Scilens ha scritto:O sarebbe stato meglio sorvolare?
Forse.
Sí, questo,
l’abbiamo già detto : se ha la pazienza di leggersi il succitato articolo del Loporcaro (che
può scaricare per una modica cifra), vedrà che del contributo del D’Ovidio è dato debito conto.
Scilens ha scritto:Tornando un pochino indietro, Pär Larson scrive che le forme come 'arbero' "andranno attribuite non a rotacismo bensì ad assimilazione a distanza".
Avrei pensato che la forma con la r fosse quella originaria, del latino 'arborem' e non ci fosse nulla di strano nel mantenere la r.
Vede, caro Scilens, codesta «
lectio facilior» è tipica di chi, [non essendo del mestiere e] non poggiandosi [quindi] su dati documentali, estrapola regole da campioni troppo ristretti (non se la prenda: ci caschiamo tutti, prima o poi —e qui tornerebbe utile un altro fondamentale articolo del Loporcaro
da me ampiamente citato sui rischio dell’estensione di metodi sincronici alla diacronia senza le necessarie verifiche imposte dalla linguistica storica).
Larson (
Pär, la prego, non *
Par) ci dice che in italiano antico (= fiorentino dugentesco), diversamente che nel fiorentino/toscano moderno «rustico», non c’era una tendenza al rotacismo, ma si hanno anzi molti esempi di segno opposto:
albero <
arborem,
albergo <
har(
i)
bergum < got. *
haribergo, etc.
È ben possibile che la forma originaria
arbore abbia avuto la sua influenza, ma basta consultare la
banca dati dell’italiano antico per rendersi conto che
albero e
arbero stanno in un rapporto di 100 a 1 (si veda anche la
trattazione del LEI), per cui l’ipotesi del Larson appare assai ragionevole.
Scilens ha scritto:Torno ancora sull'altra affermazione di Par Larson che m'era parsa strana, sull'inesistenza dei diminutivi in -ino in italiano antico,
«Inesistenza dei diminutivi in
-ino in italiano antico
per esseri inanimati non di già alterati», sennò facciamo dire al povero Larson qualcosa che non ha mai detto.
Scilens ha scritto:…perché ho trovato altri diminutivi in -ino/-ina, per es. in Dante festino e in Boccaccio trovo cassettina, zazzerina, moccichino, piombino e altri. Più tempo ci vorrebbe per cercare negli scritti anteriori e minori.
Festino in Dante vale «sollecito» (< lat.
festinus), non già «piccola festa», diminutivo attestato solo dal XVII secolo!!
Cassettina fa parte della classe degli alterati (
cassetta ←
cassa),
ergo non contraddice il Larson, e
moccichino non è un diminutivo. Rimarrebbero
zazzerina e
piombino, per i quali
io non ho una valida spiegazione, ma l’abbiamo già detto: il Boccaccio è
tardo («italiano antico» significa [perlomeno nell’accezione della
Grammatica dell’italiano antico a cura di Renzi e Salvi, da cui è tratto il capitolo del Larson] «fiorentino dugentesco»).
Scilens ha scritto:In Dante si trova "arbuscelli" che mi pare che possa esser dovuto alla gorgia, da arbucelli…
Assolutamente no: basta consultare
un dizionario.
Scilens ha scritto:Parole di questo tipo dovrebbero essercene diverse, come anche poscia, ruscello, ambascia, sembrano nascere dalla gorgia.
A parte
ambascia, il cui etimo è incerto (e quindi non ci possiamo pronunciare), sono tutte parole come arboscello con [ʃʃ] originario o esito regolare (
e.g., [
st > ʃʃ]).
Scilens ha scritto:Questo comunque mi sembra ancora un altro rivolo che devia dal tema centrale nel quale Lei si chiedeva come la gorgia non sia entrata nell'italiano.
La
deaffricazione [ʧ ʤ → ʃ ʒ], non la
gorgia [k p t → h/0 ɸ θ].