Numeri
Moderatore: Cruscanti
Numeri
Ho dei problemi con i numeri.
So che "è buona norma non scrivere i numeri in cifre nell'uso letterario o familiare", ma che "si preferiscono in genere le cifre, quale che sia il tipo di testo, per indicare numeri elevati e non arrotondati." (Serianni)
Eppure in molti casi mi trovo in difficoltà. Per esempio:
Ho pagato l'albergo 178 dollari, il pranzo 60, e il parcheggio 30. Mi rimangono esattamente 1.679 dollari.
Ora, finché si tratta di trenta o sessanta non ho problemi; ma già centosettantotto a me pare lungo e di difficile lettura e preferirei le cifre, per non parlare di milleseicentosettantanove.
Come mi devo comportare con la frase citata, dove compaiono piccoli e grandi numeri? Per coerenza scriverei tutto in cifre, ma naturalmente vorrei sapere la vostra opinione.
(Fuori tema) Colgo l'occasione per ringraziare il Foro: ho acquistato il "Prontuario di punteggiatura" di Bice Mortara Garavelli, del quale ho scoperto qui l'esistenza, e lo sto leggendo con grande interesse.
So che "è buona norma non scrivere i numeri in cifre nell'uso letterario o familiare", ma che "si preferiscono in genere le cifre, quale che sia il tipo di testo, per indicare numeri elevati e non arrotondati." (Serianni)
Eppure in molti casi mi trovo in difficoltà. Per esempio:
Ho pagato l'albergo 178 dollari, il pranzo 60, e il parcheggio 30. Mi rimangono esattamente 1.679 dollari.
Ora, finché si tratta di trenta o sessanta non ho problemi; ma già centosettantotto a me pare lungo e di difficile lettura e preferirei le cifre, per non parlare di milleseicentosettantanove.
Come mi devo comportare con la frase citata, dove compaiono piccoli e grandi numeri? Per coerenza scriverei tutto in cifre, ma naturalmente vorrei sapere la vostra opinione.
(Fuori tema) Colgo l'occasione per ringraziare il Foro: ho acquistato il "Prontuario di punteggiatura" di Bice Mortara Garavelli, del quale ho scoperto qui l'esistenza, e lo sto leggendo con grande interesse.
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Re: Numeri
Le riporto la sezione Numeri che specificano quantità dal capitolo 8 - Numeri e quantità numeriche di Il manuale di stile di Roberto Lesina, un'ottima risorsa:Daniele ha scritto:...Per coerenza scriverei tutto in cifre, ma naturalmente vorrei sapere la vostra opinione.
Secondo una convenzione diffusa, i numeri usati per specificare quantità si scrivono normalmente in lettere se sono minori di 10, in cifre se sono maggiori o uguali a 10*:
Il nuovo modello monta un motore a sei cilindri.
Si possono individuare quattro categorie principali.
L'intero ciclo comprende 14 fasi di lavorazione.
Per ragioni di sicurezza, la capienza della sala è stata ridotta a 240 persone.
Per ragioni di coerenza, due o più numeri di una stessa serie si scrivono tutti in cifre se almeno uno di essi è maggiore o uguale a 10:
Abbiamo ordinato 4 scaffali, 6 tavoli e 12 sedie.
*Talvolta si tende ad assumere come limite il valore 100.
Grazie a Roberto per questa citazione. Aggiungo quanto scritto nel libro Come parlare e scrivere meglio, diretto da Aldo Gabrielli (Milano, Selezione dal Reader’s Digest, 1988, pp. 277-279):
Numeri in lettere o in cifre?
Mia nonna ha ottant’anni: non scriverete quell’ottanta con le cifre. È evidente che in un testo letterario, comprese le vostre lettere personali e d’ufficio, non sarebbe bello leggere:
Appena sonarono le 3, aprimmo tutte e 2 le porte del salone, ma nell’atrio c’erano appena 5 o 6 persone.
Si deve, in tali e simili casi, ricorrere alla trascrizione dei numeri in tutte lettere:
Appena sonarono le tre, aprimmo tutte e due le porte del salone, ma nell’atrio c’erano appena cinque o sei persone.
I numeri in cifre vanno bene quando hanno un valore chiaramente aritmetico: in un libro di matematica, in un progetto tecnico, in un’elencazione numerica precisa, anche nell’indicazione delle date, per specificare sia il giorno sia l’anno:
il 12 gennaio 1974.
In certi atti, per esempio notarili, si deve normalmente scrivere in tutte lettere anche i numeri delle date, ma ciò per maggior garanzia contro abusive correzioni, come già abbiamo visto a proposito degli assegni in banca.
Due esempi, tra i mille (e non “1.000”) che potremo trovare in qualsiasi libro. Ma rifacciamoci ancora una volta a quella miniera di corretto stile che sono I Promessi sposi del Manzoni:
Pensino ora i miei venticinque lettori...
Invece, trattando di date:
Quella grida per le bullette, risoluta il 30 ottobre, non fu stesa che il 23 del mese seguente.
Talvolta, però, specialmente quando si cita il giorno senza voler fare una precisa registrazione di data, cioè senza indicare mese ed eventualmente anno, si scrive il numero in lettere:
Verrò forse il giorno nove.
Quando poi si cita una data come riferimento a un avvenimento storico, o titolo di festività, si suole esprimere il numero in tutte lettere:
il cinque maggio, il quattro novembre, eccetera;
ma piú spesso, in tali casi, si ricorre alle iniziali maiuscole:
il Cinque Maggio, il Quattro Novembre, eccetera.
