«ALIQUOT», l'Atlante della Lingua Italiana QUOTidiana

Spazio di discussione su questioni di dialettologia italiana e italoromanza

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Millermann
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«ALIQUOT», l'Atlante della Lingua Italiana QUOTidiana

Intervento di Millermann »

Al confine tra italiano regionale e dialetto si situa un linguaggio ibrido, che comprende regionalismi e dialettismi, con termini che possono variare notevolmente dal punto di vista diatopico.

Il progetto ALIQUOT (Atlante della Lingua Italiana QUOTidiana), dell'università di Berlino, si occupa proprio di quest'aspetto: «Lo scopo di Aliquot è quello di pubblicare carte geografiche linguistiche che rappresentino tutte quelle varianti regionali morfosintattiche e del lessico, i cosiddetti geosinonimi, che arricchiscono la lingua italiana.»

Per chi non lo conoscesse, il progetto è nato nel 2012 presso il dipartimento di romanistica della Humboldt Universität di Berlino, ed è curato da Michele Castellarin e Fabio Tosques, collaboratori al noto progetto Vivaldi (già citato in questa piazza).

Da allora sono state completate cinque "inchieste" (la sesta risulta tuttora in corso, benché il progetto appaia ormai abbandonato da un po'... :?), ciascuna relativa a una quindicina di termini o espressioni di uso molto comune.

Per ognuna di tali espressioni è attualmente possibile visualizzare una cartina interattiva che mostra (tramite simboli di geolocalizzazione di diverso colore) una panoramica delle risposte ricevute. Conti alla mano, per ora ci sono poco piú di settanta cartine... impossibile resistere alla tentazione di visualizzarne qualcuna! :P

Eccone, allora, una piccola selezione, comprendente alcuni dei vocaboli di cui s'è discusso in passato su queste pagine: :D
anguria
immondizia
gomma da masticare
melone
arachidi
mestolo
sedano
terrina
chiocciola
pèsca

È un peccato che le possibili scelte siano preimpostate (e spesso insufficienti), e che solo in alcuni casi si possa davvero parlare di «geosinonimi», mentre gli altri sono semplicemente gli equivalenti dialettali dei termini in questione.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Io ho provato a partecipare ma alcune delle inchieste erano già chiuse. Ho mandato un messaggio di posta ai curatori ma non mi è stato risposto. Per ogni parola ho dato la parola oggi più frequente e quella più in uso fino a poco tempo fa.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Per arachidi a Savona è riportata la forma pistacci, che non corrisponde ad un tipo "pistacchio" ma, al limite, a "pestaccio"; l'etimo è dal ligure pistà "pestare".
Largu de farina e strentu de brenu.
Ligure
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Intervento di Ligure »

Ma no, non è affatto così! Non si tratta di un etimo, ma di una paretimologia del tutto personale. La vera voce dialettale a Savona e a Genova per pistacchio sarebbe festeccu, ma non si usa più.

Venne adottato l'italianismo pistacciu - da pistacchio nel senso di arachide - semplicemente perché la fonologia e la fonetica dei dialetti di tipo genovese, e più in generale, ligure, non ammettono /-kkj-/. Al plurale pistacci, per analogia. Infatti, pistacchi sarebbe stato, invece, accettabile. Il dialetto prevede festecchi, sacchi ecc.

Non ci si può sempre dimenticare della fonologia specifica di un sistema linguistico, se pure di tipo dialettale…

Dall'italianismo nel dialetto – per ovviare a festeccu, troppo lontano dall'italiano – si passò all'uso locale, regionale anche parlando in "italiano".

Di altro non si tratta se non dell'uso di pistacchio anche per arachide.

La paretimologia da pestare risulta semplicemente ridicola. Inoltre, a Savona, come del resto anche a Genova - ma anche a Camogli e a Celle, località in cui Aliquot segnala la voce pistacci - si dice pestâ = pestare, non pistâ, ignoto in questi dialetti.

La voce pistâ, caratteristica del Ponente ligure, non arriva a Savona, dove si pronuncia ancora con /e/ come riporta ogni vocabolario e come si può ascoltare dalla viva voce dei vecchi.

I pistacchi - cioè le arachidi - vengono posti in bocca per il gusto di poterseli sgranocchiare.

Anche un bambino piccolo capirebbe che pestarli prima ci consegnerebbe una sorta di polvere del tutto priva di potenziali gratificazioni orali…

Indipendentemente dalla pronuncia, e parlando seriamente, pistacchio - o, regionalmente, "pistaccio" nel senso di arachide - possiede un'etimologia assolutamente semplice e banale, che chiunque può verificare su qualsiasi prontuario, la quale risale alla lingua greca.

Alla quale pare che la voce sia giunta per influssi orientali.

Non si può proprio credere che tra i molti lemmi che i vocabolari del greco riservano per i verbi corrispondenti a pestare si possa riscontrare pistâ né tanto meno πιστάω (pistào). :? :?

