pagare alla romana
Moderatore: Cruscanti
pagare alla romana
da dove deriva?
grazie
fabio
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fabio
Non ho trovato nulla nei miei dizionari dei modi di dire (che riportano l’espressione ma non ne spiegano l’origine). In rete c’è questo (ma non posso garantirne la veracità).
P.S. Per cortesia: una frase comincia con una maiuscola e finisce con un punto.
P.S. Per cortesia: una frase comincia con una maiuscola e finisce con un punto.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Io ho trovato questo. Potrebbe avere una certa veridicità.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
Confermo, mai sentita e non esiste neppure in dialetto.CarloB ha scritto:A Genova l'espressione pagare alla genovese non l'ho mai sentita.
In compenso ho trovato questo in un sito:
ho la risposta definitiva…ho chiesto consulenza all’accademia della crusca(fondatori della lingua italiana)…questa è la risposta:
“Premesso che è d’uso frequente anche la variante fare alla romana, il senso oggi più largamente registrato dell’espressione è ’spartire equamente fra amici una spesa comune’ (per esempio, in occasione di una cena). Questo pagare / fare alla romana è per ovvii motivi particolarmente diffuso tra i giovani, ma si pratica ormai con naturalezza, in determinate occasioni, a qualsiasi età. È comunque da notare che, per quanto riguarda la semplice locuzione alla romana, la tradizione letteraria fornisce anche significati più antichi. Si vedano per esempio, nel Grande dizionario della lingua italiana fondato da Salvatore Battaglia (Torino, UTET 1961-2002), sotto il lemma romano1 28, le attestazioni sette-ottocentesche del modulo alla romana (presso Goldoni, Gasparo Gozzi, Nievo) nel senso di ‘alla chetichella, senza prendere congedo’ in frasi come “andarsene / partire alla romana”. Un altro senso ugualmente attestato presso autori dell’Ottocento è quello di alla romana per definire una vivanda ‘messa in comune dai vari commensali’. Invece, per quanto riguarda il modo di dire nell’accezione attuale, il Grande dizionario non fornisce alcun esempio letterario, limitandosi a segnalare come ulteriore significato del detto quello che oggi risulta generalizzato, cioè il riferimento a una spesa complessiva suddivisa in parti uguali. L’assenza di esempi d’autore in un dizionario storico della lingua fa supporre normalmente una tradizione soprattutto orale, e quindi popolare, della voce o della formula in questione. Ci si può anche chiedere come si spieghi la connotazione romanesca del detto largamente diffuso. Verrebbe fatto di pensare alle scampagnate fuori porta, con annesse abbondanti merende, tipiche della tradizione popolare romana. Sembra confermare questo aggancio l’esistenza d’un termine, ormai in disuso, come romanata, nel senso appunto di ‘merenda campagnola’. Il già citato Grande dizionario dà di romanata la definizione di ‘ritrovo conviviale in cui ciascuno dei commensali paga una quota della spesa complessiva’, citando come unico esempio la seguente frase tratta da una lettera del Foscolo: «Lunedì verrò forse a una romanata in campagna vicino a Fiesole con la compagnia delle signore Orozco». Il lemma si completa con un rinvio all’ottocentesco Lessico dell’infima e corrotta italianità di P. Fanfani e C. Arlia, che registra: «Romanata, e alla francese pique nique, chiamasi in alcuni luoghi d’Italia un pranzo o una cena per cui ognuno che vi prende parte pa ga una quota». A dire il vero, l’interpretazione che il Grande dizionario dà della romanata che il Foscolo menziona nel suo epistolario risulta poco convincente. Si fatica a immaginare che una merenda nello splendido scenario della campagna fiesolana, prospettata in quei termini, cioè in compagnia di gentili e altolocate dame quali erano la consorte e le figlie del diplomatico spagnolo Orozco, frequentate a quel tempo dal Foscolo (siamo intorno al 1813), potesse prevedere un’imbarazzante colletta finale. Sarà probabile, piuttosto, che la romanata foscoliana alludesse semplicemente a una piacevole merenda all’aperto; alla quale tutt’al più ogni intervenuto avrebbe potuto contribuire con qualche cibaria (in base a un altro dei sensi attestati, come si è visto, per l’espressione in causa).”
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