Infatti, nessuno ha replicato all'osservazione per cui troverei ridicolo chi oggi volesse contestare l'«italianità» di verbi come "eliminare" o "controllare", oppure sostituire "intervista" con "abboccamento", come pure si poteva leggere in repertori "puristici" di solo un trentennio fa. L'unica cosa che si potrebbe dire, a parziale discarico del Gabrielli, è che certe osservazioni del suo Dizionario dello stile corretto, datato 1976, risalgono in realtà al suo Dizionario linguistico moderno del 1956 e sono state riprodotte tali e quali anche un ventennio dopo, mentre in altri repertori a cura dello stesso autore, compreso il Dizionario della lingua italiana in due volumi, non compaiono più codeste posizioni "estreme".bubu7 ha scritto:Non mi sembra che ci sia molto da polemizzare caro Teo.Teo ha scritto: Mi aspetto un po' di polemiche...
Marco ha risposto benissimo sia prima (negando l'errore e aggiungendo un "semmai" a mitigare il senso del periodo successivo) sia nel suo ultimo intervento.
Aggiungerei solo che alla discutibilità di certe scelte moderne, discutibili soprattutto per la loro inconsapevolezza, si somma la discutibilità di certe posizioni puristiche, come lei stesso ha più sopra rilevato.
Un articolo di G.L. Beccaria
Moderatore: Cruscanti
Ultima modifica di Teo in data sab, 25 ago 2007 23:12, modificato 1 volta in totale.
Teo Orlando
Mi sembra di aver replicato dichiarandomi in perfetto accordo...Teo ha scritto:Infatti, nessuno ha replicato all'osservazione per cui troverei ridicolo chi oggi volesse contestare l'"italianità" di verbi come "eliminare" o "controllare"...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Inserisco qui, perché le mie ricerche non mi hanno fatto approdare a un filone ad hoc, quel che zampillato m’è dai precordi:
Meraviglioso: nel libro di Luca Serianni che sto leggendo (La lingua poetica italiana, Roma, Carocci, 2009) si trova anche la forma tradizionale aver che fare senza l’inutile a, a proposito della quale diceva Ornella Castellani Pollidori che ancora sopravvive presso persone di cultura e di fine gusto. Che bella prosa, quella di Luca Serianni!
Quanto a quelli che abbiamo definito «tratti artificiali», s’ha che fare con hapax di singoli poeti (o condivisi da un paio di sodali), perlopiú ricavati disinvoltamente secondo meccanismi analogici.
Meraviglioso: nel libro di Luca Serianni che sto leggendo (La lingua poetica italiana, Roma, Carocci, 2009) si trova anche la forma tradizionale aver che fare senza l’inutile a, a proposito della quale diceva Ornella Castellani Pollidori che ancora sopravvive presso persone di cultura e di fine gusto. Che bella prosa, quella di Luca Serianni!

Quanto a quelli che abbiamo definito «tratti artificiali», s’ha che fare con hapax di singoli poeti (o condivisi da un paio di sodali), perlopiú ricavati disinvoltamente secondo meccanismi analogici.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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