u merlu rucà ha scritto:Nel Ponente Ligure: Santa Catařìna, chi se i fa se i nina.
Nella versione, presumo genovese, presentata, viene usata, per esigenze di rima, una forma italianizzante Catterinn-a anziché Cattænn-a.
La versione locale tradizionale del proverbio è solo quella sopra riportata. L'
invocazione alla santa dev'essere stata aggiunta in un secondo momento per esigenze di rima.
La forma verbale
dîxe non compare/compariva nella versione tradizionale. Per altro, risulta
agrammaticale. Ciò che ne dimostra la mancata genuinità. Infatti, per quanto il soggetto risulti posposto, la forma verbale necessita, comunque, del soggetto clitico. In questo caso,
a dîxe. Le forme riferite sono quelle delle grafie tradizionali. Ma non corrispondono alla fonologia.
A Catterinna *, quale italianismo, ha effettivamente /-t-/ geminato, ma non /-n-/. La pronuncia, infatti, è /a ˌkatte'riɳa/, derivata dalla forma “aristocratica”/ŕa ˌkatte'riɳna/, non più in uso in città.
A Cattænna, ormai disusato, altro non era che /a ka'tɛɳa/. Senz'alcuna geminata. Mentre falsamente la grafia tradizionale ne propone addirittura due! Ma molto più usata era la variante
a Cattæn /a ka'tɛɳ/. Anch'essa, senz'alcuna geminazione. Gl'ipocoristici femminili erano “formulati” popolarmente (ne ignoro la ragione) al maschile e, in questo caso, “-ina” venne interpretato quale suffisso diminutivo.
Grafie più
ragionevoli potrebbero essere, rispettivamente, ad es.:
a Catterin-a,
a Catæn-a e
a Catæn. L'esito /a ka'tɛɳa/ proveniva dalla forma del socioletto aristocratico /ŕa ˌkatta'ŕiɳna/, anch'essa (come indica inequivocabilmente la geminazione di /-t-/>/-tt-/) un precedente italianismo. La relativa transizione evolutiva risulta (non riporto, per semplicità, l'articolo, per altro obbligatorio nel caso dei nomi propri): /kate'ri:na/ > /ˌkatte'ŕinna/ > /katta'ŕiɳna/ > /katta'iɳna/ > /ka'taiɳna/ > /ka'tɛɳna/ > /ka'tɛɳa/ > /ka'tɛɳ/.
Ovviamente, di
a Catæn esisteva anche il relativo diminutivo:
/kateri'ni:na/ > /ˌkatteŕi'ninna/ > /ˌkattaŕi'ninna/ >/ˌkattaŕi'niɳna/>/ˌkattaŕi'niɳa/>/ˌkattai'niɳa/>/ˌkattai'niɳ/. Cioè:
a Cattainin. In questo caso, il dittongo /-ai-/ non si "chiuse" in /-ɛ-/ semplicemente perché si tratta di sillaba non dotata di accento (né primario né secondario). La geminata /-tt-/ anetimologica postaccentuale - in questo caso si tratta dell'accento secondario della parola - è dovuta al fatto che si tratta di un
italianismo **.
La quantità degli italianismi nel dialetto è davvero impressionante e segue evoluzioni del tutto specifiche. Diverse da quelle delle voci di derivazione diretta. Ma gli "studiosi" locali, quali ciechi alla guida di altri ciechi (chi li "prende sul serio", li “segue”) si sono sempre “rifiutati di capire”. Fatti linguistici, per altro, banalissimi. Come, ad es., il fatto che, in genovese,
fratello sia tuttora
fræ /'frɛ:/ ***, voce, evidentemente, di tradizione diretta, mentre
frate è tuttora
fratte /'fratte/ ****, italianismo con geminata anetimologica del tutto regolare nel dialetto genovese, nell'inventario fonematico del quale /-t-/, come dimostra la prima delle due voci, s'era ridotto allo zero fonico. Mentre /-tt-/ risultava ancora disponibile. Ma, se vogliamo essere modernamente e correttamente “aristotelici”, non si può non ammettere che la
sostanza della lingua/dialetto è
φωνή, le
γραφαί – specialmente se del tutto incongruenti rispetto alla
φωνή – rappresentano soltanto degli
accidenti…
* Anche questo italianismo, fino a pochi anni fa, aveva il suo ipocoristico: a Catte /a 'katte/. Il quale, a sua volta, possedeva il diminutivo (soltanto nella versione maschile) a Catin /a ka'tiɳ/. Infatti, una geminata, anche se anetimologica, com'è negl'italianismi, può "manifestarsi" (cioè essere pronunciata) solamente in posizione immediatamente postaccentuale. Quindi, /a 'katte/, ma /a ka'tiɳ/.
** Gli "studiosi" locali non riescono proprio a rendersi conto di quanto diverse siano, ad es., le voci gatte /'gatte/ = gatte e fratte /'fratte/ = frate - pur, evidentemente, foneticamente equivalenti. La prima rappresenta la conservazione della geminazione etimologica originaria - possibile esclusivamente in posizione immediatamente postaccentuale -. Quindi, indubitabilmente, voce di derivazione diretta. La seconda, in quanto italianismo, risulta caratterizzata da una "regolare" - in genovese - geminazione anetimologica. La controprova è rappresentata dal fatto che - se si fosse trattato di "derivazione diretta" - si sarebbe avuto l'esito fræ/'frɛ:/ - "regolarissimo" per voci di tradizione diretta - e riservato, in genovese, soltanto a fratello.
*** /'fra:tre/ > /'fra:dre/ > /'fra:δre/ > /'fra:re/ > /'fra:ŕe/ > /'fra:e/ > /'frɛ:/.
**** /'fra:te/ (ital.) > /'fratte/: in questo caso, la derivazione della voce dialettale non è dal latino, ma direttamente dalla lingua italiana.