Entrarci e *c'entrare
Moderatore: Cruscanti
Entrarci e *c'entrare
Buonasera, perdonate il concetto evocato: trovo ripugnante questa forma sempre piú diffusa.
Sbaglio? Sarebbe lecita, ad esempio, la frase *può non c'entrare nulla?
Ho già letto alcuni pareri qui ma vorrei ulteriori dettagli.
Grazie.
Sbaglio? Sarebbe lecita, ad esempio, la frase *può non c'entrare nulla?
Ho già letto alcuni pareri qui ma vorrei ulteriori dettagli.
Grazie.
Benvenuto Zefiro! 
La frase che lei giustamente asterisca è inaccettabile: si può dire soltanto Non può entrarci nulla (Non ci può entrar nulla, forse, si presterebbe maggiormente a equivoci...).

La frase che lei giustamente asterisca è inaccettabile: si può dire soltanto Non può entrarci nulla (Non ci può entrar nulla, forse, si presterebbe maggiormente a equivoci...).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Questa poi!Zefiro ha scritto:Ottimo! Anzi... pessimo.

Prego.Zefiro ha scritto:Mille grazie per il benvenuto e la conferma!

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Per par condicio...
Comunque tanto inaudita non è... Sembra anzi piuttosto audita (anzi scritta), visto che Gùgolo (pagine in italiano) dà 1200 occorrenze per "non c'entrare nulla" contro le 570 di "non entrarci nulla" e le 95 di "non entrarci per nulla".
Comunque tanto inaudita non è... Sembra anzi piuttosto audita (anzi scritta), visto che Gùgolo (pagine in italiano) dà 1200 occorrenze per "non c'entrare nulla" contro le 570 di "non entrarci nulla" e le 95 di "non entrarci per nulla".
Ma uno strafalcione come questo, dai giornali, non me lo sarei mai aspettato. Ecco dove ci porta l’estremo lassismo...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Queste frasi però, come rivela anche la ricerca di Bue, non sono dell'uso comune (soprattutto colloquiale).Marco1971 ha scritto:La frase che lei giustamente asterisca è inaccettabile: si può dire soltanto Non può entrarci nulla (Non ci può entrar nulla, forse, si presterebbe maggiormente a equivoci...).
Invece quella sbagliata con c'entrare e molto diffusa.
Si tratta di una tendenza alla normalizzazione e semplificazione di una costruzione avvertita come anomala.
Entrarci, nel significato di 'avere attinenza' è usato, nella lingua comune, solo nelle forme c'entr- al punto che quel «c'» non è più avvertito nella sua funzione pronominale ma come parte integrante del verbo. Se non fosse così diffusa la scrittura si sarebbe fatto già da molto tempo un centrare, nel significato figurato di 'colpire l'obiettivo' e quindi 'avere attinenza'. E questo verbo non può avere come infinito che «centrare».
Invece di lanciare strali alla volta di questi giornalisti bisognerebbe consegnargli un attestato di benemerenza.
Quindi si tratta ancora di un errore ma nessuno scandalo, per favore! solo un esempio di come lavora la lingua.
Ah!
Benvenuto anche da parte mia, caro Zefiro.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Forse… Ma una frase come «potrebbe non entrarci nulla», per stare all’esempio di Repubblica, dovrebbe essere comunque sufficientemente «naturale» per un giornalista professionista. Lo «scandalo» sta tutto qui.bubu7 ha scritto:Queste frasi però, come rivela anche la ricerca di Bue, non sono dell'uso comune (soprattutto colloquiale).Marco1971 ha scritto:La frase che lei giustamente asterisca è inaccettabile: si può dire soltanto Non può entrarci nulla (Non ci può entrar nulla, forse, si presterebbe maggiormente a equivoci...).
Ripeto: non esageriamo.bubu7 (grassetto mio) ha scritto:Entrarci, nel significato di 'avere attinenza' è usato, nella lingua comune, solo nelle forme c'entr- al punto che quel «c'» non è più avvertito nella sua funzione pronominale ma come parte integrante del verbo.
Questo in Toscana, ad esempio, sarebbe impossibile, data la diversa pronuncia di c’entro /'tSentro/ e centro /'tSEntro/; e nei confronti di *c’entrare si dimostra quasi piú intollerante il liberalissimo Canepàri del normativo DOP…bubu7 (grassetto mio) ha scritto:Se non fosse così diffusa la scrittura si sarebbe fatto già da molto tempo un centrare, nel significato figurato di 'colpire l'obiettivo' e quindi 'avere attinenza'. E questo verbo non può avere come infinito che «centrare».
Ultima modifica di Infarinato in data lun, 03 set 2007 13:59, modificato 1 volta in totale.
Grazie bubu.
Prendo atto che nell'uso comune «c'entrare» è prevalente, ma lo apprendo dalla rete: con le mie orecchie non l'ho mai sentito.
Nel frattempo ho scoperto che l'autore dell'articolo è uno scrittore.
Prendo atto che nell'uso comune «c'entrare» è prevalente, ma lo apprendo dalla rete: con le mie orecchie non l'ho mai sentito.

