(fam. inform.) il navigare in rete senza uno scopo preciso, il perdersi in rete (passando da un sito all’altro fino a dimenticare che cosa si stava cercando)
Da What was I Looking For?, che cosa stavo cercando?
Non seguiremo queste vacue vie. Ci basta snavigazione, sfruttando il doppio senso di s-.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Mi scusi se dissento, ma navigata esprime il solo concetto di ‘navigazione in rete’, non quel che vorrebbe dire wilfing...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi) «Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Marco1971 ha scritto:Dal solito Garzanti Linguistica:
Wilfing
(fam. inform.) il navigare in rete senza uno scopo preciso, il perdersi in rete (passando da un sito all’altro fino a dimenticare che cosa si stava cercando)
Da What was I Looking For?, che cosa stavo cercando?
Non seguiremo queste vacue vie. Ci basta snavigazione, sfruttando il doppio senso di s-.
Ma perché non dice semplicemente andare a zonzo per la rete?
Freelancer ha scritto:Ma perché non dice semplicemente andare a zonzo per la rete?
Perché, caro Roberto, andare a zonzo per la rete è uno dei molti sinonimi di navigare in rete, e siamo al punto di prima, non c’è quel senso d’inutilità presente nella definizione riportata. Con s- si negherebbe quasi la navigazione (legare/slegare, ragionare/sragionare, ecc.).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Dissento. Se le parole hanno ancora un senso, chi naviga - letteralmente o metaforicamente - segue un certo percorso; se invece non ha una meta precisa e solo passa il tempo, allora, per l'appunto, va a zonzo.
D’accordo. Per me va benissimo. Ma crede che wilfing non correrà di bocca in bocca e che non finirà nei vocabolari?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Certamente ci sarà chi si farà incantare da questa parola o semplicemente seguirà la moda. Quale sarà l'eventuale resistenza di questo termine lo vedremo nel corso del tempo.
Comunque abbiamo già sviscerato questo argomento: a mio parere il modo migliore di contrastare queste tendenze è sottolineare l'esistenza di parole o sintagmi già esistenti quando convoglino perfettamente il senso originale, e usarli, anziché seguire la strada della coniazione a ogni costo del neologismo "equivalente".
Sono d’accordo con lei, ma fino a un certo punto: come lei sa, bisogna tener conto anche della connotazione delle parole, e wilfing mostra una tecnicità che andare a zonzo per la rete non ha. Di qui una coniazione di pari registro, coniazione tutto fuorché appariscente e che segue i meccanismi piú diffusi e naturali della lingua.
P.S. Segnalo la proposta dell’Office québécois de la langue française: naviguerrance (composto di ‘naviga[re]’ e ‘erranza’).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Povero me, avremmo dunque una triplice gradazione: navigazione, surfing e wilfing? Già trovavo eccessivo usare due parole diverse (a prescindere dai prestiti)!
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
CarloB ha scritto:Visto che siamo in tempo di vacanze e un po' di svago è consentito, anzi è obbligatorio, perché non dire: reteggiare?
Ci sarebbero mille possibilità, e, dal momento che una fra le mille prende piede nell’uso generale, io son contento e l’adotto anche se non è linguisticamente la migliore possibile. Non vedo però sottinteso in reteggiare il concetto di ‘erranza’ e di ‘inutilità’, che invece sarebbe nella mia proposta iniziale snavigare.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.