Certo che vale, ché lí, un «indizio», c’è!Carnby ha scritto:Questo non vale però per diatrìba invece del corretto diàtriba.Infarinato ha scritto:In ogni caso, non illudiamoci: non è che i suddetti pronuncino le parole in questione sdrucciole per una consapevole dottissima scelta, bensí per quel [moderno] fenomeno che va sotto il nome di «baritonèsi» (Serianni 1989:I.189), che si aggiunge al miglioriniano «vocale incerta, vocale aperta» e al [«mio»] «consonante che s’ignora, consonante sonora», e che potremmo riassumere in «accento senza indizio, accento all’inizio».
Accenti tonici «sbagliati»
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Basta davvero il prefisso dia-?Infarinato ha scritto:Certo che vale, ché lí, un «indizio», c’è!
Però sono la maggioranza di coloro che adoperano queste parole.Infarinato ha scritto:Certo, i dizionari [ortoepici] si dovrebbero basare, soprattutto per quanto riguarda l’accentazione dei termini tecnico-scientifici e, in generale, di tutte le voci poco usuali, sulla pronuncia dei parlanti «di cultura medio-superiore» (per dirla col Canepàri —oltreché appartenenti alle regioni linguisticamente centrali), e tra questi troviamo certamente gli «addetti ai lavori» (i medici, in questo caso), che però non sono mai la maggioranza.
C'è un altro fattore da considerare: studenti che apprendono questi termini pronunciati così continueranno a pronunciarli così, spesso ignorando "l'alternativa". E in un ambiente che parla sempre meno italiano (stroke al posto di ictus, l'acronimo AIDS...), e quel poco lo parla male ("severità" di una malattia, inutili neologismi come "elicitare"...), non si può pretendere granché.Infarinato ha scritto:In ogni caso, non illudiamoci: non è che i suddetti pronuncino le parole in questione sdrucciole per una consapevole dottissima scelta...
Ultima modifica di Zabob in data dom, 28 dic 2014 20:05, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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D’accordo, ma dal numero totale delle occorrenze bisogna sempre sottrarre tutte quelle pronunciate all’interno degli ambienti settoriali [medici] stessi: finché, infatti, tali pronunce non riescano a imporsi anche al di fuori di detti ambienti, esse rimangono «pronunce [prevalentemente] gergali».Zabob ha scritto:Però sono la maggioranza di coloro che adoperano queste parole.Infarinato ha scritto:[G]li «addetti ai lavori» (i medici, in questo caso) […] però non sono mai la maggioranza.
Su questo mi trova, ahimè, totalmente d’accordo.Zabob ha scritto:C'è un altro fattore da considerare: studenti che apprendono questi termini pronunciati così continueranno a pronunciarli così, spesso ignorando "l'alternativa". E in un ambiente che parla sempre meno italiano (stroke al posto di ictus, l'acronimo AIDS...), e quel poco lo parla male (severità di una malattia, inutili neologismi come "elicitare"...), non si può pretendere granché.
Un termine riguardante lo strumentario medico che non ho mai sentito pronunciare correttamente è catetère; persino lo Zingarelli (sottolin. mia) dà catetère o, più diffuso ma meno corretto, catètere.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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