Ma ha suggerito a Serianni che dovrebbe convincere il centro traduzioni della Microsoft che si trova, insieme con le loro altre attività europee, in Irlanda, dove lavorano per la Microsoft centinaia di traduttori e dove vengono prodotti i glossari Windows che, liberamente disponibili sul sito ftp Microsoft, vengono scaricati e utilizzati da migliaia e migliaia di traduttori nel mondo?Marco1971 ha scritto:Benvenuto, cantogrg! Sono felice di accoglierla in queste stanze.
E mi fa piacere che anche lei sia convinto della necessità di tradurre i termini informatici. Pensi che ho scritto recentemente a Luca Serianni con la stessa sua idea (per i termini informatici), cioè quella di convincere chi traduce Windows a cambiare terminologia, di modo che la forza dell’abitudine si eserciti nel senso giusto.
Termini informatici
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E solo ora me lo dice? A ogni modo, la risposta di Luca Serianni è positiva, e mi muoverò secondo i suoi suggerimenti. Trattandosi di lettera privata, non ne disvelo in alcun modo il contenuto.
Basti sapere che ritiene «fondate e condivisibili» le mie considerazioni.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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E quali sarebbero queste considerazioni?Marco1971 ha scritto:E solo ora me lo dice? A ogni modo, la risposta di Luca Serianni è positiva, e mi muoverò secondo i suoi suggerimenti. Trattandosi di lettera privata, non ne disvelo in alcun modo il contenuto.Basti sapere che ritiene «fondate e condivisibili» le mie considerazioni.
Quelle esposte nel mio articoletto in risposta a un articolo dell’Altieri Biagi, che avevo allegato alla mia lettera (credo si riferisse a quello in particolare), e quanto avevo scritto a Ornella Castellani Pollidori (anche questo allegato, anche se già ne conosceva il contenuto).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ricordo di avere letto il suo articoletto sul blog di Binelli, non ricordo di avere mai letto una sua lettera aperta alla Castellani Pollidori. Forse potrebbe metterli entrambi ad apertura di un nuovo filone.Marco1971 ha scritto:Quelle esposte nel mio articoletto in risposta a un articolo dell’Altieri Biagi, che avevo allegato alla mia lettera (credo si riferisse a quello in particolare), e quanto avevo scritto a Ornella Castellani Pollidori (anche questo allegato, anche se già ne conosceva il contenuto).
Infatti, come lei saprà, c’è una differenza tra una lettera aperta e una lettera personale. Ragion per cui non la metterò in alcun luogo (né in alcun bloggo).Freelancer ha scritto:Ricordo di avere letto il suo articoletto sul blog di Binelli, non ricordo di avere mai letto una sua lettera aperta alla Castellani Pollidori. Forse potrebbe metterli entrambi ad apertura di un nuovo filone.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Se me lo dice in italiano.Freelancer ha scritto:Potrebbe dare il link all'articoletto che aveva scritto sul blog di Binelli? Volevo rileggerlo, ma non riesco a trovarlo. Grazie in anticipo.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Mi aspettavo un commento di questo genere. Lei sa, penso, che l'italiano ha fatto con link quello che ha fatto con film e altri forestierismi: ha creato il verbo. Si faccia un giro in rete per rendersene conto: linkare significa (anche) creare un link. È un verbo italiano che ha come base un forestierismo che si è ormai integrato. Accetti la realtà. Dica pure collegamento se vuole, ma non pretenda che tutti la seguano. E non mia dia il link se non vuole che rilegga l'articoletto. Prima o poi lo trovo oppure mi dimentico che avevo voglia di rileggerlo.Marco1971 ha scritto:Se me lo dice in italiano.Freelancer ha scritto:Potrebbe dare il link all'articoletto che aveva scritto sul blog di Binelli? Volevo rileggerlo, ma non riesco a trovarlo. Grazie in anticipo.
