Punteggiatura
Moderatore: Cruscanti
Molti scrittori hanno questo vezzo. Secondo la grammatica di Battaglia e Pernicone (Torino, Loescher, 1951), chi ne fa piú uso sarebbe Cicognani. Riporto il passo (pp. 65-66, nella mia ristampa del 1984).
Forse il narratore che piú di tutti ricorre alla pausa dei due punti è Bruno Cicognani. Li ripete anche nello stesso periodo: «Il lusso della strada eran due piòli di pietra: uno di qua e uno di là da un portone coi suoi bravi scalini: ogni cosa corroso e sbocconcellato» (Velia, p. 31); oppure: «E c’era sempre quello piú ostinato che poi la seguiva: e allora era il bello: portarselo dietro» (ivi, p.93); perfino tre volte di seguito: «Nelle lunghe serate era un piacere sulla terrazzina stare a prendere il fresco: il fresco impregnato d’odore: umidi odori dei fieni falciati, odori di desiderio ai margini della campagna, presso ai giardini e ai viali: quel che di giorno è stata passione di sole, ora si stempra in voluttuoso godío» (ivi, p. 95). E si consideri la struttura di quest’altro periodo: «Non poté piú star fermo: il viale deserto: nei campi le prime lucciole; il suo passo: che effetto! sentir la propria presenza: paura d’esser cosí solo con sé, che allora certe domande non ànno divago e penetrano e occupano, diventano ossessione, non ci se ne può liberare: si sente che in quella domanda è implicata la vita» (ivi, p. 175). Può sembrare un abuso di questo scrittore; ma questo tipo d’interpunzione gli agevola la pagina, e si rivela intrinseco alla sua sintassi narrativa. Si veda, per esempio, quest’altra pagina dello stesso Cicognani, che all’alternativa dei due punti e del punto e virgola affida un delicato impasto di colori e di linee: «Passo del viandante, scalpiccío d’un gregge, un calesse, un barroccino lontano: búbboli dei muli; e incanto, silenzio: eppur gorgheggiare d’uccelli, il verso del cuculo; ombre d’ulivi, di cipressi, d’acacie: nei tratti scoperti, veduta da Monte Senario a Firenze: una carezza improvvisa di vento arriccia, lí, per un istante, qualche cosa come un velo: ecco la strada montereggina» (Strada facendo, p. 12).
Ecco, quando, come qui, serve l’arte, è un conto. Ma nella prosa normale, che mira piú all’informazione che alla suggestione, sarà meglio – anche perché occorre gran maestria a impiegare i due punti a proposito – evitare la ripetizione in sequenza (massimo due di séguito).
Forse il narratore che piú di tutti ricorre alla pausa dei due punti è Bruno Cicognani. Li ripete anche nello stesso periodo: «Il lusso della strada eran due piòli di pietra: uno di qua e uno di là da un portone coi suoi bravi scalini: ogni cosa corroso e sbocconcellato» (Velia, p. 31); oppure: «E c’era sempre quello piú ostinato che poi la seguiva: e allora era il bello: portarselo dietro» (ivi, p.93); perfino tre volte di seguito: «Nelle lunghe serate era un piacere sulla terrazzina stare a prendere il fresco: il fresco impregnato d’odore: umidi odori dei fieni falciati, odori di desiderio ai margini della campagna, presso ai giardini e ai viali: quel che di giorno è stata passione di sole, ora si stempra in voluttuoso godío» (ivi, p. 95). E si consideri la struttura di quest’altro periodo: «Non poté piú star fermo: il viale deserto: nei campi le prime lucciole; il suo passo: che effetto! sentir la propria presenza: paura d’esser cosí solo con sé, che allora certe domande non ànno divago e penetrano e occupano, diventano ossessione, non ci se ne può liberare: si sente che in quella domanda è implicata la vita» (ivi, p. 175). Può sembrare un abuso di questo scrittore; ma questo tipo d’interpunzione gli agevola la pagina, e si rivela intrinseco alla sua sintassi narrativa. Si veda, per esempio, quest’altra pagina dello stesso Cicognani, che all’alternativa dei due punti e del punto e virgola affida un delicato impasto di colori e di linee: «Passo del viandante, scalpiccío d’un gregge, un calesse, un barroccino lontano: búbboli dei muli; e incanto, silenzio: eppur gorgheggiare d’uccelli, il verso del cuculo; ombre d’ulivi, di cipressi, d’acacie: nei tratti scoperti, veduta da Monte Senario a Firenze: una carezza improvvisa di vento arriccia, lí, per un istante, qualche cosa come un velo: ecco la strada montereggina» (Strada facendo, p. 12).
