[SCN] Dittongazione maschile in ibleo
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[SCN] Dittongazione maschile in ibleo
Il fenomeno osservato che intendo riproporre presenta probabilmente una particolare eccezione all'interno delle famiglie italoromanze: la dittongazione maschile. Mi incuriosirebbe il processo che ha portato a tale differenziazione, che, nonostante ci conviva, trovo ancora alquanto assurda.
Il riscontro è ovviamente negli aggettivi e nei sostantivi con corrispondente femminile, dove v'è possibilità di notare la scomparsa del dittongo, presente solamente nel genere maschile (il che permette inoltre di distinguere i plurali, non possibile in tutti i dialetti dell'Isola): viecciu/veccia (vecchio); lientu/lenta (lento); buonu/bona (buono); picciuottu/picciotta (ragazzo); cuottu/cotta (cotto); nuovu/nova (nuovo); muottu/motta (morto) [si noti anche ła motti (la morte)]; nei possessivi nuostru/nostra (nostro) e vuostru/vostra (vostro); ed è visibile anche nei sostantivi vicini etimologicamente: łu puottu (il porto), ma ła potta (la porta).
Interessante notare che lo stesso avviene con i plurali in -a: łu truonu/łi trona (il tuono, i tuoni) ; łu castieddu/łi castedda (il castello, i castelli), eccetera.
Mi chiedo se questo fenomeno sia limitato a Modica (e ai comuni limitrofi) o se sia ben piú ampio... e quali siano le radici di tale processo di differenziazione. Ringrazio anticipatamente chiunque possa darmi maggiori informazioni al riguardo.
Il riscontro è ovviamente negli aggettivi e nei sostantivi con corrispondente femminile, dove v'è possibilità di notare la scomparsa del dittongo, presente solamente nel genere maschile (il che permette inoltre di distinguere i plurali, non possibile in tutti i dialetti dell'Isola): viecciu/veccia (vecchio); lientu/lenta (lento); buonu/bona (buono); picciuottu/picciotta (ragazzo); cuottu/cotta (cotto); nuovu/nova (nuovo); muottu/motta (morto) [si noti anche ła motti (la morte)]; nei possessivi nuostru/nostra (nostro) e vuostru/vostra (vostro); ed è visibile anche nei sostantivi vicini etimologicamente: łu puottu (il porto), ma ła potta (la porta).
Interessante notare che lo stesso avviene con i plurali in -a: łu truonu/łi trona (il tuono, i tuoni) ; łu castieddu/łi castedda (il castello, i castelli), eccetera.
Mi chiedo se questo fenomeno sia limitato a Modica (e ai comuni limitrofi) o se sia ben piú ampio... e quali siano le radici di tale processo di differenziazione. Ringrazio anticipatamente chiunque possa darmi maggiori informazioni al riguardo.
Re: [SCN] Dittongazione maschile in ibleo
In genere queste differenze sono legate a fenomeni di metafonesi.Decimo ha scritto: Mi chiedo [...] quali siano le radici di tale processo di differenziazione. Ringrazio anticipatamente chiunque possa darmi maggiori informazioni al riguardo.
Nel caso specifico dei particolari esiti a cui si riferisce non posso darle una risposta su due piedi. Dovrei riguardarmi qualche grammatica storica come quella del Rohlfs.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Il fenomeno e` descritto - se non vado errato - nel Devoto ("Il Linguaggio d'Italia"). E` senz'altro dovuto a metafonesi (la "u" della desinenza, quando questa comincia a divenire meno percepibile, arretra trasferendosi a una sillaba precedente, in modo da preservare la distinzione ad esempio di genere), e non e` limitato al siciliano. Gli esempi che ricordavo io si riferivano al napoletano (buono/bona).
Ma attendiamo lumi infarinati!
