Eccomi ancora a disturbare.
Sento spesso usare il verbo "conoscere" in locuzioni nelle quali preferirei si adoperasse "sapere": «Lui conosce che cosa significhi/a essere bello». Il senso di fastidio mi porta a pensare che in frasi completive (oggettive e interrogative indirette) il verbo "sapere" non può essere mai sostituito da "conoscere". «So che sei bello» va bene, ma non va bene «conosco che sei bello». Ho necessità d'un chiarimento. Lo aspetto con ansia. Grazie!
conoscere e sapere
Moderatore: Cruscanti
Il verbo conoscere può essere seguito da un’oggettiva, e può allora assumere un senso vicino a quello di sapere (nella lingua letteraria, s’intende, ché nessuno oggi l’userebbe nel parlato o nello scritto non marcato):
P.S. Caro Bartolo, lei non disturba mai: le sue domande sono sempre fonte di approfondimento.
Riporto anche la definizione del Battaglia, con qualche esempio letterario:Il Treccani in linea ha scritto:conoscere 6. Seguìto da prop. oggettiva o interrogativa, comprendere, capire, avere coscienza (ma più com., in questo sign., riconoscere): conosco di essermi ingannato; il primo passo al far bene è di c. di aver fatto male (Berchet); conosco quanto mi ero illuso.
Quindi, in uno stile letterario, è possibile questo costrutto, con le sfumature semantiche indicate.Conóscere 11. Comprendere, sentire; avvedersi di qualche cosa, averne piena cognizione, coscienza; ammettere, riconoscere come esatto; sapere (e per lo piú regge una proposizione oggettiva o dichiarativa).
Dante, Vita Nuova, 3 (44): Riguardando molto intentivamente, conobbi ch’era la donna de la salute, la quale m’avea lo giorno dinanzi degnato di salutare.
Petrarca, 1-13: E del mio vaneggiar vergogna è il frutto,
e ’l pentirsi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
G. C. Croce, 125: Io conosco veramente che queste tue parole vengono da un puro zelo d’amore che tu mi porti.
Foscolo, VII-132: Conobbi presto per mia fortuna che chi ama gli applausi perde l’onore delle lettere.
Leopardi, 23-100: Questo io conosco e sento,
che degli eterni giri,
che dell’esser mio frale,
qualche bene o contento
avrà fors’altri; a me la vita è male.
Nievo, 72: Conobbi che la vita umana è un ministero di giustizia, e l’uomo un sacerdote di essa.
P.S. Caro Bartolo, lei non disturba mai: le sue domande sono sempre fonte di approfondimento.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Prego. Ma non c’è di che arrossire, Bartolo: non si tratta d’una costruzione comune in italiano moderno! 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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