«Fine settimana»
Moderatore: Cruscanti
«Fine settimana»
Mi pare di ricordare che in passato, forse per dimostrare i pregi di intredima, o al contrario per difendere l'uso di week-end, si fosse criticato come illogico il considerare fine settimana maschile.
Questa settimana ho trovato due esempi contrastanti: nella traduzione del libro di George Orwell La figlia del reverendo (1968) – una traduzione non priva di preziosismi – ho incontrato un la fine settimana, e nel già citato La giustizia in galera? di Gozzini mi sono imbattuto in un il fine pena.
Ora, c'è una differenza di almeno trent'anni fra i due scritti: la traduttrice era isolata già allora, o è mutata la percezione di queste brachilogie (perché è evidente che diremmo invece la fine della pena o anche la fine di pena, se si potesse, e lo stesso con settimana)?
Questa settimana ho trovato due esempi contrastanti: nella traduzione del libro di George Orwell La figlia del reverendo (1968) – una traduzione non priva di preziosismi – ho incontrato un la fine settimana, e nel già citato La giustizia in galera? di Gozzini mi sono imbattuto in un il fine pena.
Ora, c'è una differenza di almeno trent'anni fra i due scritti: la traduttrice era isolata già allora, o è mutata la percezione di queste brachilogie (perché è evidente che diremmo invece la fine della pena o anche la fine di pena, se si potesse, e lo stesso con settimana)?
Infatti, anche se prevale il maschile, non è raro il femminile. Il maschile si giustificherebbe sottintendeno periodo: il [periodo della] fine [della] settimana. Comunque, per impopolare e sconosciuto che sia, preferisco l’agile intrèdima (femminile). 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
A questo proposito, mi ricordo della discussione in Quebec sul nostro anglicismo francese “week-end” poco usato in Quebec dove preferiscono usare “fin de semaine”. Certi puristi, che cercavano di dimostrare che solo il francese usato in Francia era corretto, avevano descritto “fin de semaine” come un “errore” per parlare del sabato e della domenica: secondo loro “fin de semaine” voleva dire la fine della settimana (lavorativa) (e non il “fine settimana” come "week-end") e quindi il venerdì…
pile ou face?
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- Località: Finlandia
No, avanzo solo dei dubbi. L'ellissi è sempre una spiegazione rischiosa, mi pare.Marco1971 ha scritto:Facciamo d’ogni erba un fascio?
Può darsi, però essendo linguaggio tecnico-burocratico (l'espressione fa riferimento alla riga della cartella personale del detenuto in cui è scritto «Fine pena: mai» ecc.) mi sembrerebbe piú probabile il contrario.methao_donor ha scritto:Forse semplicemente il fine pena si è diffuso per simiglianza con fine settimana?
Bisogna anche ricordare che il linguaggio amministrativo e burocratico è spesso arcaizzante. A proposito di fine scrive Luca Serianni nella sua grammatica (III, § 41a):
Nell’italiano antico e nel linguaggio poetico tradizionale il fine e la fine potevano alternarsi nel senso di ‘momento’, ‘punto terminale’ (ancor oggi fine è maschile nella locuzione cristallizzata il lieto fine.) Si vedano due esempi col maschile: «Il fine omai di quel piovoso inverno, / che fea l’arme cessar, lunge non era» Tasso; «E quando [...] sarà giunto il fine / della sventura mia» Leopardi, Le ricordanze, 95-97.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03
Questa doppia possibilità per il genere di fine in italiano risale al latino finis, che ammetteva entrambi generi. È interessante notare che alcune lingue romanze hanno "scelto" il maschile (port. o fim, sp. el fin) o il femminile (cat. la fi, fr. la fin). Solo l'italiano ha specializzato ambo i generi per svolgere funzioni semantiche diverse e a quello che pare, questa distinzione non rimonta alle origini della lingua.
Basta vedere le polirematiche del GRADIT. Sono maschili fine corsa e fine mese; di femminile c’è solo fine stagione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ho visto che c'è un articolo nel sito Treccani.
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