P.S.: la voce dialettale festeccu/festecchi deriva probabilmente dall'arabo, ma è, sostanzialmente, sempre la stessa parola. Un grecismo nell'arabo - per altro, possibile - o una voce condivisa dall'arabo con altre lingue orientali?

La parola agli esperti :wink:
Ultima modifica di Ligure in data mer, 25 apr 2018 16:27, modificato 1 volta in totale.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Gli arachidi qui si chiamano giapponi e non so perché. Da piccolo pensavo che ricordassero la forma dell’arcipelago. :wink:
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Millermann
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Intervento di Millermann »

Carnby ha scritto:Gli arachidi qui si chiamano giapponi...
E, per chi non ci credesse, ecco un esempio del prodotto confezionato da un'azienda delle sue parti. :D

(La marca, se ho ben capito, è una vostra espressione tipica. :mrgreen:)

P.S. si può usare l'articolo maschile con arachidi? Secondo i principali dizionari è femminile... :?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Millermann ha scritto:ecco un esempio del prodotto confezionato da un'azienda delle sue parti.
In realtà è una catena di supermercati che vende articoli (locali e non solo) con quel marchio.
Millermann ha scritto:La marca, se ho ben capito, è una vostra espressione tipica.
Espressione di stupore o intercalare tipicamente empolese-basso valdelsano, con qualche sconfinamento occidentale. Già a Montelupo Fiorentino si usa meno e gli si preferisce l’ugualmente volgare deunafia.
Millermann ha scritto:si può usare l'articolo maschile con arachidi? Secondo i principali dizionari è femminile...
Boh, probabilmente avevo in mente i giapponi e non ci ho pensato. Comunque sì, è solo femminile.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Carnby ha scritto:Gli arachidi qui si chiamano giapponi e non so perché. Da piccolo pensavo che ricordassero la forma dell’arcipelago. :wink:
Probabilmente perché provenivano da lontano.
Largu de farina e strentu de brenu.
Ligure
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Fonologia e fonetica

Intervento di Ligure »

A proposito dei pistacci /pi'staʧʧi/ riscontrati da Aliquot a Savona, Celle e Camogli in Liguria (anche a Camogli e a Celle, per altro, si pronuncia pestâ e non pistâ), una volta chiaritone l'etimo, come anche l'intuito e il buon senso suggeriscono, si possono ancora formulare due osservazioni:

1) ovviamente, non possono avere il valore di “pestacci”. Nelle località considerate da Aliquot, ma, più in generale, nei dialetti liguri “pestaccio” quale dispregiativo indicante un pesto, condimento locale, confezionato malamente, con scarsa competenza culinaria, verrebbe pronunciato pestassu /pe'stassu/<pestazzu /pe'ʃtaʦʦu/ - pronuncia, ormai, ampiamente minoritaria e caratteristica di varianti dialettali di tipo arcaico -. La voce pestacciu non risulta ammissibile nei sistemi linguistici dialettali liguri. Morfologicamente, se davvero si usasse, il plurale sarebbe pestasci /pe'staʃʃi/, ma certamente non "pestacci"!

2) pistacci /pi'staʧʧi/ quale italianismo risulta, come ho già scritto, del tutto regolare. Infatti, dall'italiano /(-)k(k)j-/ si passa regolarmente a /(-)ʧʧ-/ in voci, come pistacci, che non sono di derivazione diretta. Come pistacci, si hanno, ad es., i verbi ciacciarȃ /ˌʧaʧʧa'ra:/ = chiacchierare, dicciarâ /ˌdiʧʧa'ra:/ = dichiarare o recciamâ /ˌreʧʧa'ma:/ = richiamare ecc. La conservazione di -r-, giunta, invece, allo 0 (zero) fonico nelle voci di derivazione diretta, ci garantisce che si tratti di prestiti diretti dalla lingua italiana.
Ultima modifica di Ligure in data gio, 26 apr 2018 16:07, modificato 6 volte in totale.
Ligure
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Fonologia e fonetica

Intervento di Ligure »

Se il genovese avesse avuto una voce di derivazione diretta per dichiarare, derivato da declarare, essa altro non sarebbe stata che degiâ /de'ʤa:/. La relativa transizione evolutiva sarebbe stata la seguente: /ˌdeʤʤa'ra:re/>/ˌdeʤʤa'ŕa:ŕe/>/ˌdeʤʤa'ŕa:ŕ/>/ˌdeʤʤa'ŕa:/>/ˌdeʤʤa'a:/>/de'ʤa:/ in quanto la geminata può conservarsi soltanto se in posizione immediatamente postaccentuale (/-ŕ-/ indica pronuncia approssimante di /-r-/, attualmente giunta allo zero fonico). Ma tale voce non è mai esistita. Ritengo l'esempio sufficientemente chiaro e non penso occorra procedere con altri.

Quanto esposto relativamente a declarare si fonda sul fatto che l'esito genovese di /-kl-/ originario risulta essere /-ʤʤ-/. Infatti, da oclu(m) si ebbe öggiu /'øʤʤu/ = occhio. Esattamente come avvenne per /-pl-/: da duplu(m) si ebbe duggiu /'duʤʤu/ = doppio.