Nel frattempo ho scoperto che l'autore dell'articolo è uno scrittore.
Non sono riuscito a trasmetterle, caro Infarinato, il senso del mio precedente intervento.
Volevo invitare a guardare con occhi diversi ad alcuni errori, soprattutto quando assumono una certa frequenza.
Lei sa meglio di me che questi errori spesso rappresentano la norma del futuro.
Ho cercato di applicare quanto l'esperienza del passato ci dovrebbe aver insegnato.
Le puntualizzazioni che mi fa a me sembrano marginali e sviano l'attenzione dalla lezione generale.
Potrei risponderle che la Toscana non fa più testo per la pronuncia standard, che anche il caro Canepari può avere le sue idiosincrasie e che al posto di "solo" andrebbe meglio "essenzialmente" (non c'è dubbio che anche il giornalista avrebbe potuto usare la forma corretta) ma in questo modo la seguirei in questo diversivo.
Se perfino un giornalista ha usato una forma errata in me, invece del biasimo, si risveglia l'attenzione che cerca di dare una spiegazione al fenomeno linguistico.
Volevo invitare a guardare con occhi diversi ad alcuni errori, soprattutto quando assumono una certa frequenza.
Lei sa meglio di me che questi errori spesso rappresentano la norma del futuro.
Ho cercato di applicare quanto l'esperienza del passato ci dovrebbe aver insegnato.
Le puntualizzazioni che mi fa a me sembrano marginali e sviano l'attenzione dalla lezione generale.
Potrei risponderle che la Toscana non fa più testo per la pronuncia standard, che anche il caro Canepari può avere le sue idiosincrasie e che al posto di "solo" andrebbe meglio "essenzialmente" (non c'è dubbio che anche il giornalista avrebbe potuto usare la forma corretta) ma in questo modo la seguirei in questo diversivo.
Se perfino un giornalista ha usato una forma errata in me, invece del biasimo, si risveglia l'attenzione che cerca di dare una spiegazione al fenomeno linguistico.

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Sí, però, se i suoi rilievi contengono delle affermazioni —diciamo cosí— un po’ opinabili, mi consentirà di farglielo notare, specialmente a beneficio dei nostri lettori «meno attrezzati»… Le mie puntualizzazioni saranno forse marginali per Lei e per quello che voleva dire Lei, ma non necessariamente per l’argomento di questa di discussione.bubu7 ha scritto:Le puntualizzazioni che mi fa a me sembrano marginali e sviano l'attenzione dalla lezione generale.

Vede, anche questo è esagerato (oltre a fraintendere il senso della mia osservazione, che era piuttosto: «non è cosí pacifico che ovunque in Italia la predominanza di voci di modo finito per l’espressione in oggetto comporti l’automatica selezione di c[’]entrare come infinito»): la Toscana fa ancora testo per la pronuncia modello, ma con diverso peso, in una diversa ottica, e non piú da sola.bubu7 ha scritto:Potrei risponderle che la Toscana non fa più testo per la pronuncia standard…
Ripeto: questa è la sua reazione, che merita rispetto come quella di chiunque altro, ma non è la reazione che deve necessariamente avere chiunque.bubu7 ha scritto:Se perfino un giornalista ha usato una forma errata in me, invece del biasimo, si risveglia l'attenzione che cerca di dare una spiegazione al fenomeno linguistico.
Ma certo, caro Infarinato, puntualizzi pure. Le sue annotazioni non possono che farmi piacere anche se spesso esprimono, in un linguaggio più sorvegliato, quanto sto dicendo in un tono rilassato.Infarinato ha scritto:Sí, però, se i suoi rilievi contengono delle affermazioni —diciamo cosí— un po’ opinabili, mi consentirà di farglielo notare, specialmente a beneficio dei nostri lettori «meno attrezzati»… Le mie puntualizzazioni saranno forse marginali per Lei e per quello che voleva dire Lei, ma non necessariamente per l’argomento di questa di discussione.bubu7 ha scritto:Le puntualizzazioni che mi fa a me sembrano marginali e sviano l'attenzione dalla lezione generale.![]()
Le esprimevo il mio rammarico perché avrei avuto piacere di leggere le sue riflessioni sulla prospettiva diversa nella quale impostavo il problema invece di leggere i suoi appunti su particolari che sa bene che condivido in linea di massima.
Partivo semplicemente dalla costatazione che la forma errata ha una certa diffusione e cercavo di spiegarne i motivi invece di limitarmi a osservare che si tratta di una forma errata. Tutto qui.

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V. M. Illič-Svitič
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Fa bene a dirlo chiaramente, perché si ha talvolta l’impressione che appena c’è in atto un cambiamento linguistico lei lo voglia incoraggiare a ogni costo. È rassicurante sapere che non è cosí.bubu7 ha scritto:Partivo semplicemente dalla costatazione che la forma errata ha una certa diffusione e cercavo di spiegarne i motivi invece di limitarmi a osservare che si tratta di una forma errata. Tutto qui.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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