Sulle «oscillazioni» grafiche
Moderatore: Cruscanti
Le varianti sarebbero inutili se fossero date alla rinfusa, senza indicazioni sugli ambiti d'uso.Marco1971 ha scritto:Dubito dell’utilità di tutta la gragnola di varianti date dal DiPI...
Le indicazioni del DiPI forniscono un quadro attendibile della reale situazione della pronuncia odierna e permettono sempre di fare scelte oculate e di esprimere giudizi documentati.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Riportato da un'altra discussione:Marco1971 ha scritto: Il DOP dice errata la grafia dapertutto, mentre considera «meno bene» le forme sopratutto e senonché. E credo che la stampa in generale s’attenga alle doppie in queste parole.
Marco1971 ha scritto:Nella mia edizione c’è scritto «meno com.»: avrò confuso con dapertutto, considerato «err.». Mi voglia scusare questa manchevolezza.bubu7 ha scritto:Vorrei sapere da Marco se nella sua edizione del DOP è realmente scritto [...]:Marco1971 ha scritto:Il DOP […] considera «meno bene» l[a] form[a] sopratutto…
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Il Palazzi (1986), alla voce soprattutto, scrive: «meno corrett. sopratutto, in quanto il prefisso sopra vuole raddoppiata la consonante iniziale della parola a cui si unisce». Nell’italiano modello d’oggi si pronuncia /soprat'tutto/, e la grafia, per coerenza, deve rifletterla. Ecco perché non è raccomandabile scrivere sopratutto (che in antico si poteva adoperare perché la norma ortoepica non era in tutto e per tutto uguale a quella ora vigente).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Un altro bell’esempio di «normatività graditiana» è il mettere a lemma principale la forma errata pressapoco – e i derivati – (da presso + a + poco, non da pressa + poco, quasi derivasse dal verbo ‘pressare’). Le uniche forme accettabili in buon italiano sono: pressappoco, pressappochismo, pressappochista, pressappochistico, ecc., per l’arcinota regola: la preposizione ‘a’ è cogeminante, cioè determina il raddoppiamento della consonante che segue.
Fortunatamente il solito GRADIT non registra ancora l’errata eppur comunissima grafia pressocché (è logico: si toglie o si aggiunge là dove non si deve): l’avverbio si scompone in presso + che e non vuole la doppia ‘c’ (‘presso’ non è cogeminante): pressoché.
Fortunatamente il solito GRADIT non registra ancora l’errata eppur comunissima grafia pressocché (è logico: si toglie o si aggiunge là dove non si deve): l’avverbio si scompone in presso + che e non vuole la doppia ‘c’ (‘presso’ non è cogeminante): pressoché.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Devo aggiungere i risultati d’una ricerca sui siti del Corriere della Sera (CS) e di Repubblica (R). Qui sotto il numero di ricorrenze.
pressappoco: CS 578 (86,53%), R 1057 (90,11%)
pressapoco: CS 90 (13,47%), R 116 (9,89%)
pressoché: CS 6882 (97,31%), R 9368 (97,36%)
pressocché: CS 190 (2,69%), R 254 (2,64%)
Siamo davvero fortunati che non tutti seguano e consultino il GRADIT – l’unico, tra i miei dizionari, a dare il posto d’onore a pressapoco. Gli altri vocabolari, fra cui DISC, Devoto-Oli, Treccani, hanno a lemma principale solo la forma corretta pressappoco (e gli ultimi due non menzionano la grafia scorretta).
L’aspetto normativo del GRADIT è in alcuni casi fallace (senza contare gl’innumeri errori nelle trascrizioni fonetiche). È un vero peccato che un’opera come questa sia cosí poco attenta ai dettagli (soprattutto considerandone il prezzo spropositato!).
pressappoco: CS 578 (86,53%), R 1057 (90,11%)
pressapoco: CS 90 (13,47%), R 116 (9,89%)
pressoché: CS 6882 (97,31%), R 9368 (97,36%)
pressocché: CS 190 (2,69%), R 254 (2,64%)
Siamo davvero fortunati che non tutti seguano e consultino il GRADIT – l’unico, tra i miei dizionari, a dare il posto d’onore a pressapoco. Gli altri vocabolari, fra cui DISC, Devoto-Oli, Treccani, hanno a lemma principale solo la forma corretta pressappoco (e gli ultimi due non menzionano la grafia scorretta).
