Il contrario di «profondo»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sia chiaro che io non ho mai insistito sulla necessità d’un neologismo come improfondo: tutta questa discussione è sorta dal suo ritenerlo «improponibile», che è, questa sí, un’improponibile affermazione (com’è stato dimostrato sopra). A decidere se questa parola avrà largo corso sarà, come sempre, solo e soltanto l’uso, fuori d’ogni oracolo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: tutta questa discussione è sorta dal suo ritenerlo «improponibile»...
Sono d'accordo, e mi sembra che, comunque, la discussione sia servita a ripassare alcuni fenomeni linguistici.
Marco1971 ha scritto: che è, questa sí, un’improponibile affermazione (com’è stato dimostrato sopra).
Su questo non sono d'accordo. Neanche sulla presunta dimostrazione. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Che lei non sia d’accordo lo sapevo già, ma ciò non cambia il fatto che persone di madrelingua italiana e d’un certo livello culturale abbiano adoperato improfondo e improfondità, il che basta da sé a confutare la sua tesi dell’improponibilità.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:...com’è stato dimostrato sopra.
A eccezione delle scienze 'dure' - come matematica, fisica e analoghe, quindi non certamente la linguistica - penso che sarebbe bene evitare la parola dimostrazione, ma parlare semplicemente di argomentazione più o meno efficace volta a convincere.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:A eccezione delle scienze 'dure' - come matematica, fisica e analoghe, quindi non certamente la linguistica - penso che sarebbe bene evitare la parola dimostrazione, ma parlare semplicemente di argomentazione più o meno efficace volta a convincere.
Il Treccani in linea ha scritto:dimostrazione 1 c. Argomentazione attraverso la quale si stabilisce che una certa nozione o tesi o teoria è vera; più genericam., qualsiasi ragionamento con cui si vuol provare la verità di un’asserzione: la fede ha per proprio suo fondamento o la d. o l’autorità (Romagnosi); verità assiomatiche che non hanno necessità di d.; dare una d. dell’esattezza dei proprî calcoli; una d. esauriente, convincente, inconfutabile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Quello che intendevo dire, e lei lo sa bene, è che nel nostro ambito, ossia della linguistica, chi fa l'argomentazione non può dire com'è stato dimostrato; dovrebbe lasciare agli altri il giudizio se ha 'dimostrato' o meno qualcosa.
:wink:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Quindi se lei mi dice che il panda non esiste e io la porto in un posto dove lei può vedere con i suoi occhi quattro panda, continua a dirmi che ciò non è dimostrativo e che bisogna avere il giudizio degli altri? Mi dice che li ho creati io con un’illusione ottica? :?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Quindi se lei mi dice che marketing, computer e mouse non sono parole del lessico italiano ma parole meteche ben diverse da vendistica, calcolatore e topo e io la porto in un posto dove lei può vedere con i suoi occhi milioni di occorrenze di queste parole usate da tutti i parlanti nativi di vari livelli d'istruzione e in vari registri, continua a dirmi che ciò non è dimostrativo? Mi dice che le ho create io con un'illusione ottica?
:wink:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il caso è ben diverso, e lei lo sa. E quando avrei detto che sono parole inesistenti o improponibili? Ho detto che sarebbe meglio sostituirle con parole italiane, nulla piú. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:Che lei non sia d’accordo lo sapevo già, ma ciò non cambia il fatto che persone di madrelingua italiana e d’un certo livello culturale abbiano adoperato improfondo e improfondità, il che basta da sé a confutare la sua tesi dell’improponibilità.
La mia obiezione era legata alla sua affermazione: In tutti gli altri stili, dal momento che il neologismo è ben formato e comprensibile (o chiosato), non ci sono restrizioni.
La mia tesi era che improfondo è improponibile, nella maggior parte degli stili, perché è bloccato da sinonimi più banali o diffusi.
Poi lei ha specificato che voleva riferirsi alle sole restrizioni di tipo strutturale e, su questo, posso essere d'accordo.
L'iniziale malinteso ci ha permesso di ripassare alcuni fenomeni linguistici e questa mi sembra la cosa più importante.
Come ha saggiamente ricordato Roberto lasciamo a chi ci legge il giudizio sull'accettabilità delle diverse tesi. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie del riassunto (in cui manca solo un accenno alle attestazioni). :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:Grazie del riassunto (in cui manca solo un accenno alle attestazioni). :)
A che servirebbe, allora, il lavoro di squadra? :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Si scopron le tombe, si levano i morti

Intervento di giulia tonelli »

Vi leggo sempre, miei vecchi amici, ma non intervengo mai perche' mi sono stufata da sola di dire sempre le stesse cose. Ma questa volta ho da dire una cosa diversa dal solito, e quindi intervengo.
Io, che sono sempre stata contraria ai neologismi, sostengo "improfondo". Mi pare una parola naturalissima, e non esiterei a usarla. E poi mi ha sempre disturbato, l'assenza di una parola per dire shalllow, nelle traduzioni a volte bisogna fare dei giri veramente antiestetici.
Ladim
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Intervento di Ladim »

Il dilagare sulla proprietà semantica di una parola o di un termine, di un uso, o più semplicemente il sottolineare le sue controindicazioni denotative comporta il rischio di confondere, e non di aiutare la trasparenza – così mi pare. E le parole sono scelte ancora per marcare l’intenzione, il carattere di chi parla; ché anche le scienze esatte, nonostante la loro infallibile coerenza, inclinano all’argomentare, e cioè parlano soltanto a chi può condividere, o a chi può essere coerentemente persuaso dell’essenza di un ordine nuovo, magari più comprensivo (diversamente coerente).

Qui è più facile, e ognuno può dire la sua. Ferma restando l’acuta osservazione che «poco» è elemento linguistico [italiano] di vaga grafia, spesso tradizionalmente incurante di una più pacifica univerbazione. Ma la linguistica parlerebbe di locuzione, specificando la natura complessa di un’indivisa tessera del linguaggio.

Sulla legittimità d’«improfondo» spezzo la mia lancia, accampando la risibile argomentazione che è parola «speciale» e bella, vale a dire che piace, e forse soltanto a chi ha imparato a sentire la propria lingua in un modo certo – veniam date – più che in un certo modo.
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