Non lo rilegga. Sarà meglio per i suoi sonni tranquilli. E in ogni caso collegamento è il termine ufficiale in italiano. Ma lei parli come vuole, non mi scandalizzo piú di nulla.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Benvenuto cantogrg! Trovo le sue proposte condivisibili.cantogrg ha scritto:Un saluto a tutti, sono un ragazzo di 24 anni, laureato alla Facoltà di Lettere di Milano. Ho scoperto con piacere questo forum e ho iniziato a leggere i "filoni" più interessanti.
Tornando sui termini "hardware" e "software" di cui si parlava nei primi interventi, nel forum di una distribuzione Linux a cui collaboro, ho proposto come alternativa italiana le parole "Fisicale" e "Logicale", sul modello francese.
Potete vedere il risultato qui: http://www.foxlinux.org/modules/newbb/
Concludo con una mia personale opinione sulla traduzione dei forestierismi informatici. Per alcuni termini, temo ahimé che sarà ben difficile scalzare il termine inglese ormai consolidato nell'uso (come per hardware-software, file, ecc..). In altri casi invece esiste già un termine italiano usato e allora è il caso di incoraggiarne l'uso (es. disco fisso, salvaschermo...)
E a mio parere il modo migliore di spingere la diffusione di un termine tradotto è quello di fare in modo che venga tradotto in Windows, il sistema operativo ad oggi più diffuso. Avete contatti con aziende che si occupano di traduzione di programmi e di documentazione o avete in progetto di contattarne?
Un ringraziamento anticipato. A presto,
Giorgio
Un grazie a Marco per il suo lavoro di “divulgazione”.
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Io trovo fondata e condivisibile la risposta che Francesco Sabatini ha dato alla domanda postagli da Binelli nell'intervista di cui sappiamo e riportata nel suo blog ("C’è però la questione delle parole terminanti in consonante, che rischiano di compromettere la struttura fonetica dell’italiano…")Marco1971 ha scritto:E solo ora me lo dice? A ogni modo, la risposta di Luca Serianni è positiva, e mi muoverò secondo i suoi suggerimenti. Trattandosi di lettera privata, non ne disvelo in alcun modo il contenuto.Basti sapere che ritiene «fondate e condivisibili» le mie considerazioni.
Francesco Sabatini ha scritto:«I “Cruscanti” combattono il fenomeno della terminazione in consonante, perché l’italiano ha parole che terminano solo in “n”, “r”, “l” eccetera, ma non “t”, “p”, “s”... Anche qui c’è da non esagerare. Prima di tutto abbiamo tante sigle, come Fiat o Inps che non possiamo mica pronunciare in un altro modo! Le sigle, nelle lingua moderne, sono parole a tutti gli effetti. Ricordo il carissimo e compiantissimo mio maestro Arrigo Castellani che a questo badava particolarmente, ma oltre alle sigle ci sono cognomi che terminano in consonante, quindi che facciamo? Non dobbiamo abituarci a pronunciare i cognomi di cittadini italianissimi? La terminazione in consonante, tra l’altro, è entrata nell’italiano attraverso i latinismi. Allora non possiamo piú dire rebus e dobbiamo dire rebusse, oppure dobbiamo evitare anche i latinismi? Ma siccome nella civiltà moderna l’immagine scritta delle parole conta almeno quanto quella fonica, e rebus non possiamo trasformarlo, in rebusse, si presuppone almeno un po’ di conoscenza del latino, per avere familiarità con parole come rebus, corpus, referendum. Dovremmo forse dire referendumme? Terminazioni in consonante, a mio modo di vedere, non costituiscono un problema, perché sigle, cognomi e latinismi ci impongono di imparare questa regola. Dal punto di vista morfologico, basta acquisire la regola che queste parole sono invariabili: lo sport, gli sport; il film, i film, tanto piú che questi due termini hanno molti decenni alle spalle e hanno generato verbi e aggettivi. Che diciamo, pellicolizzare?, pellicolistico? Questi sono i limiti alla ricerca dell’omogeneità assoluta, che poi sarebbe il purismo».
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