Ogni lingua (e il dialetto, dal punto di vista funzionale, per molti aspetti è una lingua a sé), in realtà, rappresenta un'autonoma e originale organizzazione concettuale del mondo, condizionata da fattori extra-linguistici (sociali e culturali, sedimentati nel tempo), che interpreta i dati della realtà in un certo modo, non per forza condiviso da altre lingue. Se certe parlate inuit (eschimesi) conoscono cento modi per definire il colore bianco, cogliendone sfumature per noi - abitanti delle fasce temperate del pianeta - non percettibili, è perché in un mondo colorato di bianco l'occhio culturale degli abitanti ha letto, interpretato e tradotto in segni linguistici differenti le svariate caratteristiche del "bianco" necessarie per il sistema di vita e di valori degli eschimesi. Può essere utile sapere - per esempio - che quel "bianco quasi bianco-neve, ma neve un po' sporca, e sporca non di grigio ma di marrone chiaro tendente al grigio" individua zone di ghiaccio pericolose se sottoposte a pressioni troppo forti: dunque può rivelarsi utile, necessario, nella parlata inuit, possedere un termine che individui quella precisa tonalità di bianco, distinguendola dal bianco "quasi bianco-neve, ma neve un po' sporca, e sporca non di grigio ma di marrone chiaro non tendente al grigio", tipica di ghiacci non pericolosi, cui si associa un altro termine autonomo. In Italia e in italiano, che ce ne faremmo di una simile distinzione?
Ricordo che ne abbiamo parlato qui ma, soprattutto io, non avevo centrato un aspetto sostanziale del problema.
L’eschimese, poiché è una lingua essenzialmente polisintetica, non distingue bene la parola dalla frase. È meglio parlare in questo caso di unità lessicale composta da diversi morfemi, che sono le entità elementari provviste di significato.
Possiamo dire che, in eschimese, non esistono numerosi morfemi lessicali che indicano i diversi tipi di neve.
Esistono però molteplici unità lessicali che discriminano i diversi tipi di neve.
Quando parlavamo della possibilità di una lingua di discriminare diversi aspetti della realtà, confondevamo due problemi diversi.
Da una parte, la capacità di una certa cultura di discriminare determinati aspetti del mondo, dall’altra, l’esistenza di un termine specifico per identificare questi aspetti.
Una cultura può discriminare o meno certi aspetti del mondo. Se li discrimina, può possedere o meno un singolo termine specifico per indicarli. Questo dipende, tra l’altro, dalla struttura della lingua. Una lingua isolante dovrà più facilmente, per motivi di economia, ricorrere ad una frase piuttosto che a termini diversi; all’opposto, una lingua polisintetica ricorrerà a parole (che saranno spesso intere frasi) diverse.
Chissà se questa spiegazione riuscirà a rendere finalmente tranquilli i miei sonni…
