Chiedo scusa a Freelancer: ieri sera avevo letto solo la parte ‘grattacielo’ della voce ‘grattare’ del DELI, trascurando di leggere la trattazione in fin di voce.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
bubu7 ha scritto:O lei pensa che un fruttivendolo, per descrivere una rievocazione, usi l'anglicismo? Userà, probabilmente, una locuzione.
Nella mia migliore tradizione, intrudo con un aneddoto (tanto la giuliatonelli e` oltreoceano).
Diverse settimane fa al quiz "Il milionario" un concorrente ultrasessantenne ricorreva all'aiuto da casa telefonando alla figlia (la telefonata dura 30 secondi). Voleva sapere a quale parte del corpo di un uccello ci si riferisce parlando di ranfoteca.
"Cerca Ranfoteca!"
"Cerco..?"
"Ranfoteca!"
Silenzio.
"RANFO - TECA!"
Silenzio.
"RANF..."
"Fai lo spelling!"
"Eeh?!?" Click. Fine dei 30 secondi e della telefonata.
Commento di Gerry Scotti: "Ha detto qualcosa a proposito di uccelli!"
Mi trovo d'accordo con Freelancer: non si può paragonare grattacielo a retrolampo, e sicuramente volendo usare parole italiane risulta piú naturale una perifrasi del genere di quella suggerita. È vero anche che flashback non è adottato per condivisione della metafora ma solo per una certa passività.
Tuttavia, è difficile dire che si tratti di una metafora estranea alla nostra lingua o comunque alla nostra percezione; prima di tutto, perché mi sembra un fenomeno mentale universale, e inoltre perché abbiamo ad esempio lampo di genio, perciò usare lampo per indicare un'idea improvvisa non è tanto strano; facilissimo pensare che questa idea improvvisa sia un'immagine; non particolarmente strana una frase come «ho avuto un lampo di quell'estate di trent'anni fa...»: la stranezza di retrolampo deriva semmai dalla solita questione delle parole composte. Col che concluderei che si può dire semplicemente lampo, aggiungendo semmai qualche specificazione, ma retrolampo non è affatto da rifiutare in partenza.
Invece aggiungo una riflessioncina: non si può dire nemmeno che in italiano sia piú naturale una perifrasi in assoluto, perché se cosí fosse questa come minimo si alternerebbe al prestito, nell'uso di una persona, mi pare: capisco la passività, ma il parlante italiano è passivo nel senso che non si sforza di trovare soluzioni proprie per le proprie necessità (vere o presunte), non nel senso che si adegua alle necessità altrui – o meglio, esistono entrambe le componenti –; questo per dire che forse chi usa flashback lo fa anche perché in qualche misura vuole rendere il concetto con una parola invece che con una perifrasi, e che se questo atteggiamento non è da incoraggiare non è nemmeno da respingere come alieno alla mentalità degli italiani e della lingua italiana, accettando contemporanemante che tale tendenza si manifesti nell'adozione di una certa quantità di prestiti col concedere a questi una specie di extraterritorialità, sulla base del ragionamento che finché restano tali non influenzano e non contaminano piú di tanto la purezza della lingua.
questo per dire che forse chi usa flashback lo fa anche perché in qualche misura vuole rendere il concetto con una parola invece che con una perifrasi, e che se questo atteggiamento non è da incoraggiare non è nemmeno da respingere come alieno alla mentalità degli italiani e della lingua italiana
Esattamente quel che cercavo di dire io stesso.
Le considerazioni di Federico mi hanno fatto pensare a una cosa però: potrebbe andare bene, dunque, ricordo lampo? Che ve ne pare?
Ma per me potrebbe andar bene anche solo lampo.
È già lemmatizzato in un significato simile: "3 s.m. AU fig., manifestazione rapida e fugace di un sentimento, di un’emozione: un l. d’odio attraversò i suoi occhi, scorgo un l. di gioia sul tuo viso" (dal De Mauro).
Ma lampo da solo non esprime il riandare il passato. Ricordo lampo mi sembra perfetto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Federico ha scritto: Si può trovare qualcosa di simile per déjà vu, la cui traduzione mi mette sempre in imbarazzo?
Cosa c’è d’imbarazzante? Si dica già visto o già veduto (e, perché no, anche univerbati giavvisto/giavveduto).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.