«Il bel Paese dove il weekend suona»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

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bubu7
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«Il bel Paese dove il weekend suona»

Intervento di bubu7 »

Segnalo quest'articolo di Silverio Novelli sul sito della Treccani.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie, Bubu7, del collegamento.

Vorrei (ri)dire solo due cose (non c’è granché di nuovo). Il discorso delle percentuali non mi ha mai convinto: anzitutto qui non è specificato se si parla esclusivamente di prestiti integrali o se sono comprese le parole assimilate; a ogni modo, se ho calcolato bene, gli anglicismi crudi registrati nel GRADIT (compreso l’ottavo volume; nel settimo non ho trovato la tabella con le cifre) sarebbero 8073, una cifra che sorpassa il numero del vocabolario di base italiano, valutato da De Mauro in 7050 unità. Non importa che solo pochi di questi 8073 anglicismi siano dell’uso medio: la lingua non è solo quella dell’uso medio. Una lingua di cultura deve poter trattare di tutto lo scibile, dev’essere uno strumento capace di parlare di tutto, ricorrendo solo in casi eccezionali allo xenismo inassimilato.
Mi chiedo allora se la lingua italiana non corra il rischio di tornare a essere, com’era secondo Villari prima dell’Unità, la lingua di qualche milione di arcadi, mentre i ceti produttivi useranno, a seconda del loro livello, o l’inglese o il dialetto.
Mi sento di condividere questa previsione. In un’Italia in cui la maggioranza della classe intellettuale non si cura di questo problema, c’è poco da sperare. È diventato perfettamente normale per quasi tutti esprimersi con parole anglo-americane. Il processo non pare reversibile, né mi pare che sia lucida questa considerazione:
Degli anglicismi ogni anno immessi a carrettate da molti dizionari dell’uso nel lemmario, a breve molti se ne vedranno scorrere, cadaveri, lungo il fiume: questione di anni.
Vorrei che l’autore avesse ragione. Ma il suo è un ottimismo che appare fondato s’una mera congettura. La realtà è che a cadere come cadaveri sono molte parole italiane. Un esempio soltanto: autostello, di cui s’è qui parlato in questi giorni, è stato radiato dal Devoto-Oli 2004-2005; e sono pronto a scommettere che la stessa sorte è stata riservata a altre voci.
Tornando al tema dell’italiano in Europa, Antonelli si stupisce (e noi con lui) che, in contrasto con quanto predicato circa la difesa necessaria del nostro idioma, si insista nell’avallare denominazioni istituzionali come authority per le telecomunicazioni, garante della privacy (Maurizio Sacconi è ministro del Lavoro, Salute e Politiche sociali, ma i giornali continuano a definirlo ministro del Welfare, anche se il ministero del Welfare non esiste più, come denominazione); mentre i settori della televisione di Stato continuano a sembrare filiali della Bbc (Rai international, Rai educational, Rai trade ecc.). Difficile che atteggiamenti siffatti possano contribuire alla credibilità della nostra lingua in campo internazionale.
Esatto. E ci sarebbe da aggiungere altre considerazioni, di ordine non linguistico, bensí sociale e politico, ma temo di essere out of my depth in tali campi e fo punto. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il GRADIT (VII volume) ha scritto:Gli anglicismi che registriamo in queste Nuove Parole Italiane dell’Uso sono 763, otto su dieci esotismi.
L’80% di 763 è circa 610; dunque la cifra complessiva sale piú o meno a 8683.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
promessainfranta
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Intervento di promessainfranta »

Sapete quanti sono gli italianismi presenti nelle varie lingue europee?Grazie per la risposta.
Ultima modifica di promessainfranta in data mer, 01 ott 2008 14:17, modificato 1 volta in totale.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: Grazie, Bubu7, del collegamento.
Prego. :)
Marco1971 ha scritto:Una lingua di cultura deve poter trattare di tutto lo scibile, dev’essere uno strumento capace di parlare di tutto, ricorrendo solo in casi eccezionali allo xenismo inassimilato.
Sono d'accordo.
Marco1971 ha scritto:
Degli anglicismi ogni anno immessi a carrettate da molti dizionari dell’uso nel lemmario, a breve molti se ne vedranno scorrere, cadaveri, lungo il fiume: questione di anni.
Vorrei che l’autore avesse ragione. Ma il suo è un ottimismo che appare fondato s’una mera congettura.
Una congettura che però si fonda su quanto è accaduto fino a oggi.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

bubu7 ha scritto:Una congettura che però si fonda su quanto è accaduto fino a oggi.
Sarebbe interessante condurre uno studio approfondito, per esempio tra Zingarelli undicesima edizione e Zingarelli 2009, per vedere quali e quanti anglicismi siano spariti e quanti comparsi. La mia impressione è che per ogni anglicismo radiato ne siano penetrati venti nuovi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: La mia impressione è che per ogni anglicismo radiato ne siano penetrati venti nuovi.
È possibile.
Quel che è certo è che la maggior parte dei forestierismi ha vita effimera. Ciò non toglie che oggi ne possano entrare più di quanti cadono in disuso.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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