Colla e con la

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Fausto Raso
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Colla e con la

Intervento di Fausto Raso »


Ho letto nel "Dizionario degli errori" edito dai Fratelli Melita Editori, quanto segue
Evitare le preposizioni articolate colla, colle, cogli ed usare con la, con le, con gli; evitare l'uso del partitivo preceduto da 'con'. Es.: 'Con del pane', è errato.
Sull'uso del partitivo preceduto da 'con' sono d'accordo; sul resto mi sembra una "forzatura linguistica". Che cosa ne pensate?
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Quei dizionari degli errori son fatti spesso da persone che non hanno le idee ben chiare... ;) Le forme articolate della preposizione con, quantunque oggi poco comuni, sono corrette. E non è neanche vero che sia sbagliato usare il partitivo preceduto da con: tutto sta nella misura. :)

Scrive Luca Serianni (IV § 62):
I puristi ottocenteschi criticavano spesso frasi come «con (a, per) degli amici», tacciandole di francesismo. In verità, il costrutto ha numerosi esempi classici ([...] «a degli altri» [Bembo], «con de’ begli olmi» [Manzoni]); e va evitato, semmai, per ragioni di chiarezza o di eufonia.
Il Fornaciari, giustamente, dice che l’articolo partitivo non si deve usare dopo da e di, mentre si può usare con a/con/per, «benché sia raro ne’ buoni scrittori».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto: Scrive Luca Serianni (IV § 62):
I puristi ottocenteschi criticavano spesso frasi come «con (a, per) degli amici», tacciandole di francesismo. In verità, il costrutto ha numerosi esempi classici ([...] «a degli altri» [Bembo], «con de’ begli olmi» [Manzoni]); e va evitato, semmai, per ragioni di chiarezza o di eufonia.
Il Fornaciari, giustamente, dice che l’articolo partitivo non si deve usare dopo da e di, mentre si può usare con a/con/per, «benché sia raro ne’ buoni scrittori».
Le grammatiche sono tutte autorevoli e affidabili? Scrivono Caramello e Salasso in "Sentire, Capire, Esprimere", grammatica italiana per la scuola media, ed. Paravia :
Dopo con non si deve mai usare l'articolo partitivo. Forma errata: Vado con dei miei compagni. Forma corretta: Vado con alcuni miei compagni.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Fausto Raso ha scritto:Le grammatiche sono tutte autorevoli e affidabili?
Vuole mettere a paro una grammaticuccia per le scuole medie col testo di Serianni? :shock: :D

La lascerei meditare su questo: secondo quali criteri si stabilisce la norma grammaticale? E secondo quali criteri la grammatica da lei citata condanna senz’appello la struttura in oggetto?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto: Vuole mettere a paro una grammaticuccia per le scuole medie col testo di Serianni? :shock: :D
No, certamente. Volevo solo mettere in evidenza l'affidabilità delle grammatiche che "circolano" nelle scuole. Trattandosi di libri di testo non dovrebbero essere sottoposti al vaglio di una commissione "ad hoc"?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Fausto Raso ha scritto:Trattandosi di libri di testo non dovrebbero essere sottoposti al vaglio di una commissione "ad hoc"?
Certamente. E in fondo ce ne sono troppe di queste grammatiche scolastiche da due soldi che si tramandano regole mai esistite, parto della mente malata di qualche illuminato. Non capisco quest’inane fiorire di nuove grammatiche quando ci sono ottimi testi composti da persone competentissime: Parola e comunicazione, di Maria Luisa Altieri Biagi; Gente e parole, del mio stesso professore, G. A. Papini; La norma e l’uso, di G. R. Aira e F. Piazzi; e la stessa grammatica di Dardano e Trifone sarebbe adatta alla scuola, poiché contiene esercizi di verifica alla fine d’ogni capitolo.

Tornando al merito di questo filone, nella succitata La norma e l’uso si legge, a pagina 235 (grassetto mio):
Se il partitivo è preceduto da altre preposizioni, è bene eliminarlo.
Tra «è bene far cosí» e «quest’uso è errato» ce ne corre... ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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umanista89
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Intervento di umanista89 »

Dal momento che «colla» nel significato di «con la» è forma oramai desueta (rimasi a dir poco stranito quando la trovai, per la prima volta, in Calvino), ritenete opportuno scriverla segnando l'accento tonico (che, se dalle mie parti non pronunciamo male, è «cólla»)?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non mi pare cosí desueta, se ne trovano molti esempi novecenteschi.

