«Cultura umanista» ~ «cultura umanistica»
Inviato: ven, 15 mag 2015 12:37
Una persona con alti incarichi di governo si è fatta filmare mentre dice e scrive s’una lavagna «cultura umanista» per quella che solitamente si chiama «cultura umanistica». In Rete molti sono insorti a correggere quella persona, riportando la forma piú comune dell’aggettivo. L’episodio mi ha fatto pensare alla vitalità della distinzione tra aggettivo d’inerenza e aggettivo di relazione, e in particolare all’opposizione tra i suffissi -ista e -istico.
Già Migliorini notò che i nomi in -ista, dal loro originario valore appositivo sono passati alla funzione d’aggettivo d’inerenza, per approdare infine al valore di aggettivo di relazione vero e proprio. Questa mutazione è stata possibile per il tramite dell’uso politico di questi derivati: un comunista fa una lotta comunista, non comunistica, perché i partiti politici mirano «a entrare attivamente nella realtà» (Bruno Migliorini, «Il suffisso -istico», La lingua italiana nel Novecento, Firenze: «Le lettere», 1990, p. 179). Altrettanto si può dire di movimenti filosofici e letterari, per estensione di significato dall’àmbito politico: cosí abbiamo idee materialiste, fede panteista, ecc. «La scelta di -ista», rileva Migliorini, «spesso è promossa dal sostantivo che precede, il quale esprime una attività, una mistica: movimento, tendenza, campagna, mito, fede, e simili» (ibidem).
In riferimento a cose, la stessa parola creata col suffisso -ista dà a quelle quasi il carattere di persone: «dicendo capolavori veristi […] si personificano in qualche modo gli oggetti, presentandoli come propagandisti di una dottrina espansiva» (ibidem).
In molti casi, ricorda Migliorini, l’uso ammette entrambe le forme, senz’alcuna differenza. Tuttavia, una sottile distinzione separa le due varianti: gli aggettivi in -ista «implica[no] una piú stretta inerenza con il sostantivo precedente, quella in -istico un distacco» (ibidem, pag. 180).
Ora, se tralasciamo la naturale tendenza degli aggettivi in -ista a prendere il posto di quelli in -istico, e consideriamo valida l’opposizione tra queste due forme (opposizione che si accosta, per dirla ancora col Migliorini, a quella «fra una mistica e una scienza» [ibidem, pag. 181]), vediamo come cultura umanista, se la persona di cui sopra ha ascoltato con attenzione i suoi consulenti di comunicazione, denota uno scarto significativo rispetto a cultura umanistica: non è la cultura letteraria, nell’accezione generica, che sta in opposizione alla cultura scientifica; ma è una cultura, per cosí dire, militante, che applica attivamente i princípi dell’umanesimo. Certo, tutto questo vale se la nostra persona si è fatta aiutare da qualche avveduto consigliere che abbia lungamente ponderato la scelta, e se si può ragionevolmente escludere lo strafalcione…
Già Migliorini notò che i nomi in -ista, dal loro originario valore appositivo sono passati alla funzione d’aggettivo d’inerenza, per approdare infine al valore di aggettivo di relazione vero e proprio. Questa mutazione è stata possibile per il tramite dell’uso politico di questi derivati: un comunista fa una lotta comunista, non comunistica, perché i partiti politici mirano «a entrare attivamente nella realtà» (Bruno Migliorini, «Il suffisso -istico», La lingua italiana nel Novecento, Firenze: «Le lettere», 1990, p. 179). Altrettanto si può dire di movimenti filosofici e letterari, per estensione di significato dall’àmbito politico: cosí abbiamo idee materialiste, fede panteista, ecc. «La scelta di -ista», rileva Migliorini, «spesso è promossa dal sostantivo che precede, il quale esprime una attività, una mistica: movimento, tendenza, campagna, mito, fede, e simili» (ibidem).
In riferimento a cose, la stessa parola creata col suffisso -ista dà a quelle quasi il carattere di persone: «dicendo capolavori veristi […] si personificano in qualche modo gli oggetti, presentandoli come propagandisti di una dottrina espansiva» (ibidem).
In molti casi, ricorda Migliorini, l’uso ammette entrambe le forme, senz’alcuna differenza. Tuttavia, una sottile distinzione separa le due varianti: gli aggettivi in -ista «implica[no] una piú stretta inerenza con il sostantivo precedente, quella in -istico un distacco» (ibidem, pag. 180).
Ora, se tralasciamo la naturale tendenza degli aggettivi in -ista a prendere il posto di quelli in -istico, e consideriamo valida l’opposizione tra queste due forme (opposizione che si accosta, per dirla ancora col Migliorini, a quella «fra una mistica e una scienza» [ibidem, pag. 181]), vediamo come cultura umanista, se la persona di cui sopra ha ascoltato con attenzione i suoi consulenti di comunicazione, denota uno scarto significativo rispetto a cultura umanistica: non è la cultura letteraria, nell’accezione generica, che sta in opposizione alla cultura scientifica; ma è una cultura, per cosí dire, militante, che applica attivamente i princípi dell’umanesimo. Certo, tutto questo vale se la nostra persona si è fatta aiutare da qualche avveduto consigliere che abbia lungamente ponderato la scelta, e se si può ragionevolmente escludere lo strafalcione…