Ecco, quando, come qui, serve l’arte, è un conto. Ma nella prosa normale, che mira piú all’informazione che alla suggestione, sarà meglio – anche perché occorre gran maestria a impiegare i due punti a proposito – evitare la ripetizione in sequenza (massimo due di séguito).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37
Giovanni Nencioni, da lei ripetutamente citato, ci ha messo in guardia contro una concezione troppo rigorosamente grammaticale della lingua. Qui ogni cosa non è percepito come ogni + cosa, ma come un’unità che vale tutto.
Si pensi a qualcosa: diciamo qualcosa di buono anche se in origine è qualche cosa.
Si pensi a qualcosa: diciamo qualcosa di buono anche se in origine è qualche cosa.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sostituire "ogni cosa" con "tutto" è un'ottima soluzione, purché fatta preventivamente, mi sembra.
Seguendo il suo ragionamento, la frase "oggi ogni persona è connessa alle altre" si potrebbe scrivere "oggi ogni persona è connesso alle altre" perché qui "persona" è percepito come "essere umano". O no?
Seguendo il suo ragionamento, la frase "oggi ogni persona è connessa alle altre" si potrebbe scrivere "oggi ogni persona è connesso alle altre" perché qui "persona" è percepito come "essere umano". O no?
No, vede, qui lei fa, secondo me, un errore di ragionamento, o un errore di sensibilità, se ciò esiste. Quando s’introduce il verbo (qui ‘essere’) si stabilisce un legame sintattico inscindibile tra soggetto e predicato; quando manca il verbo, la concordanza a senso risulta piú naturale e accettabile proprio perché manca quel legame. Avevo fatto l’esempio di ‘qualcosa’, in origine femminile e ora passato al neutro, ossia, in italiano, maschile. Non vale quella prova? In che cosa sarebbe diverso ‘ogni cosa’ (se non che è scritto staccato)?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Risponderei, chiedendole scusa per la veemenza precedente – dovuta ad altro – che non è ‘normale’. Nell’esempio cicognaniano siamo nel mondo letterario, e lei fa bene a sottolineare che esuliamo dalla lingua comune. Certamente ‘ogni cosa’ di solito (specie se c’è, appunto, il verbo) concorda al femminile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Reduce dai notturni turbini, trovo nel Battaglia un’accezione particolare di ogni cosa con la concordanza al maschile:
– Ogni cosa: tutto un determinato luogo, tutta una determinata regione o un paese, ecc.
Boccaccio, Dec., 2-3 (146): Tu vedi che ogni cosa è pieno.
Ariosto, 24-93: Piú e piú giorni gran spazio di terra / cercaro, e sempre per lochi piú inculti, / che pieno essendo ogni cosa di guerra / voleano gir piú che poteano occulti.
Tasso, 19-30: Ogni cosa di strage era già pieno.
Strano che compaia sempre lo stesso aggettivo pieno. A ogni modo, forse Cicognani aveva nell’orecchio questi classici...
– Ogni cosa: tutto un determinato luogo, tutta una determinata regione o un paese, ecc.
Boccaccio, Dec., 2-3 (146): Tu vedi che ogni cosa è pieno.
Ariosto, 24-93: Piú e piú giorni gran spazio di terra / cercaro, e sempre per lochi piú inculti, / che pieno essendo ogni cosa di guerra / voleano gir piú che poteano occulti.
Tasso, 19-30: Ogni cosa di strage era già pieno.
Strano che compaia sempre lo stesso aggettivo pieno. A ogni modo, forse Cicognani aveva nell’orecchio questi classici...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
Punteggiatura dopo i punti interrogativi ed esclamativi
Dopo un punto interrogativo o esclamativo che non interrompe il discorso della frase, tipo in un discorso indiretto libero, è possibile inserire un punto e virgola, una virgola o i due punti?
Non credo che sia ammesso; personalmente non rammento d’aver incontrato sequenze come ?, / ?; / ?: e simili. Ho riletto la trattazione dei punti interrogativo e esclamativo nel Prontuario di punteggiatura di Bice Mortara Garavelli, ma non è menzionato nulla al riguardo. Per me non è lecito, perché questi due segni (? e !) hanno già in sé l’ufficio di segnalare un’interruzione, piú o meno breve, nella catena del discorso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
E' una curiosità che mi è sorta dopo aver letto questo intervento di Arcangeli nella sua rubrica di linguistica, e poi anche in un esempio della Treccani («Pronto!, mi sente?») al lemma «fatico».
