Giusto, avrei dovuto scrivere imbizantinire o imbizantinare. Ma ripeto, non ce l'avevo con lei in particolare, esprimevo solo il mio fastidio rispetto all'uso spropositato di note e faccine, che sono un po' come le virgolettature, mettono sopra le righe quello che si scrive.Marco1971 ha scritto:Non era un effetto stilistico: l’ho controllato prima di scriverlo (come controllo sempre tutto). È registrato nel GRADIT (1887) e lo usò Carducci, mentre non esiste *imbizantire. Ma ovviamente nessuno perde un’occasione per saltarmi addosso...
Quanto alla faccina, era riferita al fatto che harem e la cultura bizantina sono in qualche modo correlati. Mi scusi se sono stato troppo criptico.
«Arèmme»
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Re: imbizantire
Prego, faccia pure, però non mi sembra molto corretto darmi del fischifiascaro, e insistere sul fatto che ho frainteso le sue parole, e poi eludere la mia richiesta di chiarire il suo pensiero.Marco1971 ha scritto:La discussione si sta imbizantinendo (è il caso di dirlo), per cui non ritengo opportuno proseguire. Mi perdoni se ho perso ogni interesse per questo filone.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Capisco il suo sentimento. Ma, se diventa necessario chiosare e richiosare quanto è stato scritto in maniera comprensibile, si finisce – come spesso è accaduto – col perdere di vista lo spirito, rendendo la lettera oggetto di eccessive e talvolta controproducenti sottilizzazioni. Ecco perché non ho reputato utile chiarire ulteriormente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: imbizantire
Imbizantinire. La forma in -are, non registrata ma adoperabile, sarebbe riservata all’uso transitivo («rendere bizantino»).Freelancer ha scritto:Giusto, avrei dovuto scrivere imbizantinire o imbizantinare.
Le ricordo che siamo in un fòro, e che quel che non è lecito fare in piú formali sedi qui lice.Freelancer ha scritto:Ma ripeto, non ce l'avevo con lei in particolare, esprimevo solo il mio fastidio rispetto all'uso spropositato di note e faccine, che sono un po' come le virgolettature, mettono sopra le righe quello che si scrive.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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È dopotutto un fatto di stile, e lei spesso fa osservazioni su quello che scrivono gli altri non appena si scostino un po' dalla norma (ossia, da quello che è la norma per lei) o usano soluzioni stilistiche secondo lei non del tutto confacenti. Se poi mi dice che solo lei ha il diritto di fare osservazioni, questo è un altro discorso.


Quanto alla norma, Roberto, penso di conoscerla molto bene. Sarebbe opportuno distinguere ciò che costituisce uno scarto consapevole e voluto – nel contesto che lo permetta –, da quello che è disinformazione, non crede?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Tornando alla pronuncia di harem, per i più importanti dizionari moderni non ci sono dubbi: la pronuncia consigliabile è /'arem/. Fa eccezione il Nuovo DOP che recita: «arèm meglio che àrem»; speriamo che si ravveda e si allinei agli altri dizionari prendendo atto della pronuncia effettiva della parola in italiano.
Il Garzanti 2007, curato da Giuseppe Patota, riporta la seguente nota:

Il Garzanti 2007, curato da Giuseppe Patota, riporta la seguente nota:
La pronuncia corretta è àrem; la pronuncia arèm è più tradizionale ed è stata utilizzata in particolare in testi poetici.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Ha fatto bene a precisarlo, perché dal mio intervento iniziale si sarebbe potuto credere (benché non fosse in causa la pronuncia) che io caldeggiassi la pronuncia harèm – e neanche il mio [neo]purismo si spinge fin là. In realtà, la ritrazione dell’accento non ha nulla d’inquietante; quello che mi parrebbe però auspicabile è che si facesse a meno di quell’inutile acca. Il francese e l’inglese hanno un sistema ortografico di tipo etimologico e quindi è naturale che conservino le grafie piú o meno originali; l’italiano, il portoghese e lo spagnolo hanno invece un sistema piú funzionale, di tipo [quasi] fonetico, che sarebbe bene, per quanto possibile, conservare.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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