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- u merlu rucà
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Come già fatto rilevare, si tratta di metafonesi, che è un tipo di assimilazione a distanza tra vocali, cioè anticipazione nella vocale tonica dei caratteri della vocale atona seguente. La metafonesi (o metafonìa) è presente nelle parlate di buona parte dell'Italia Meridionale (restano escluse parte della Calabria e del Salento). In Sicilia la metafonesi è diffusa soprattutto nella parte centrale, mentre non è presente nella parte occidentale e orientale. La o e la e aperta derivate da Ŏ/Ě latine dittongano per effetto di -U finale.
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Non è italiano, ma credo questo s'inserisca nella metafonesi, termine il cui significato mi era ignoto:
o ovo (l'uovo) in portoghese ha la o chiusa - os ovos (le uova) ha la o aperta
o osso (l'osso) in portoghese ha la o chiusa - os ossos (le ossa/gli ossi) ha la o aperta
E tutti gli aggettivi uscenti in -oso (con la penultima o chiusa) hanno il plurale in -osos (con la penultima o aperta).
Brazilian dude
o ovo (l'uovo) in portoghese ha la o chiusa - os ovos (le uova) ha la o aperta
o osso (l'osso) in portoghese ha la o chiusa - os ossos (le ossa/gli ossi) ha la o aperta
E tutti gli aggettivi uscenti in -oso (con la penultima o chiusa) hanno il plurale in -osos (con la penultima o aperta).
Brazilian dude
- u merlu rucà
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In portoghese la metafonia delle vocali medie, etimologicamente circoscritta agli esiti di Ĕ, Ŏ latine, diventa indipendente daBrazilian dude ha scritto:Non è italiano, ma credo questo s'inserisca nella metafonesi, termine il cui significato mi era ignoto:
o ovo (l'uovo) in portoghese ha la o chiusa - os ovos (le uova) ha la o aperta
o osso (l'osso) in portoghese ha la o chiusa - os ossos (le ossa/gli ossi) ha la o aperta
E tutti gli aggettivi uscenti in -oso (con la penultima o chiusa) hanno il plurale in -osos (con la penultima o aperta).
Brazilian dude
qualsiasi condizionamento fonetico e serve a distinguere il genere e il numero :esta, essa, ela (e aperta) da ĬSTA, ĬPSA, ĬLLA contro este, esse, ele; il suffisso -ŌSUM, estremamente produttivo in portoghese, è diventato apofonico > -oso (o chiusa) -osos -osa(s) (o aperta) per la totalità degli aggettivi. Nei plurali dei nomi di famiglia, lo stesso suffisso dovrebbe rimanere non apofonico in assenza di forme femminili (per esempio Barrosos, Cardosos, Fragosos, Matosos, ecc. con o chiusa).
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bubu7 ha scritto:In genere queste differenze sono legate a fenomeni di metafonesi.
Bue ha scritto:E` senz'altro dovuto a metafonesi (la "u" della desinenza, quando questa comincia a divenire meno percepibile, arretra trasferendosi a una sillaba precedente, in modo da preservare la distinzione ad esempio di genere)
Questo spiega la dittongazione maschile in -uo- (mi viene in mente un altro esempio: zuoppu/zoppa)... Ma non il dittongo -ie- di viecciu e lientu, in questo caso infatti la vocale atona finale non arretra alla sillaba tonica precedente, quindi non circorscriverei il fenomeno alla metafonesi.u merlu rucà ha scritto:Come già fatto rilevare, si tratta di metafonesi, che è un tipo di assimilazione a distanza tra vocali, cioè anticipazione nella vocale tonica dei caratteri della vocale atona seguente.
E nemmeno troppo chiara mi sembra questa soluzione di u merlu rucà, che, pur avendo tratto le corrette (e scontate) conclusioni, non può legare ciò che ha espresso ad alcun processo metafonetico...u merlu rucà ha scritto:La o e la e aperta derivate da Ŏ/Ě latine dittongano per effetto di -U finale.
