E' vero, ma, in questo caso, l'uso mi preme poco. Nel senso che un traducente effettivo e "ufficiale" c'è (a differenza del caso nostro).Brazilian dude ha scritto:Ha ragione, ma si trova purtroppo molto più spesso in ceco software, che è pure declinato come sostantivo neutro: software, software, softwari, software, software, softwaru, softwarem.
In italiano un caso analogo potrebbe essere il caso "consumer", che, ad esempio, ha più occorrenze gugoliane di consumatore; cionnondimeno ha un "effettivo" traducente.
Non so se mi sono spiegato bene... in caso contrario chiedo venia, ma son molto stanco.
Un'ulteriore aggiunta. In ceco software è un forestierismo "crudo" soltanto nella grafia, e solo per la presenza dalla "w". Per quanto riguarda la pronuncia, è affatto innocuo.

L'avessero scritto softvar (gli sloveni ad esempio scrivono "softvér") sarebbe tutto "regolare". Faccio notare, tra l'altro, che questo non è un processo insolito per i cechi, visto che abbiamo, ad esempio, nindža, manažer, benčpres per, rispettivamente, ninja, manager, bench press.
Ma sto divagando...
Vuole dirmi che la nostra cultura scientifica crollerebbe se nel linguaggio quotidiano venisse a mancare l'esattezza della definizione?Purtroppo negli àmbiti ove compajano lemmi come quelli di cui discutesi nel discettar nostro, la precisione è sovente d'uopo, per non dir vitale. Senza la precisione, linfa della scienza, non istaremmo a dibatter di soffevario, ché non esisterebbero computièri né fòri in rete, e le nostre amene discussioni avrebber luogo ne' salotti di qualche nobildonna illuminata o su lettere vergate a mano e recapitate a cavallo.
Ovverosia, dacché - evidentemente - i computièri e i fòri li abbiamo, vuole dirmi, adunque, che in Italia chiunque usa software (o qualsiasi altro termine tecnico) con cognizione di causa?
Mi pare un'affermazione quantomeno coraggiosa...