L’aspetto normativo del GRADIT è in alcuni casi fallace (senza contare gl’innumeri errori nelle trascrizioni fonetiche). È un vero peccato che un’opera come questa sia cosí poco attenta ai dettagli (soprattutto considerandone il prezzo spropositato!).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: Sulle «oscillazioni» grafiche
Ciò che scrive mi sento di condividerlo pienamente. Qualche giorno fa, al supermercato, mi sono imbattuto nel romanzo postumo di Oriana Fallaci, pubblicato recentemente, dal titolo che certamente non aiuta a fissare la norma ortografica: Un cappello pieno di ciliege. Al vederlo confesso di aver strabuzzato gli occhi, quasi incredulo di essermi trovato di fronte ad un simile strafalcione. Giunto a casa ho consultato un paio di vocabolari ed ho constatato, ahimè o aimè:-), che la forma senza semiconsonantica è ammessa. Rimango perplesso poiché ciò non favorisce la chiarezza, bensì aumenta l'incertezza, come ben sottolineato da Marco 1971.Marco1971 ha scritto:Se nel campo della sintassi certi cambiamenti, per analogia o semplificazione, si giustificano, non mi sembra salúbre il lassismo dei nostri dizionari nell’accogliere certe varianti grafiche devianti. Mi riferisco alle parole che, univerbate, richiedono la cogeminazione: soprattutto, sennonché, dappertutto, per citarne solo tre, che troppo spesso s’incontrano scritte sopratutto, senonché, dapertutto. Compito del vocabolario, secondo me, sarebbe di segnalarle come errate, non di registrarle come varianti legittime: l’ortografia dovrebbe rimanere omogenea, specie per vocaboli d’uso cosí comune. L’utente che ha un dubbio e consulta il dizionario per risolverlo, senza indicazioni chiare rimane a bocca asciutta, e questo non mi pare un bene. In francese, in spagnolo, in portoghese, ma anche in tedesco e in inglese i casi di doppia ortografia, nei termini del lessico di base, sono pressoché se non del tutto inesistenti: la grafia è una, e chi non la segue commette un errore. Ma noi, menefreghisti, tolleriamo e sanciamo gli errori.![]()
Mi fa piacere che lei la pensi cosí.
Bisogna dire, però, che il caso di ciliegie/ciliege risulta indolore sul piano fonetico: la pronuncia non cambia, e, in fondo, quella ‘i’ non serve a molto.
Lei mi dà modo di ricordare a tutti che la regola dei plurali delle parole in -cia/-gia è una regola «di comodo». Rimando a un vecchio intervento.

Lei mi dà modo di ricordare a tutti che la regola dei plurali delle parole in -cia/-gia è una regola «di comodo». Rimando a un vecchio intervento.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ricollegandoci a quanto si diceva nell'altro filone a proposito della normatività del GRADIT: non sono affatto convinto che sopratutto sia cosí diffuso come si vuol fare credere (vale anche per cosidetto).
Voglio dire, è un errore (non gravissimo) diffuso, ma pur sempre percepito come errore.
Leggendo le Lettere a una gentile signora di Gadda, ho trovato un sopratutto, cosí come un sí senza accento, che sono stati lasciati giustamente per mantenere la confidenzialità originale; ma erano solo momenti di debolezza, perché nelle lettere sono piú comuni le forme corrette.
