Zeta sonora tradizionale e zeta sorda moderna?
Moderatore: Cruscanti
Zeta sonora tradizionale e zeta sorda moderna?
Io pronuncio colla sonora le parole seguenti:
aguzzino /agudz'dzino/, amazzone /a'madzdzone/, azienda /adz'dzjEnda/, brezza /'bredzdza/, ghiribizzo /giri'bidzdzo/, intirizzire /intiridz'dzire/, pettegolezzo /pettego'ledzdzo/, ribrezzo /ri'bredzdzo/, sgabuzzino /zgabudz'dzino/ (e, naturalmente, sozzo /'sodzdzo/).
Gradirei sapere se, come sospetto, in pronuncia moderna tutte queste parole abbiano esclusivamente la zeta sorda. Per qualcuna è tuttora «ammessa» la sonora? E infine, a che cosa è dovuta questa progressiva perdita della sonora all’interno di parola?
aguzzino /agudz'dzino/, amazzone /a'madzdzone/, azienda /adz'dzjEnda/, brezza /'bredzdza/, ghiribizzo /giri'bidzdzo/, intirizzire /intiridz'dzire/, pettegolezzo /pettego'ledzdzo/, ribrezzo /ri'bredzdzo/, sgabuzzino /zgabudz'dzino/ (e, naturalmente, sozzo /'sodzdzo/).
Gradirei sapere se, come sospetto, in pronuncia moderna tutte queste parole abbiano esclusivamente la zeta sorda. Per qualcuna è tuttora «ammessa» la sonora? E infine, a che cosa è dovuta questa progressiva perdita della sonora all’interno di parola?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Confesso di non aver [ri]controllato tutte le parole una per una… Comunque, sí: direi che, nella terminologia canepariana, la pronuncia «moderna» di tutte codeste parole è con /-tsts-/, quella «tradizionale» con /-dzdz-/, tranne che per azienda (moderna/tradizionale con /-dzdz-/; /-tsts-/ è solo «tollerata») e, viceversa, per sozzo (moderna/tradizionale con /-tsts-/: qui è quella con /-dzdz-/ a essere tollerata).
Quanto alle ragioni di questo, non ce ne sono —o meglio, ce n’è una sola: l’uso. La pronuncia tradizionale si fonda infatti sulla «tradizione» ortoepica [toscana/] fiorentina, e questa a sua volta su documentabili (e documentati) processi di fonetica storica [dal latino volgare di Toscana al fiorentino dugentesco, e oltre]: l’eccezioni sono poche, e in genere (tranne rari casi) di facile spiegazione.
La pronuncia moderna, no: essa è la «media ponderata» delle dizioni dei nostri «professionisti della voce» (le virgolette andrebbero anche intorno al solo professionisti ), che in teoria [un giorno] potrebbe non aver piú nulla [a] che fare con la pronuncia toscana e la fonetica storica dell’italiano. Siccome, [alcuni di] questi hanno frequentato scuole di dizione, e molti sono di provenienza romana, la pronuncia moderna non si discosta [ancora] poi molto da quella tradizionale (…ma ricordiamo la crescente influenza milanese[ggiante] sottolineata dallo stesso Canepàri).
Concludendo, già gli stessi accademici della Crusca del 1612 notavano che la pronuncia sonora della z è meno frequente [in posizione intervocalica], e in alcune parole è solo toscana (quando non esclusivamente fiorentina —lege: ignota o minoritaria nel resto dell’Italia [linguisticamente] centrale): è ovvio che la pronuncia moderna finisca per «semplificare»…
Quanto alle ragioni di questo, non ce ne sono —o meglio, ce n’è una sola: l’uso. La pronuncia tradizionale si fonda infatti sulla «tradizione» ortoepica [toscana/] fiorentina, e questa a sua volta su documentabili (e documentati) processi di fonetica storica [dal latino volgare di Toscana al fiorentino dugentesco, e oltre]: l’eccezioni sono poche, e in genere (tranne rari casi) di facile spiegazione.
La pronuncia moderna, no: essa è la «media ponderata» delle dizioni dei nostri «professionisti della voce» (le virgolette andrebbero anche intorno al solo professionisti ), che in teoria [un giorno] potrebbe non aver piú nulla [a] che fare con la pronuncia toscana e la fonetica storica dell’italiano. Siccome, [alcuni di] questi hanno frequentato scuole di dizione, e molti sono di provenienza romana, la pronuncia moderna non si discosta [ancora] poi molto da quella tradizionale (…ma ricordiamo la crescente influenza milanese[ggiante] sottolineata dallo stesso Canepàri).
Concludendo, già gli stessi accademici della Crusca del 1612 notavano che la pronuncia sonora della z è meno frequente [in posizione intervocalica], e in alcune parole è solo toscana (quando non esclusivamente fiorentina —lege: ignota o minoritaria nel resto dell’Italia [linguisticamente] centrale): è ovvio che la pronuncia moderna finisca per «semplificare»…
Grazie per la risposta. Questa pronuncia moderna è davvero artificiosa e permissiva. Io resto del parere di Giuliano Bonfante e Giovanni Torti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Com’altri s’affretterà súbito a dire, la pronuncia moderna non «permette»: «registra»… quella che oggi l’italiano medio avverte come la pronuncia migliore, piú neutra… semplicemente perché è quella che piú spesso sente in bocca ai «professionisti della voce».Marco1971 ha scritto:Questa pronuncia moderna è davvero artificiosa e permissiva.
