Oh! Chi osò modificare speedometer? Un nefelofilo... Ma piú nubifera ancora fu la mente di chi non pensò al trasparente velocimetro (autovelox è un nome commerciale e nell’uso comune potrebbe benissimo dirsi velocimetro, che è registrato in tal senso).
La variante spidometro renderebbe accettabile questo termine; sennonché rimane una larva.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Speedòmetro, sm. Tecn. Rar. Tachimetro. 2. Aeron. Strumento che misura la velocità relativa di un velivolo rispetto all’aria circostante o la velocità vera rispetto al terreno. 3. Marin. Strumento che serve a misurare la velocità di un’imbarcazione.
Per le accezioni 2 e 3 basta velocimetro.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
A questo punto cito anche le accezioni di velocimetro (stessa fonte):
Velocímetro, sm. Balist. Dispositivo per determinare la velocità iniziale di un proietto di artiglieria. 2. Per estens. Tachimetro. 3. Strumento utilizzato dalle forze dell’ordine per controllare la velocità dei veicoli in transito.
La voce deriva dall’inglese velocimeter, coniata nel 1842 da M. Spencer.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ma, appunto, velocimetro è un (utilissimo) iperonimo: per le tre accezioni di speedometro può bastare anche tachimetro, che non si può riferire a usi balistici o all'autovelox, almeno che io sappia (per quanto etimologicamente i due termini siano equivalenti).
L’ho foggiato con gli elementi greci nefelo- ‘nube, nebbia’ e -filo ‘amico’, quindi ‘chi ama le nubi’ e, per estensione, chi ha la mente annebbiata.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non lo sapevo, ma ho appena visto il filone su Wordreference.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.