Sui nomi di persona

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Moderatore: Cruscanti

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Arturo
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Sui nomi di persona

Intervento di Arturo »

Vorrei porre un problema riguardo ai nomi di persona e chiedere un vostro parere.
Io credo che i nomi di persona non seguono regole grammaticali. Mi spiego. Consideriamo un novello papà al momento di dichiarare il nome del suo pargolo in municipio davanti all'addetto del comune e ipotizziamo che l'addetto non riesca a capire bene la pronuncia del nome. Ad esempio il novello papà potrebbe voler chiamare il figlioletto con il nome di Salvadore, con la d, magari senza sapere che esiste un nome molto simile (Salvatore) al quale tutti fanno riferimento.
Ammettiamo anche che su richiesta dell'addetto il novello papà continui a dichiarare il nome di "Salvadore", chiaramente con la d.
Cosa deve fare l'addetto comunale? Deve scrivere Salvadore o correggere in Salvatore?
Io so, ma chiedo ulteriori lumi, che deve scrivere Salvadore perchè quella è la volontà espressa chiaramente dal padre.
Di conseguenza il ragazzo si chiamerà Salvadore e dovrà scrivere in tutti gli atti Salvadore. Pertanto io ritengo che non possa esistere una regola grammaticale a riguardo dei nomi propri, ossia non esiste un elenco dei nomi possibili. Tutti i nomi sono possibili, ad eccezione di quelli vietati dalla Legge (Codice Civile).

Salvadore (o Salvatore) non è l'unico caso; Gessica o Jessica è un altro, e di sicuro ognuno di noi ne conosce uno diverso.
Ultima modifica di Arturo in data gio, 21 gen 2010 21:44, modificato 2 volte in totale.
Avatara utente
Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Questo suo dubbio ha poco che fare con la grammatica e la lingua.
Mi pare piuttosto una questione di legislazione nazionale.
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Re: Sui nomi di persona

Intervento di Marco1971 »

Arturo ha scritto:Vorrei porre un problema a riguardo dei nomi di persona...

Pertanto io ritengo che non possa esistere una regola grammaticale a riguardo dei nomi propri...
Tornando alla lingua, vorrei far notare che per significare ‘in relazione a, (in) quanto a’ si adopera la locuzione riguardo a o, piú raramente, in riguardo di. A(l) riguardo di è poco comune e significa ‘in paragone di, rispetto a’:

Riguardo alla vostra richiesta dobbiamo rispondere negativamente.

In riguardo di tuo fratello non è stato deciso nulla.

La luna è molto piccola a riguardo della terra.
(Esempi del Treccani)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Ci mancherebbe che esistesse una lista dei "nomi possibili". :D

Immagino che parli di "grammatica" in quanto, nel caso di "Salvadore", la parola italiana corretta è "salvatore".

Ma non sempre i nomi sono una parola (o un'espressione) nella lingua nazionale.

Piú spesso sono adattamenti di nomi stranieri o cristallizzazioni di espressioni antiche (anche straniere) o altro ancora.

Quando si dà un nome si fa un atto creativo, e il nome può significare qualcosa ma anche no, non importa.
È ovvio quindi che non ci siano "regole".

Anche perché cosa succederebbe, poi, se uno volesse dare al neonato un nome straniero? O inventato? O fare una modifica a un nome esistente?

Il caso Gessica/Jessica è già diverso, si tratta infatti di trascrizioni diverse. Quindi non c'è, in questo caso, una norma "grammaticale" quanto piuttosto una convenzione ortografia.
La grafia inglese è Jessica, la grafia italiana Gessica. Non c'è errore, si tratta di una convenzione diversa (che peraltro non altera la pronuncia).