Riguardo al segnare l’accento, personalmente ritengo che sia un’inutile complicazione, poiché è davvero difficile che sorgano ambiguità, anche in una frase come Riparalo colla colla.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Non mi pare cosí desueta, se ne trovano molti esempi novecenteschi.
Sí, non è desueta, però è preferibile la forma separata: con la. Vincenzo Ceppellini, nel suo 'Dizionario Grammaticale", scrive
Colla: preposizione articolata formata dalla preposizione semplice con e dall'articolo la. Si preferisce la forma separata: con la. Anche al plurale: con le, piú usato di colle.
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Intervento di Infarinato »

Fausto Raso ha scritto:
Marco1971 ha scritto:Non mi pare cosí desueta, se ne trovano molti esempi novecenteschi.
Sí, non è desueta, però è preferibile la forma separata: con la.
«Preferibile» in base a che?… Diciamo semplicemente che oggi la forma univerbata è rara [nello scritto].
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: Diciamo semplicemente che oggi la forma univerbata è rara [nello scritto].
O, altrettanto semplicemente, che oggi si preferisce, nello scritto, la forma separata.
Che è poi quello che voleva dire Fausto...
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di umanista89 »

Proprio in virtú del fatto che oggi è usata raramente, mi sembrava utile (soprattutto per chi legge) segnare l'accento tonico.
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Federico
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Intervento di Federico »

L'accento tonico può servire solo se si è interessanti a prevenire eventuali critiche di sprovveduti, nel senso che ribadisce che si tratta di una scelta deliberata.

A mio parere le forme articolate di con rendono le frasi molto piú fluide (vale lo stesso per nol), mentre per è un'altra questione – e questo spiega giustifica la decisamente maggiore rarità di pel ecc. –, e le forme composte tra (trallo ecc.) sono solo univerbazioni, tranne tra' che è piú utile e infatti è ancora usato.

In conclusione, personalmente uso tutte le articolate di con, nol e tra'.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto: Diciamo semplicemente che oggi la forma univerbata è rara [nello scritto].
O, altrettanto semplicemente, che oggi si preferisce, nello scritto, la forma separata.
Che è poi quello che voleva dire Fausto...
Non per polemizzare a tutt’i costi, ma c’è una bella differenza tra il neutro «oggi si preferisce» ed «è preferibile», che implica un giudizio di merito… Al piú, si potrà dire che [oggi] è «consigliabile» [a tutti coloro che desiderino (o debbano :roll:) «passare inosservati»].
umanista89 ha scritto:Proprio in virtú del fatto che oggi è usata raramente, mi sembrava utile (soprattutto per chi legge) segnare l'accento tonico.
Tre obbiezioni (sí, con due b, che è «piú italiano» ;)):
  1. la prima è quella che faceva anche Marco, e che vale quasi sempre: il contesto è generalmente piú che sufficiente.
  2. È ben vero che l’accento [grafico, facoltativo] andrebbe segnato sull’omografo piú raro, ma non è sempre facile stabilire quale di due parole sia effettivamente la «piú rara». Dovremo forse porre l’accento su pèsca (frutto) e non su pésca (attività) perché [stando al GRADIT] quest’ultimo è un vocabolo di «alto uso», mentre il primo è solo di «alta disponibilità» (si veda qui per le definizioni)?… E dovremo forse consultare un’opera di questo tipo ogni volta che intendiamo segnare un accento facoltativo? O non sarà anche qui il contesto a condizionare in qualche modo la nostra scelta, suggerendoci magari di accentare l’occasionale pésca invece del frequentissimo pèsca in un trattato di orticoltura?
    E che dire della frequenza (in pressoché ogni contesto) di due preposizioni articolate quali cólla e cólle rispetto a còlla, còlle? È vero che normalmente oggi si scrive con la, con le, ma, se io, come autore, uso costantemente le forme univerbate, superata l’[eventuale] incertezza iniziale, il mio lettore non troverà alcun giovamento nella pedantesca indicazione di quell’accento.

    [È interessante notare che in tutti i tentativi a me noti di «completa sistematizzazione» dell’ortografia italiana (si veda, e.g., questo mio vecchio intervento), tra accento acuto e accento grave, si segna, ceteris paribus, sempre quello grave —immagino— per ragioni di economicità.]
  3. C’è infine una terza ragione d’ordine fonetico, che rende poco opportuno segnare l’accento su cólla, cólle: in quanto preposizioni [articolate], esse sono proclitiche e, quindi, se non usate metalinguisticamente e in mancanza d’un’enfasi ad hoc, sono prive d’accento o recano al piú un accento secondario, mentre le forme omografe del sostantivo recheranno di norma un accento primario o secondario, per cui, se proprio si vuol segnare l’accento grafico, sarebbe piú opportuno segnarlo su queste.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto: Diciamo semplicemente che oggi la forma univerbata è rara [nello scritto].
O, altrettanto semplicemente, che oggi si preferisce, nello scritto, la forma separata.
Che è poi quello che voleva dire Fausto...
Non per polemizzare a tutt’i costi, ma c’è una bella differenza tra il neutro «oggi si preferisce» ed «è preferibile», che implica un giudizio di merito… Al piú, si potrà dire che [oggi] è «consigliabile» [a tutti coloro che desiderino (o debbano :roll:) «passare inosservati»].
Certo, c'è una differenza, ma "il merito" può anche essere semplicemente quello da lei esplicitato. Del resto la citazione riportata da Fausto in appoggio alle sue parole, spinge a considerare la sua come una posizione abbastanza "morbida".
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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