Non so se sia «artificiosa»: è sicuramente artificiale, ma quello lo sono un po’ tutte le pronunce… «modello», appunto, che sono sempre delle idealizzazioni. Le deviazioni della moderna dalla tradizionale si spiegano in realtà abbastanza bene: semplificazione da una parte, maggior peso alle pronunce centrali non toscane/non fiorentine dall’altra.
Certo, è meno coerente [con la storia dell’italiano e col nostro sistema ortografico], e non credo si potrà mai legger Dante con una pronuncia [troppo] moderna (…e per legger Dante bisognerà anche tener conto di altre peculiarità della lingua antica come la «legge [Donati-] Porena-Castellani» o il fatto che «baci /'baSi/ [N.B.: non /'baSSi/!] non faceva ancora rima con taci /'tatSi/, né rimavano cuce /'kuSe/ e luce /'lutSe/» [Larson 2002]).
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Bisogna o sopportare o accettare che l'Italiano, ormai, non è solo il fiorentino/toscano. Una pronuncia come quella di Marco (rispettabilissima per le tosche orecchie), dalle mie parti susciterebbe l'ilarità generale (a parte azienda). E' una questione che riguarda tutte le lingue nazionali che da un ristretto cantuccio si sono allargate ad un'intera nazione.
Mi dica la verità (non mi offendo), nella mia intervista radiofonica suscito la sua ilarità (non dico per i contenuti, ma per la pronuncia)?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Non lo so, ce lo dirà lui stesso. Ma sia chiaro: io non attribuisco alcuna importanza a quell’intervista. L’ho menzionata solo perché è l’unico archivio audio qui disponibile della mia voce.Fausto Raso ha scritto:È sicuro, cortese Marco, che u merlu rucà abbia ascoltato la sua intervista?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- u merlu rucà
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Non si preoccupi, non suscita la mia ilarità, anzi, è una piacevole pronuncia toscana. Ho un pochino esagerato parlando di ilarità, però se lei pronunciasse sozzo con /-dzdz-/ susciterebbe come minimo una certa perplessità.Marco1971 ha scritto:Mi dica la verità (non mi offendo), nella mia intervista radiofonica suscito la sua ilarità (non dico per i contenuti, ma per la pronuncia)?
Sono convinto che se ciascuno degli utenti del foro dovesse ripetere esattamente quello che lei ha detto nell'intervista, avremmo un 'arlecchino' per quanto riguarda la pronuncia.
Certo, sebbene ortoepicamente piú «devianti».u merlu rucà ha scritto:Sono convinto che se ciascuno degli utenti del foro dovesse ripetere esattamente quello che lei ha detto nell'intervista, avremmo un 'arlecchino' per quanto riguarda la pronuncia.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non è detto.Marco1971 ha scritto: Certo, sebbene ortoepicamente piú «devianti».
Alcune sue pronunce delle 't' e delle 'g' sono dei piacevoli regionalismi toscani mai entrati nella pronuncia corretta italiana, anche solo teorica.
Invece per quanto riguarda alcuni raddoppiamenti fonosintattici (dopo come e da), sebbene ammessi dalla teoria ortoepica, essi non sono praticati fuor di Toscana e quindi costituiscono anch'essi, ormai, dei [piacevoli] regionalismi.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Un momento: la pronuncia «tradizionale» è comunque una pronuncia «neutra», ancorché oggigiorno [in parte] stilisticamente marcata rispetto alla «moderna» (…ma anche piú coerente [nel senso di cui sopra] e piú adatta, e.g., alla lettura di testi antichi).bubu7 ha scritto:Invece per quanto riguarda alcuni raddoppiamenti fonosintattici (dopo come e da), sebbene ammessi dalla teoria ortoepica, essi non sono praticati fuor di Toscana e quindi costituiscono anch'essi, ormai, dei [piacevoli] regionalismi.
Parlare di «regionalismi» non ha molto senso qui: il raddoppiamento [indiscriminato] dopo come e da è ancora osservato da molti professionisti della voce, e non è [ancora] regionalmente marcato come, ad esempio, la gorgia…
Che bello, sono tornati gli avvisi dei nuovi messaggi!
I raddoppiamenti a cui mi riferisco, in un'intervista radiofonica, risultano marcati regionalmente.
La maggior parte dei professionisti della voce non osservano più questa regola (in televisione, al cinema, in teatro...). Questo raddoppiamento verrebbe avvertito come regionale.
Non sono d'accordo.Infarinato ha scritto:Un momento: la pronuncia «tradizionale» è comunque una pronuncia «neutra», ancorché oggigiorno [in parte] stilisticamente marcata rispetto alla «moderna» (…ma anche piú coerente [nel senso di cui sopra] e piú adatta, e.g., alla lettura di testi antichi).bubu7 ha scritto:Invece per quanto riguarda alcuni raddoppiamenti fonosintattici (dopo come e da), sebbene ammessi dalla teoria ortoepica, essi non sono praticati fuor di Toscana e quindi costituiscono anch'essi, ormai, dei [piacevoli] regionalismi.
I raddoppiamenti a cui mi riferisco, in un'intervista radiofonica, risultano marcati regionalmente.
Anche su questo dissento.Infarinato ha scritto:Parlare di «regionalismi» non ha molto senso qui: il raddoppiamento [indiscriminato] dopo come e da è ancora osservato da molti professionisti della voce, e non è [ancora] regionalmente marcato come, ad esempio, la gorgia…
La maggior parte dei professionisti della voce non osservano più questa regola (in televisione, al cinema, in teatro...). Questo raddoppiamento verrebbe avvertito come regionale.
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