Instabile o istabile ?
Moderatore: Cruscanti
Instabile o istabile ?
Esistono numerose parole che iniziao per ins- in cui la "n" si può omettre ma esiste una regola generale o un modo più giusto dell'altro?
Esempi:
installare - istallare
instaurare - istaurare
instradare - istradare
...
Esempi:
installare - istallare
instaurare - istaurare
instradare - istradare
...
Son sobbalzato sulla sedia, pensando di primo acchito che la forma iniziante con in- fosse la regola, per ovvie ragioni etimologiche. Poi ho consultato lo Zingarelli undicesima edizione e scoperto che scrive: instradare o istradare; installare o istallare; instaurare o istaurare.
Però non mi rassegno: a me la forma tradizionale e colta, con l'in- iniziale, pare preferibile. Snobismo? Tradizionalismo?
Però non mi rassegno: a me la forma tradizionale e colta, con l'in- iniziale, pare preferibile. Snobismo? Tradizionalismo?
La variante in in- è quella dòtta, s’intende. In certi casi tuttavia vediamo che l’uso ha stabilito una distinzione: ci si iscrive a un corso, ma una figura geomatrica si inscrive in un cerchio.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Black Mamba
- Interventi: 95
- Iscritto in data: sab, 13 ott 2007 19:41
Credo che la forma in in- sia comunque da preferire.
Al lemma senza n molti dizionari* rimandano a quello in in- per la consultazione della definizione.
È possibile che la variante in is- sia derivata da una difficoltà di pronuncia delle consonanti nst?
*Garzanti Linguistica, De Mauro in linea, DISC, Devoto Oli.
Treccani in linea e Lessico Universale Treccani indicano le versioni senza n come varianti meno comuni di quelle in in-.
Al lemma senza n molti dizionari* rimandano a quello in in- per la consultazione della definizione.
È possibile che la variante in is- sia derivata da una difficoltà di pronuncia delle consonanti nst?
*Garzanti Linguistica, De Mauro in linea, DISC, Devoto Oli.
Treccani in linea e Lessico Universale Treccani indicano le versioni senza n come varianti meno comuni di quelle in in-.
Hoc unum scio, me nihil scire.
Vediamo che nelle parole d’uso comune, pur d’origine dòtta, come iscrivere, ispirare, istante, la n è stata tolta per renderle conformi alla genuina fonotassi italiana, che rifugge naturalmente da nessi pluriconsonantici come -nsc-, -nsp-, -nst-, ecc. Ma son parole che rimontano a epoche in cui non ci si peritava di adattare persino i latinismi (rispettivamente 1342, 1667, sec. XIV). Oggi le parole straniere son considerate sacre e intoccabili, secondo una filosofia che, a ben guardare, ha pochissimo di filologico.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Certo; come ha spiegato Marco.Black Mamba ha scritto: È possibile che la variante in is- sia derivata da una difficoltà di pronuncia delle consonanti nst?
Personalmente propendo, nella pronuncia e nella grafia, per le varianti senza n anche se i nostri migliori dizionari di pronuncia raccomandano, più o meno esplicitamente, le varianti con la n.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Né ci si peritava, per altro, di adattare (saccheggiare) le costruzioni romane per farne chiese cristiane, o il bronzo del Pantheon per fare le colonne del baldacchino di S.Pietro, eccetera. I tempi cambiano e così le mentalità, e la percezione di ciò che è più o meno violabile.Marco1971 ha scritto: Ma son parole che rimontano a epoche in cui non ci si peritava di adattare persino i latinismi…
...ma i saccheggi ci sono sempre stati. Pensa solo agli obelischi e a i bottini di guerra...Bue ha scritto: I tempi cambiano...
Questo non significa che non si possano riprovare certi comportamenti (parlo in generale, naturalmente...).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Non capisco quest’ostinarsi in paragoni strampalati: le parole non sono opere d’arte, sono sequenze foniche che servono alla comunicazione verbale, e in quanto tali si possono riplasmare.Bue ha scritto:Né ci si peritava, per altro, di adattare (saccheggiare) le costruzioni romane per farne chiese cristiane, o il bronzo del Pantheon per fare le colonne del baldacchino di S.Pietro, eccetera. I tempi cambiano e così le mentalità, e la percezione di ciò che è più o meno violabile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Anche il Colosseo, all'epoca in cui veniva usato come cava di marmo, non era considerato un'opera d'arte.
