penso a quanto sia / penso a quanto è
Moderatore: Cruscanti
penso a quanto sia / penso a quanto è
«Penso a quanto è/sia importante dire la verità»:
1) è un'oggettiva o un'interrogativa indiretta?
2) Come ci si deve comportare col modo del verbo?
Vi ringrazio, e attendo un aiuto.
1) è un'oggettiva o un'interrogativa indiretta?
2) Come ci si deve comportare col modo del verbo?
Vi ringrazio, e attendo un aiuto.
Lascio ad altri l’analisi logica e rispondo alla seconda domanda, citando dalla GGIC (vol. II, p.472):
Il congiuntivo è preferito nelle frasi relative introdotte da quanto [...] specialmente se questa espressione, nel contesto ‘quanto + (SN) + verbo + aggettivo’, si configura meno come indicazione di quantità – come p. es. nella frase (266b)* – ed ha, invece, piuttosto la funzione d’un elativo lievemente enfatico (sa quanto è difficile presuppone è tanto difficile):
(270) Sembra che sappia lui solo quanto il lavoro sia / ?è faticoso.
Lo stesso vale per quanto nella funzione di un avverbio che modifica un verbo:
(271) Mi ricordai quanto gli piacesse / ?piaceva il vino.
____________________
*(266b) Il cliente chiese quanto costasse / costava il piú bel giaccone dell’esposizione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Io percepisco la sua frase come un'asserzione, cioè: "sono convinto che dire la verità sia importante, e in questo momento ci sto anche riflettendo". Per cui propenderei per l'oggettiva.
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
Però se il suo senso è quello di dire: "mi chiedo se dire la verità sia importante o no", allora si tratta d'una interrogativa indiretta.
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
- Black Mamba
- Interventi: 95
- Iscritto in data: sab, 13 ott 2007 19:41
Inserisco qui il mio intervento per evitare di aprire un altro filone.
Spero di non essere del tutto fuori tema.
Rileggendo alcune pagine del romanzo Oceano Mare di Alessandro Baricco, sono rimasta perplessa davanti all'uso dell'indicativo presente "sono" al posto del congiuntivo presente "siano" nel passo citato di seguito (grassetto mio):
"Uno si costruisce grandi storie, questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta."
D'istinto avrei scritto: non importa quanto pazze siano.

Spero di non essere del tutto fuori tema.
Rileggendo alcune pagine del romanzo Oceano Mare di Alessandro Baricco, sono rimasta perplessa davanti all'uso dell'indicativo presente "sono" al posto del congiuntivo presente "siano" nel passo citato di seguito (grassetto mio):
"Uno si costruisce grandi storie, questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta."
D'istinto avrei scritto: non importa quanto pazze siano.

Hoc unum scio, me nihil scire.
Però lo scrittore sembra presupporre che le storie sono davvero pazze; il narrante ne è consapevole, afferma un fatto. Tutto sommato l'indicativo non stona nell'andamento concitato (o trascinante: punti di vista) del periodo che lei riporta, nel quale esistono solo virgole e nessun punto e virgola né i due punti. Poiché Baricco la punteggiatura sa maneggiarla, vuol dire che ricerca, e secondo me raggiunge, un certo effetto: e allora l'indicativo è voluto.
Preciso che i libri di Baricco non mi piacciono granché e in questa circostanza mi trovo a fare il difensore d'ufficio.
Preciso che i libri di Baricco non mi piacciono granché e in questa circostanza mi trovo a fare il difensore d'ufficio.
- Black Mamba
- Interventi: 95
- Iscritto in data: sab, 13 ott 2007 19:41
Oh, ma non ce n'è bisogno. Lungi da me voler muovere accuse alla scrittura di Baricco.
Volevo soltanto capire se il congiuntivo potesse avere pari legittimità dell'indicativo nella frase in questione, di là dagli accorgimenti stilistici dell'autore (che conosco e che personalmente apprezzo).

Volevo soltanto capire se il congiuntivo potesse avere pari legittimità dell'indicativo nella frase in questione, di là dagli accorgimenti stilistici dell'autore (che conosco e che personalmente apprezzo).
Hoc unum scio, me nihil scire.
- Black Mamba
- Interventi: 95
- Iscritto in data: sab, 13 ott 2007 19:41
In ogni caso, la ringrazio per l'intervento. 
Anch'io, come lei, credo che lo scrittore abbia volutamente scelto l'indicativo (tra l'altro non è la prima volta che nei suoi scritti trovo l'indicativo in vece del congiuntivo).
Secondo quanto riporta la GGIC citata da Marco 1971 pochi interventi sopra, credo si possano usare entrambi i modi del verbo.

Anch'io, come lei, credo che lo scrittore abbia volutamente scelto l'indicativo (tra l'altro non è la prima volta che nei suoi scritti trovo l'indicativo in vece del congiuntivo).
Secondo quanto riporta la GGIC citata da Marco 1971 pochi interventi sopra, credo si possano usare entrambi i modi del verbo.
Hoc unum scio, me nihil scire.
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