Spesso poi i nomi differiscono per fattori fonetici.
In Italia esiste il nome Davide. Non è che mia madre abbia fatto un errore a chiamarmi "David", è solo che tale forma rientra nel suo sistema fonologico (è boema), mentre non rientra in quello italiano, dove si altera con la "e" finale.
Lo stesso nome nel sistema fonologico finlandese, ad esempio, divenda "Taavetti": le "d" non sono previste e diventano "t", la doppia "a" dal punto di vista della pronuncia c'è anche in italiano - la lettera dove cade l'accento tonico si pronuncia allungata: in italiano l'ortografia non segnala il fatto, in finlandese ciò accade - e la "i" finale esiste per la stessa ragione della "e" finale italiana (soltanto che si usa la "i" invece che la "e" come scevà, tant'è che si dice film, invece che film[e]).

Non è che ci sia la versione corretta e la versione sbagliata, sono abitudini e convenzioni diverse.
Il sonno della ragione genera mostri.
Arturo
Interventi: 21
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Intervento di Arturo »

Provo a spiegare meglio il problema.
Se ammettiamo che per atto creativo qualcuno voglia chiamare il figlio Salvadore, con la d, o Gessica con g, cosa possibile perchè il Codice Civile lo prevede, ne consegue che scrivendo il nome Salvadore non si commetterà errore.
Allora come mai la stragrande maggioranza delle persone, professori compresi, sono pronti a correggere dicendo: "Si scrive Salvatore e non Salvadore".
Dobbiamo ammettere che la maggioranza di queste persone inventa regole, o fa riferimento a regole inesistenti dimostrando, invece, tutta la loro superficialità e la totale ignoranza delle regole dettate dal Codice Civile per la scelta del nome di una persona.

Per la verità io, per logica, era convinto di quanto ho affermato, ma poteva anche essere che vi fosse qualche regola a me sconosciuta.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Non ci sono regole, ognuno può scegliere come chiamare i propri figli. Chi corregge un nome proprio non è degno di chiamarsi ‘professore’.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Arturo
Interventi: 21
Iscritto in data: sab, 26 dic 2009 20:22

Intervento di Arturo »

Per la verità anche tu hai commesso l'errore.
Infatti nel momento in cui scrivi "Immagino che parli di "grammatica" in quanto, nel caso di "Salvadore", la parola italiana corretta è "salvatore".", commetti un errore.
Non esiste una parola corretta e una errata. Sono corrette entrambi, proprio perchè, come tu stesso affermi, non può esistere un elenco dei nomi possibili, cioè corretti.
Io aggiungo che però esistono delle condizioni, dettate dal Codice Civile, alle quali un nome deve sottostare. Non puoi chiamare, ad esempio, una persona con il nome di uno Stato, o con un nome offensivo, ecc.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Arturo ha scritto:Per la verità anche tu hai commesso l'errore.
A quale errore si riferisce, di grazia? Le ricordo che qui ci si dà del lei, è la regola del foro.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Arturo
Interventi: 21
Iscritto in data: sab, 26 dic 2009 20:22

Intervento di Arturo »

Sono pienamente d'accordo con Te (Marco), ma ti posso assicurare che esistono tali professori e insegnano in un Liceo.
Ti ringrazio per i tuoi suggerimenti e consigli.
Arturo
Interventi: 21
Iscritto in data: sab, 26 dic 2009 20:22

Intervento di Arturo »

La ringrazio ancora per i suggerimenti, ma rilevo che la logica non è tanto il suo forte.
Dal mio messaggio si capisce in modo inequivocabile di chi si parla!
Mi scuso per non aver usato il "Lei", ma mi sembra superato almeno nei forum.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Arturo ha scritto:Mi scuso per non aver usato il "Lei", ma mi sembra superato almeno nei forum.
Non si tratta di sentimenti personali: gli utenti si adeguano alle convenzioni in cui si trovano a dover discorrere. Il fatto che imperversi la maleducazione in rete non è certo un motivo valido per incoraggiarla, e la nostra piazza si distingue da tutte le altre non solo per questo. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
methao_donor
Interventi: 341
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Località: Finlandia

