Sono ammesse entrambe le costruzioni. Ma io avverto una sfumatura (e vi chiedo se l’avvertite anche voi o se sono io a sottilizzare):
lavorare a un progetto (o a una tesi, ecc.) sarebbe semplicemente dedicare sforzi e tempo alla sua realizzazione;
lavorare su un progetto (e simili) indicherebbe maggior impegno e coinvolgimento nella ricerca, nell’approfondimento e perfezionamento dello stesso.
Che ne dite? Questa distinzione vi pare del tutto arbitraria? Io persisto a credere nel valore delle preposizioni, nella loro carica semantica, e Sono pronto a fare questo è diverso da Sono pronto per far questo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Marco1971 ha scritto: Io persisto a credere nel valore delle preposizioni, nella loro carica semantica, e Sono pronto a fare questo è diverso da Sono pronto per far questo.
Su questo siamo d'accordo, anch'io credo nel valore semantico delle preposizioni: "Vengo da Milano" è diverso da "Vengo a Milano"
Condivido la sua analisi, caro Marco.
Anch'io avverto la stessa diversa sfumatura di significato che può, a mio parere, essere annullata o intensificata dall'ulteriore contesto (linguistico o meno).
Una differenza di significato minore, però, dell'altro suo esempio: sono pronto a/per...
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati. V. M. Illič-Svitič
Grazie delle risposte ; questo consenso mi conforta.
Per quanto riguarda pronto a/per, pensavo alla diversa valenza semantica assunta, in certi casi, dall’aggettivo: Un uomo pronto a sacrificare la propria vita per un ideale rivela la disposizione d’animo a compiere qualcosa; Un uomo pronto per mettersi in viaggio indica una preparazione materiale in vista di una determinata attività. Almeno cosí vedrei le cose.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Anche su queste spiegazioni sono abbastanza d'accordo.
Non escluderei però l'opzione: un uomo pronto per sacrificare la propria vita per un ideale, intendendo una preparazione più puntuale, forse anche più cosciente – in un certo senso, quindi, più materiale – al sacrificio.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati. V. M. Illič-Svitič
Certamente. È questo il bello della lingua, capace di sottili sfumature.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.