Faccio notare che la provincia di Ragusa è nella parte orientale dell'Isola.u merlu rucà ha scritto:In Sicilia la metafonesi è diffusa soprattutto nella parte centrale, mentre non è presente nella parte occidentale e orientale.
Re: [[i][/i]SCN] Dittongazione maschile in ibleo
Ecco la risposta più studiata.Decimo ha scritto: Mi chiedo se questo fenomeno sia limitato a Modica (e ai comuni limitrofi) o se sia ben piú ampio... e quali siano le radici di tale processo di differenziazione. Ringrazio anticipatamente chiunque possa darmi maggiori informazioni al riguardo.

Le citazioni sono tratte da F. Avolio Bommèspre - Profilo linguistico dell'Italia centro-meridionale Gerni ed. (1995).
Bommèspre [in realtà la e finale è uno scevà] (letteralmente 'buon vespro') è una parola dialettale che, in diverse parlate dell'Abruzzo, del Molise e della Campania, sta per 'buon pomeriggio'.
Francesco Avolio è professore associato alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università dell'Aquila.
Bisogna premettere che il siciliano fa parte di quell'area dialettale, che comprende anche il Salento e la Calabria centro-meridionale, definita come zona dei dialetti meridionali estremi.
Una delle caratteristiche di questi dialetti è:
In particolare, nel vocalismo tonico siciliano, a seguito della derivazione dal latino volgare:in virtù del particolare vocalismo tonico, la mancanza della metafonesi nelle vocali medio-alte (e, in parecchie varietà, come quelle siciliane occidentali, calabresi meridionali e salentine meridionali, anche delle medio-basse)
Riguardo alla metafonesi:anziché il principio della "fusione di apertura", è prevalso quello opposto della "fusione di chiusura", per il quale, cioè, sono Ē ed Ō a chiudersi (come Ĭ ed Ŭ) in /i/ ed /u/, e non Ĭ ed Ŭ ad aprirsi (come Ē ed Ō) in /é/ ed /ó/. Ne deriva la mancanza dei fonemi vocalici medio-alti /é/ ed /ó/, ben presenti, invece, nel sistema "napoletano".
In alcune parlate la metafonesi, non potendo agire sulle vocali medio-alte (che, come si è già notato, non esistono)¹, è riuscita ad influenzare le vocali toniche medio-basse, manifestandosi con dittonghi di varia natura (più spesso ascendenti), che poi, in qualche varietà, hanno subìto prima una ritrazione dell'accento e poi una monottongazione, secondo le modalità dell'area "meridionale": [...] nella Sicilia centro-orientale [abbiamo così] viéntu viénti, muòrtu muòrti (o muórtu muórti, muértu muérti, murtu murti) vs. mòrta mòrti, fiérru 'il ferro' vs. fèrra 'i ferri' ecc.
[...]
[L'area metafonetica siciliana è alquanto irregolare essa] «include la parte orientale delle province di Palermo e Agrigento, le intere province di Caltanissetta (ad eccezione di Gela e Niscemi a sud) e di Enna (ad eccezione di Troìna e di alcuni punti galloitalici), la parte più occidentale delle province di Messina, attorno a Mistretta. Una larga frattura separa questa vasta area centrale dall'area metafonetica sud-orientale, comprendente l'intera provincia di Ragusa, la parte meridionale della provincia di Siracusa e alcuni centri catanesi meridionali attorno a Vizzini e Mineo» (G. Ruffino Isoglosse siciliane 1984)
1) Il vocalismo "siciliano", anzi, da un punto di vista strettamente fonematico, ha reso generale, perché indipendente dalla natura della vocale finale, un esito del tutto equivalente al metafonetico; si ha così «chistu chista per "questo questa" di fronte allo schema del territorio della zona posta più a nord che si fonda sull'opposizione di chistu rispetto a chesta» (G. Devoto - G. Giacomelli I dialetti delle regioni d'Italia 1972).
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V. M. Illič-Svitič
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