne fornisce un esempio suggestivo il nome della società sportiva Mílan (battezzata, come Genoa e qualche altra, ai tempi in cui il calcio era ancora uno sport di aristocratici anglomani). Mentre in inglese la pronuncia di gran lunga prevalente è Milàn, l’italiano non poteva accettarla, perché Milàn appunto si chiama la città nel dialetto locale; quindi, invece di «nobilitare» l’it. Milano traducendolo in inglese, lo si sarebbe abbassato a livello di dialetto. La soluzione è stata trovata nell’accento «inglese», sia pure parzialmente ipercorretto.
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