Le parole si possono riplasmare perché non sono opere d'arte? Anche la fonomorfosintassi o come diavolo si chiama dell'italiano - che invece qui si vuole sacra e inviolabile - non è un'opera d'arte, ma un sistema convenzionale che permette la comunicazione (e, anche, la creazione di opere d'arte).
Quel che volevo dire è che la percezione di cosa sia o non sia sacro e inviolabile - in tutte le cose umane - non è oggettiva né assoluta, ma può differire da individuo a individuo e cambiare nel corso della storia; né il fatto che essa cambi è necessariamente indice di deprecabile decadenza dei costumi (o meglio, se vogliamo ricordarlo ancora una volta: sappiamo bene che ogni cambiamento, di qualunque segno e in qualunque campo, è sempre stato visto da una parte della società come sintomo di decadenza e conseguentemente deprecato, generalmente senza alcun effetto sul cambiamento in questione).
Anch'io non capisco un certo ostinarsi, ma - al solito - è quasi certamente inutile rimestare le braci di un'ultratrita polemica che va avanti da anni (e anni, e anni).
Le parole si possono riplasmare perché non sono opere d'arte? Anche la fonomorfosintassi o come diavolo si chiama dell'italiano - che invece qui si vuole sacra e inviolabile - non è un'opera d'arte, ma un sistema convenzionale che permette la comunicazione (e, anche, la creazione di opere d'arte).
Quel che volevo dire è che la percezione di cosa sia o non sia sacro e inviolabile - in tutte le cose umane - non è oggettiva né assoluta, ma può differire da individuo a individuo e cambiare nel corso della storia; né il fatto che essa cambi è necessariamente indice di deprecabile decadenza dei costumi (o meglio, se vogliamo ricordarlo ancora una volta: sappiamo bene che ogni cambiamento, di qualunque segno e in qualunque campo, è sempre stato visto da una parte della società come sintomo di decadenza e conseguentemente deprecato, generalmente senza alcun effetto sul cambiamento in questione).
Anch'io non capisco un certo ostinarsi, ma - al solito - è quasi certamente inutile rimestare le braci di un'ultratrita polemica che va avanti da anni (e anni, e anni).
...da lei monotonamente e puntualmente riproposta.Bue ha scritto:Anch'io non capisco un certo ostinarsi, ma - al solito - è quasi certamente inutile rimestare le braci di un'ultratrita polemica che va avanti da anni (e anni, e anni).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Caro Bue, l’abbiamo ripetuto tante volte.
Come la lingua non può rimanere cristallizzata così non può privarsi della necessaria dialettica tra conservazione e innovazione: pena la creazione di un organismo artificiale oppure la perdita dei necessari punti di riferimento culturali.
Ben vengano quindi i puristi e i modernisti. L’obiettivo, a mio parere, sarebbe sempre quello di permettere che le scelte di qualsiasi persona siano fondate sulla conoscenza e non sull’ignoranza.
Naturalmente anche quest’ultimo può essere un obiettivo discutibile, come molte convinzioni soggettive…
Come la lingua non può rimanere cristallizzata così non può privarsi della necessaria dialettica tra conservazione e innovazione: pena la creazione di un organismo artificiale oppure la perdita dei necessari punti di riferimento culturali.
Ben vengano quindi i puristi e i modernisti. L’obiettivo, a mio parere, sarebbe sempre quello di permettere che le scelte di qualsiasi persona siano fondate sulla conoscenza e non sull’ignoranza.
Naturalmente anche quest’ultimo può essere un obiettivo discutibile, come molte convinzioni soggettive…
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Almeno si ode un - sia pur monotono e puntuale - alternarsi di due note diverse, anziché l'ossessiva, martellante (e alienante) ripetizione della stessa.Marco1971 ha scritto:...da lei monotonamente e puntualmente riproposta.Bue ha scritto:Anch'io non capisco un certo ostinarsi, ma - al solito - è quasi certamente inutile rimestare le braci di un'ultratrita polemica che va avanti da anni (e anni, e anni).
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