Oggi molte persone si considerano linguisti, e quando si leggono risposte o approssimative o incomplete o addirittura errate, anche su questioni semplicissime, si resta sconcertati. Non vorrei dire che la risposta è sbagliata, perché la punteggiatura è una zona della stilistica tra le meno regolamentate e regolamentabili; dobbiamo tuttavia ammettere che l’accettabilità di certe sequenze di segni è data dalla tradizione tipografica dal Novecento ai nostri giorni. I punti interrogativi e esclamativi, come dicevo prima, segnalano da sé la pausa e la virgola qui, oltre a essere antiestetica, è anche innecessaria. Si vedano questi esempi gaddiani, riportati nel prontuario della Garavelli citato sopra:
Vagava, sola, nella casa. Ed erano quei muri, quel rame, tutto ciò che le era rimasto? di una vita.
Ma che cos’era il sole? Quale giorno portava? sopra i latrati del buio.
Il figlio che le aveva sorriso, brevi primavere! che cosí dolcemente, passionatamente, l’aveva carezzata, baciata.
L’esempio del Treccani alla voce fatico forse non è probante, perché i lessicografi sono usi porre le virgole tra un esempio e l’altro, e forse questa virgola qui sarà sfuggita. Alla voce pronto vediamo infatti la virgola separatrice, tra due opzioni (la scelta tra punto interrogativo e esclamativo indica la diversità del tono della voce):
inoltre, pronto?, pronto! sono le parole con cui usualmente si dà inizio a una conversazione telefonica.
Consiglierei, a chi non abbia autorità di scrittore, di evitare l’uso di virgole, punti e virgola e due punti dopo i punti interrogativo e esclamativo: questi due segni d’interpunzione bastano a sé stessi.
Vagava, sola, nella casa. Ed erano quei muri, quel rame, tutto ciò che le era rimasto? di una vita.
Ma che cos’era il sole? Quale giorno portava? sopra i latrati del buio.
Il figlio che le aveva sorriso, brevi primavere! che cosí dolcemente, passionatamente, l’aveva carezzata, baciata.
L’esempio del Treccani alla voce fatico forse non è probante, perché i lessicografi sono usi porre le virgole tra un esempio e l’altro, e forse questa virgola qui sarà sfuggita. Alla voce pronto vediamo infatti la virgola separatrice, tra due opzioni (la scelta tra punto interrogativo e esclamativo indica la diversità del tono della voce):
inoltre, pronto?, pronto! sono le parole con cui usualmente si dà inizio a una conversazione telefonica.
Consiglierei, a chi non abbia autorità di scrittore, di evitare l’uso di virgole, punti e virgola e due punti dopo i punti interrogativo e esclamativo: questi due segni d’interpunzione bastano a sé stessi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: gio, 05 gen 2012 14:51
- Località: dove più stretto è lo Stivale
Noto che spesso il punto esclamativo e quello interrogativo vengono accostati. Per esempio: Chi sarà mai costui?!
Così, a naso, non mi convince molto.
Loro cosa ne pensano?
È errato? È ammesso? È tollerato?
Grazie,
Perasperaadastra
Così, a naso, non mi convince molto.
Loro cosa ne pensano?
È errato? È ammesso? È tollerato?
Grazie,
Perasperaadastra
Ho un cervello, non sono analfabeta e non sento l'irrefrenabile bisogno di deturpare la mia lingua madre con "k" e abbreviazioni.
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- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
Credo proprio di sì! Aspettando interventi più esperti, le riporto casa dice Serianni (I.216-217.):
«È stato osservato [...] che il punto interrogativo può talvolta corrispondere a una curva melodica esclamativa. [...] Nel caso di queste interrogative apparenti o anche quando si riprende un'espressione detta da altri che ci sorprenda per qualsiasi motivo, si può ricorrere alla comninazione di punto interrogativo ed esclamativo (?!, !?). [...] Più rara, nella prosa letteraria, l'iteraz del punto interrogativo o esclamativo (??, ???, !!, !!!), che ricorre soprattutto nella pubblicità [...]» (sottolineatura mia).
Inoltre di recente ho notato qualche ?! usato da utenti del forum sicuramente coscienti del suo valore e della sua correttezza.
«È stato osservato [...] che il punto interrogativo può talvolta corrispondere a una curva melodica esclamativa. [...] Nel caso di queste interrogative apparenti o anche quando si riprende un'espressione detta da altri che ci sorprenda per qualsiasi motivo, si può ricorrere alla comninazione di punto interrogativo ed esclamativo (?!, !?). [...] Più rara, nella prosa letteraria, l'iteraz del punto interrogativo o esclamativo (??, ???, !!, !!!), che ricorre soprattutto nella pubblicità [...]» (sottolineatura mia).
Inoltre di recente ho notato qualche ?! usato da utenti del forum sicuramente coscienti del suo valore e della sua correttezza.
Chi c’è in linea
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