Ma da /-pj-/ originario non si ebbe /-ʤʤ-/, bensì /-ʧʧ-/ come, ad es., negli esiti genovesi di sapia(m), sapia(t) - io sappia, (lui/lei) sappia -, che sono, rispettivamente, sacce /'saʧʧe/e a/u sacce /'saʧʧe/. E, simmetricamente alla situazione di /-pl-/ e /-kl-/, così fu anche per /-pj-/ e /-k(k)j-/, da cui pistacci /pi'staʧʧi/, plurale di pistacciu /pi'staʧʧu/, anziché pistacchio/pistacchi. Esattamente come per dicciarâ /ˌdiʧʧa'ra:/ = dichiarare ecc. Come volevasi dimostrare.

A ulteriore conferma che anche l'analisi più rigorosamente scientifica di un sistema linguistico non può che confermare quanto l'intùito, il buon senso e il suono stesso della parola, ben poco diverso nella Liguria attuale dal suo etimo millenario (πιστάκιον /pi'stakion/), c'indicano con luminosa chiarezza.
Ligure
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Intervento di Ligure »

Ho dato per scontato negli ultimi messaggi il fatto che la voce pistacci /pi'staʧʧi/, plurale di pistacciu /pi'staʧʧu/, anziché pistacchio/pistacchi, risulta in uso (per quanto ciò non sia riportato nella relativa inchiesta di ALIQUOT) anche a Genova, ma forse è meglio affermarlo esplicitamente. Ovviamente, l'attendibilità di un'inchiesta linguistica dipende da molti fattori, ma fra i tanti, particolarmente in quelle che si prefiggono d'indagare aspetti dialettali o regionalistici, prevale la cosiddetta "desiderabilità sociale" dell'informatore. Anche per questo motivo risulta più facile riscontrare risposte "adeguate", in questo caso "noccioline americane", nei grandi agglomerati (tra l'altro, oggigiorno, caratterizzati anche da aspetti multietnici), in cui i termini locali o dialettali vengono sempre meno valorizzati e sempre più tralasciati anche da parte da chi ancora li conosce, mentre si possono ancora riscontrare risposte fondate su dati più "tradizionali" in centri minori.

Ciò detto, spero sia risultato chiaro quanto relativo ai termini definiti quali "italianismi".

Si tratta semplicemente di voci che non hanno subito una derivazione dialettale diretta dal latino tramite il protoromanzo eccetera, ma che, in un determinato periodo storico e per motivi tipicamente socio-linguistici, sono state assunte dalla lingua italiana. Spesso sostituendo e rendendo, così, obsoleto un termine dialettale di derivazione diretta.

Relativamente a queste voci dialettali, la forma "originaria" altro non sarebbe che la parola italiana a tutti noi nota. La quale, però, è andata soggetta alla "trasformazione" che il sistema linguistico del dialetto le ha "imposto" per poterla "accogliere".

Un solo esempio "contrastivo", contrassegnato, cioè, da una voce di derivazione diretta opposta a un "italianismo". Gli esempi sarebbero infiniti…

I participi in -ATU(M), in genovese, presentano l'esito /'-ɔu/: /'-a:to/>/'-a:du/>/'-a:δu/>/'-a:u/>/'-ɔu/: l'apofonia in /ɔ/ della prima vocale /a/ consente un timbro meno "lontano" rispetto a /u/. Quindi, pagou /pa'gɔu/ = pagato.
Ma, quando si fece ricorso al termine italiano "soldato" (certo, "originariamente" caratterizzato dalla morfologia del part. pass. dato che i militari venivano "assoldati"), la lenizione di /-t-/ ne aveva già determinato la riduzione allo zero fonico e /-t-/ non esisteva più nel sistema linguistico locale, mentre la geminata /-tt-/ non era mai stata lenita e risultava, quindi, ancora completamente "disponibile".

Esattamente come, ad es., nella voce tuttora invariata gattu /'gattu/ = gatto, mai andata soggetta a lenizione.
Perciò, si pronunciò (come tuttora si dice) surdattu /ˌsu:r'dattu/ = soldato. Semplicemente perché /-t-/ non risultava più ammissibile.

Quindi, a "forme" linguistiche originariamente identiche corrispondono attualmente nella pronuncia del dialetto esiti ben diversi in dipendenza delle modalità (direttamente dal latino o dalla lingua italiana) e dell'epoca in cui esse fecero la loro comparsa nel sistema linguistico locale.

E la struttura del tutto "regolare" di pagou /pa'gɔu/ si oppone a quella altrettanto "regolare", ma diversa di surdattu /ˌsu:r'dattu/.

Non si tratta di "eccezioni" o di "irregolarità", ma semplicemente di processi diversi, che hanno operato in epoche diverse su dati di partenza appartenenti a sistemi linguistici diversi…
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