
Un articolo di G.L. Beccaria
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Un articolo di G.L. Beccaria
Un articolo di G.L. Beccaria sulla "asinità scolastica". Sarebbe interessante sapere se esiste una prospettiva passata, visto che l'accademico della Crusca scrive prospettiva futura. 

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
La prospettiva qui è il punto di vista, ossia il punto da cui «si guarda»: si può volgere lo sguardo al futuro, come anche al passato (diverso il caso di progetti per il futuro, chiaramente ridondante, ma ormai entrato nell’uso in molte lingue).
Il progetto deve dunque attuarsi, il giudizio storico deve diventare azione: questa è la prospettiva futura; ma, aggiungiamo, la prospettiva passata (e sia pure di un passato che solo metaforicamente è «alle nostre spalle») è la documentazione del vero... (Rivista di studi crociani, 1965)
Altri esempi, in testi tutt’altro che fantasiosi, si trovano con Google Libri.
Il progetto deve dunque attuarsi, il giudizio storico deve diventare azione: questa è la prospettiva futura; ma, aggiungiamo, la prospettiva passata (e sia pure di un passato che solo metaforicamente è «alle nostre spalle») è la documentazione del vero... (Rivista di studi crociani, 1965)
Altri esempi, in testi tutt’altro che fantasiosi, si trovano con Google Libri.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Prendo atto, gentile Marco, di quanto ha scritto (con "prove documentali") ma, dalla mia bocca (o dalla mia penna) non uscirà mai una frase con "prospettiva futura" o, peggio (secondo me), "prospettiva passata".
La prospettiva, in senso figurato, è la "previsione di probabili eventi futuri". "Futura", per tanto, è insita in "prospettiva".
La prospettiva, in senso figurato, è la "previsione di probabili eventi futuri". "Futura", per tanto, è insita in "prospettiva".
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Questa, caro Fausto, è l’accezione 3 a del Treccani. Qui c’interessa la 3 b (sott. mia):Fausto Raso ha scritto:La prospettiva, in senso figurato, è la "previsione di probabili eventi futuri". "Futura", per tanto, è insita in "prospettiva".
3 b. L’angolazione, il punto di vista da cui viene considerato un fatto, un problema, esaminata o valutata una situazione, e sim.: studiare la storia della letteratura da una p. crociana; analizzare i fatti sociali da una p. marxista; errore di p., errore di giudizio, di valutazione, riguardo a fatti, situazioni, dati che non vengono considerati nel giusto rapporto rispetto ad altri elementi di confronto. In prospettiva, in lontananza (nel passato o nel futuro) e secondo una particolare ottica: guardare, vedere le cose in prospettiva; le cose sono fatti e i fatti In prospettiva sono appena cenere (Montale).

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Gentile Marco, le trascrivo quanto sostiene (a mio favore) Aldo Gabrielli a proposito di “prospettiva”: “... spesso è usato in senso figurato, alla francese, per indicare la speranza o il timore di una cosa probabile nell’avvenire: ‘ C’è la prospettiva d’un buon affare’; ‘Con questa bella prospettiva c’è poco da stare allegri’; ‘Con la permanente prospettiva di una guerra passa la voglia di costruire’ e simili. È maniera che si dovrebbe sempre evitare; l’italiano dice ‘avvenire’, ‘previsione’, ‘probabilità’, ‘aspettativa’,’attesa’, ‘speranza’, ‘minaccia’ e simili (come si può notare tutti questi sostantivi guardano al “futuro”, parentesi mia): ‘C’è la probabilità d’un buon affare’; ‘Con questo bell’avvenire (o aspettativa, o probabilità) c’è poco da stare allegri’; ‘Con la permanente minaccia d’una guerra’ ecc. Dicono anche: ‘in prospettiva’, ‘nella prospettiva’, ma meglio si direbbe ‘in previsione’, ‘nell’attesa’, ‘nella speranza’, ‘nel timore’ e simili; cosí pure la locuzione ‘avere in prospettiva alcunché’, si potrà meglio sostituire con ‘prevedere’, ‘attendere’, ‘sperare’, ‘temere’, ‘esserci la probabilità’ e simili, secondo i casi”.
Ancora. Da “Sapere.it” (De Agostini): “Prospettiva: insieme di circostanze future che si possono prevedere”.
Dal “Bidizionario italiano” di Giuseppe Pittàno: “Prospettiva: previsione, speranza piú o meno fondata”.
Ancora. Da “Sapere.it” (De Agostini): “Prospettiva: insieme di circostanze future che si possono prevedere”.
Dal “Bidizionario italiano” di Giuseppe Pittàno: “Prospettiva: previsione, speranza piú o meno fondata”.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Purtroppo il Gabrielli qui, come spesso, non porta argomentazione alcuna, limitandosi a esporre le sue preferenze personali.
Nell’accezione 3 a del Treccani («previsione di probabili eventi futuri, soprattutto se spiacevoli»), il termine prospettiva è attestato in italiano prima del 1808 e lo troviamo adoperato da ottimi scrittori, come Manzoni e Leopardi:
Il fine era di vivere prelati colla prospettiva ancor piú ridente di morir cardinali. (Manzoni)
Or la vita degl’italiani è appunto tale, senza prospettiva di miglior sorte futura, senza occupazione, senza scopo e ristretta al solo presente. (Leopardi; [considerazione di grande attualità!])