Anche in Wikipedia (scusate se vi tedio con questi esempi, ma poiché fra i wikipediani c'è di tutto può essere significativo) si trovano molti sopratutto e cosidetto; ma la stragrande maggioranza degli utenti li corregge senza scrupolo, benché ci sia pure chi con posizioni simili a quelle di bubu dice che non si dovrebbero fare correzioni automatiche di varianti come queste (che comunque ci sono per risparmiare dell'inutile fatica manuale).
Voglio dire, è un errore (non gravissimo) diffuso, ma pur sempre percepito come errore.
Leggendo le Lettere a una gentile signora di Gadda, ho trovato un sopratutto, cosí come un sí senza accento, che sono stati lasciati giustamente per mantenere la confidenzialità originale; ma erano solo momenti di debolezza, perché nelle lettere sono piú comuni le forme corrette.
Anche in Wikipedia (scusate se vi tedio con questi esempi, ma poiché fra i wikipediani c'è di tutto può essere significativo) si trovano molti sopratutto e cosidetto; ma la stragrande maggioranza degli utenti li corregge senza scrupolo, benché ci sia pure chi con posizioni simili a quelle di bubu dice che non si dovrebbero fare correzioni automatiche di varianti come queste (che comunque ci sono per risparmiare dell'inutile fatica manuale).
Su sopratutto non mi sembra che vi sia altro da aggiungere a quanto ho scritto in precedenza.
Sulla trattazione delle varianti di pressappoco sono d’accordo con Marco su quale sia la variante consigliabile (principale). Segnalerò l’errore alla Redazione del Gradit.
Sulla trattazione delle varianti di pressappoco sono d’accordo con Marco su quale sia la variante consigliabile (principale). Segnalerò l’errore alla Redazione del Gradit.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Certo, non dubiti.Marco1971 ha scritto:Ci faccia sapere se accetteranno di correggere.

Mi permetto di farle un’amichevole tiratina d’orecchi solo perché conosco lo scrupolo con cui consulta i suoi dizionari.Marco1971 ha scritto:Siamo davvero fortunati che non tutti seguano e consultino il GRADIT – l’unico, tra i miei dizionari, a dare il posto d’onore a pressapoco.
Ha dimenticato di consultare il Battaglia. Se l’avesse fatto avrebbe trovato la probabile spiegazione dell’errore del Gradit. Una delle fonti lessicografiche principali del Gradit è stata proprio il Battaglia nel quale è presente lo stesso errore.
Tutto questo non inficia l’autorevolezza complessiva dei due dizionari: in opere di questa mole l’errore puntuale è sempre in agguato.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Giusto, avevo dimenticato.
Però insomma, avranno pur consultato altre fonti, e che non abbiano visto che la forma raddoppiata è quella consigliata da tutti gli altri dizionari è piuttosto strano...
Aggiungo che nella tradizione letteraria è rara l’univerbazione di pressappoco: qualche esempio nel Battaglia, ma nella LIZ[a] non ce n’è alcuna occorrenza. Le uniche forme che ho trovato sono presso a poco (99) e press’a poco (43).

Aggiungo che nella tradizione letteraria è rara l’univerbazione di pressappoco: qualche esempio nel Battaglia, ma nella LIZ[a] non ce n’è alcuna occorrenza. Le uniche forme che ho trovato sono presso a poco (99) e press’a poco (43).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Infatti si è trattato di una leggerezza.Marco1971 ha scritto: Però insomma, avranno pur consultato altre fonti, e che non abbiano visto che la forma raddoppiata è quella consigliata da tutti gli altri dizionari è piuttosto strano...
Speriamo che la voce, dopo la mia segnalazione, venga emendata.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Re: Sulle «oscillazioni» grafiche
La risposta dei curatori del sito dell’Accademia.promessainfranta ha scritto:Qualche giorno fa, al supermercato, mi sono imbattuto nel romanzo postumo di Oriana Fallaci, pubblicato recentemente, dal titolo che certamente non aiuta a fissare la norma ortografica: Un cappello pieno di ciliege. Al vederlo confesso di aver strabuzzato gli occhi, quasi incredulo di essermi trovato di fronte ad un simile strafalcione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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