Talvolta si ricorre ai numeri romani, specialmente in lapidi e iscrizioni solenni:
IV Novembre, XXIV Maggio, XXV Aprile, eccetera.
A parte il fatto che sulle lapidi e le pergamene, sempre per amore di mangnificenza, anche il numero dell’anno viene scritto spesso in caratteri romani: MCMLXXIV, cioè 1974.
Numeri in lettere o in cifre?
Mia nonna ha ottant’anni: non scriverete quell’ottanta con le cifre. È evidente che in un testo letterario, comprese le vostre lettere personali e d’ufficio, non sarebbe bello leggere:
Appena sonarono le 3, aprimmo tutte e 2 le porte del salone, ma nell’atrio c’erano appena 5 o 6 persone.
Si deve, in tali e simili casi, ricorrere alla trascrizione dei numeri in tutte lettere:
Appena sonarono le tre, aprimmo tutte e due le porte del salone, ma nell’atrio c’erano appena cinque o sei persone.
I numeri in cifre vanno bene quando hanno un valore chiaramente aritmetico: in un libro di matematica, in un progetto tecnico, in un’elencazione numerica precisa, anche nell’indicazione delle date, per specificare sia il giorno sia l’anno:
il 12 gennaio 1974.
In certi atti, per esempio notarili, si deve normalmente scrivere in tutte lettere anche i numeri delle date, ma ciò per maggior garanzia contro abusive correzioni, come già abbiamo visto a proposito degli assegni in banca.
Due esempi, tra i mille (e non “1.000”) che potremo trovare in qualsiasi libro. Ma rifacciamoci ancora una volta a quella miniera di corretto stile che sono I Promessi sposi del Manzoni:
Pensino ora i miei venticinque lettori...
Invece, trattando di date:
Quella grida per le bullette, risoluta il 30 ottobre, non fu stesa che il 23 del mese seguente.
Talvolta, però, specialmente quando si cita il giorno senza voler fare una precisa registrazione di data, cioè senza indicare mese ed eventualmente anno, si scrive il numero in lettere:
Verrò forse il giorno nove.
Quando poi si cita una data come riferimento a un avvenimento storico, o titolo di festività, si suole esprimere il numero in tutte lettere:
il cinque maggio, il quattro novembre, eccetera;
ma piú spesso, in tali casi, si ricorre alle iniziali maiuscole:
il Cinque Maggio, il Quattro Novembre, eccetera.
Talvolta si ricorre ai numeri romani, specialmente in lapidi e iscrizioni solenni:
IV Novembre, XXIV Maggio, XXV Aprile, eccetera.
A parte il fatto che sulle lapidi e le pergamene, sempre per amore di mangnificenza, anche il numero dell’anno viene scritto spesso in caratteri romani: MCMLXXIV, cioè 1974.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
Riapro questo filone di ormai tre anni fa per porvi due domande:
1) volendo scrivere in lettere l'anno 1625, è consigliabile milleseicentoventicinque (tutt'attaccato), mille seicentoventicinque, milleseicento venticinque, mille seicento venticinque? Oppure possiamo scegliere a nostra discrezione?
Nella Grammatica di Serianni (VI.3) si trova un esempio letterario tratto da Gozzano: ventotto di giugno del mille ottocentocinquanta. In rete invece ci sono esempi per praticamente tutte le forme.
2) sempre Serianni poco dopo scrive: (si pensi anche al modo di indicare la cilindrata o la marca di un'automobile: «si è comprato una milletré», «mia sorella [...] potrebbe prendere la millenove» Arbasino (sottolineauture mie). Probabilmente se n'è già discusso nel fòro, ma mille non cogemina? Spontaneamente mi verrebbe da dire (e di fatto dico) millettré, millennove, ecc.
1) volendo scrivere in lettere l'anno 1625, è consigliabile milleseicentoventicinque (tutt'attaccato), mille seicentoventicinque, milleseicento venticinque, mille seicento venticinque? Oppure possiamo scegliere a nostra discrezione?

Nella Grammatica di Serianni (VI.3) si trova un esempio letterario tratto da Gozzano: ventotto di giugno del mille ottocentocinquanta. In rete invece ci sono esempi per praticamente tutte le forme.
2) sempre Serianni poco dopo scrive: (si pensi anche al modo di indicare la cilindrata o la marca di un'automobile: «si è comprato una milletré», «mia sorella [...] potrebbe prendere la millenove» Arbasino (sottolineauture mie). Probabilmente se n'è già discusso nel fòro, ma mille non cogemina? Spontaneamente mi verrebbe da dire (e di fatto dico) millettré, millennove, ecc.
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Sì, come del resto anche caffellatte (scritto troppo spesso caffelatte o addirittura *caffèlatte), pallacanestro, pallavolo. Dato che il raddoppiamento sintattico è considerato «strano» dai settentrionali (e il Settentrione ha dominato la scena linguistica dagli anni '50, per poi recentemente cedere lo scettro a Roma), di fatto si sono imposte graficamente le forme con la scempia, che non rispettano la pronuncia italiana di base toscana che io continuo a considerare normativa.Andrea Russo ha scritto: Spontaneamente mi verrebbe da dire (e di fatto dico) millettré, millennove, ecc.
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Esattamente.Brazilian dude ha scritto:Ma non è che pronuncia lì la congiunzione e, che cogemina, ma invece di pronunciarla staccata, la fonde naturalmente con la e di mille e la prolunga?

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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