Ma non in questa accezione è adoperato negli esempi in cui è associato al futuro e al passato: come ho detto sopra, si tratta dell’accezione 3 b del Treccani, col senso generale di «angolazione, punto di vista», che si riallaccia al verbo latino prospectare «guardare verso, guardare da lontano o da un luogo elevato, avere la vista su, affacciarsi su, tener d’occhio, indagare con lo sguardo, spiare» (Conte-Pianezzola-Ranucci).
Ne consegue che la parola prospettiva – in ogni suo significato – ha tutte le carte in regola e pieno diritto di cittadinanza in buon italiano.
Nell’accezione 3 a del Treccani («previsione di probabili eventi futuri, soprattutto se spiacevoli»), il termine prospettiva è attestato in italiano prima del 1808 e lo troviamo adoperato da ottimi scrittori, come Manzoni e Leopardi:
Il fine era di vivere prelati colla prospettiva ancor piú ridente di morir cardinali. (Manzoni)
Or la vita degl’italiani è appunto tale, senza prospettiva di miglior sorte futura, senza occupazione, senza scopo e ristretta al solo presente. (Leopardi; [considerazione di grande attualità!])
Ma non in questa accezione è adoperato negli esempi in cui è associato al futuro e al passato: come ho detto sopra, si tratta dell’accezione 3 b del Treccani, col senso generale di «angolazione, punto di vista», che si riallaccia al verbo latino prospectare «guardare verso, guardare da lontano o da un luogo elevato, avere la vista su, affacciarsi su, tener d’occhio, indagare con lo sguardo, spiare» (Conte-Pianezzola-Ranucci).
Ne consegue che la parola prospettiva – in ogni suo significato – ha tutte le carte in regola e pieno diritto di cittadinanza in buon italiano.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Non mettevo affatto in discussione la legittima cittadinanza di "prospettiva" nella lingua italiana. Sostenevo (e sostengo) che una "prospettiva", vale a dire una "previsione", è sempre... futura e in quanto tale non può riferirsi al passato. A mio giudizio, quindi, una frase tipo "quale prospettiva futura per il nostro Paese?" è errata. Perché, ripeto, una prospettiva è... futura.Marco1971 ha scritto: Ne consegue che la parola prospettiva – in ogni suo significato – ha tutte le carte in regola e pieno diritto di cittadinanza in buon italiano.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Sí, ma torniamo alla frase di partenza, quella di Beccaria, che è:
Ma i tagli sulla cultura, sulla scuola, sulla ricerca, sono sempre e comunque rovinosi, soprattutto in prospettiva futura.
Che cosa significa «in prospettiva futura»? Significa «considerando il futuro», cosí come «in prospettiva passata» vuol dire «considerando il passato»: la «prospettiva» è il modo di guardare, di considerare le cose (in questo contesto).
Naturalmente, se si parla di previsioni, allora l’aggiunta di «futura» dà luogo a una ridondanza (ma una ridondanza non è un errore, è un fatto di stile).
Ma i tagli sulla cultura, sulla scuola, sulla ricerca, sono sempre e comunque rovinosi, soprattutto in prospettiva futura.
Che cosa significa «in prospettiva futura»? Significa «considerando il futuro», cosí come «in prospettiva passata» vuol dire «considerando il passato»: la «prospettiva» è il modo di guardare, di considerare le cose (in questo contesto).
Naturalmente, se si parla di previsioni, allora l’aggiunta di «futura» dà luogo a una ridondanza (ma una ridondanza non è un errore, è un fatto di stile).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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D'accordo, l'aggiunta di "futura" a prospettiva non è un errore ma una ridondanza che in buona lingua italiana è da evitare.
Quanto alla frase di Beccaria, a mio avviso, sarebbe stata piú "sorvegliata" se avesse tolto 'futura': "Ma i tagli sulla cultura, sulla scuola, sulla ricerca, sono sempre e comunque rovinosi, soprattutto in prospettiva" (sottintendendo, ovviamente, il futuro).
PS.: A proposito, non sarebbe stato "piú corretto" scrivere i tagli "alla" cultura, "alla" scuola, "alla" ricerca?
Quanto alla frase di Beccaria, a mio avviso, sarebbe stata piú "sorvegliata" se avesse tolto 'futura': "Ma i tagli sulla cultura, sulla scuola, sulla ricerca, sono sempre e comunque rovinosi, soprattutto in prospettiva" (sottintendendo, ovviamente, il futuro).
PS.: A proposito, non sarebbe stato "piú corretto" scrivere i tagli "alla" cultura, "alla" scuola, "alla" ricerca?
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
La preposizione, mi sembra, dipende da ciò che si sottintende: tagli [fatti] alla cultura, tagli [operati] sulla cultura. Oppure si può interpretare sulla come «riguardanti, che concernono».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Un vago codicillo
Per analogia, l’uso [italiano senz’altro] della «prospettiva» invita a un’interpretazione semplificata che riordini un tutto altrimenti complesso. La prospettiva «passata» o «futura», come si vuol intendere qui, è uno sguardo diacronico che, in certi eventi, vede un comune tendere, una rappresentazione funzionale – come la spazialità di Paolo Uccello, un qualsiasi numero di argomenti che risponda coerentemente a una volontà, per dir così, ben posizionata.
Chi c’è in linea
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