Intervento di methao_donor »

Arturo ha scritto:Per la verità anche tu hai commesso l'errore.
Infatti nel momento in cui scrivi "Immagino che parli di "grammatica" in quanto, nel caso di "Salvadore", la parola italiana corretta è "salvatore".", commetti un errore.
Non esiste una parola corretta e una errata. Sono corrette entrambi, proprio perchè, come tu stesso affermi, non può esistere un elenco dei nomi possibili, cioè corretti.
Io infatti non mi riferisco al nome proprio, bensí alla parola da cui trae origine. Non può esservi errore nel nome proprio, difatti, ma il solito professore avrebbe ragione a segnalarmelo se io scrivessi, ad esempio: "Il calciatore X è stato il salvadore della squadra in una situazione difficile".

Arturo ha scritto:Sono pienamente d'accordo con Te (Marco), ma ti posso assicurare che esistono tali professori e insegnano in un Liceo.
Non mi è difficile crederlo. Purtroppo.
Il sonno della ragione genera mostri.
Avatara utente
Carnby
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Intervento di Carnby »

Arturo ha scritto:Se ammettiamo che per atto creativo qualcuno voglia chiamare il figlio Salvadore, con la d, o Gessica con g, cosa possibile perchè il Codice Civile lo prevede, ne consegue che scrivendo il nome Salvadore non si commetterà errore.
Allora come mai la stragrande maggioranza delle persone, professori compresi, sono pronti a correggere dicendo: "Si scrive Salvatore e non Salvadore".
Salvadore è un nome personale attestato e si può considerare la variante toscana (d'impronta settentrionale) di Salvatore. A riprova di ciò si noti la frequenza e la distribuzione del cognome Salvadori, derivato dal nome proprio. Per approfondimenti, consiglio i due volumi di Emidio De Felice, Dizionario dei nomi italiani e Dizionario dei cognomi italiani, editi da Mondadori.

Per quanto riguarda Gessica, il nome è attestato in alcune traduzioni italiane della commedia The Merchant of Venice (Il mercante di Venezia) di William Shakespeare, dove Jessica, nome ripreso probabilmente da Iesca o Isca (in ebraico Yiskāh), nome di una delle sorelle di Abramo (Gn 11,29), è la figlia di Shylock.
methao_donor
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Iscritto in data: gio, 14 set 2006 23:04
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Intervento di methao_donor »

Ma infatti in Italia (salvo casi particolari) non capisco perché usare Jessica piuttosto che Gessica. Ma non è altro che lo stesso caso di genitori italiani che chiamano il figlio italiano Michele invece che Michael.

Comunque, de gustibus...
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Avatara utente
Polveracchio
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Intervento di Polveracchio »

La sacralità del diritto d’imporre a un bambino un nome del tutto arbitrario credo però cessi quando questo è scritto in un alfabeto non italiano, come il russo Пётр, ma anche Jiří, François, György, Błażej, o quando richiede regole di pronuncia straniere. Piú che il diritto d’imporlo, credo cessi quello di sentirselo pronunciare, in un discorso in italiano, come lo si desidererebbe.
Se è vero che Salvadore potrebbe essere considerato (a ragione o a torto) un Salvatore scritto male, è vero anche che la sua struttura non contravviene ad alcuna norma dell’italiano. Ma Jessica a me vien da leggererlo /'jɛssika/, François tutt’al piú /fraŋ'kɔis/, e con Błażej non saprei come comportarmi. Mi direte: non conosce il francese. Vi dirò: no (e neppure il polacco), o comunque mi piace fingere di non conoscerlo; in ogni caso non voglio cimentarmici e preferirei evitare d’imbattermi in François tanto quanto in Пётр: se François accettasse d’esser menzionato, in testi in italiano, come Fransuà, il problema cesserebbe: lo leggerei /fraɱ'swa/ ovviamente, all’uso italiano, e non con la pronunzia francese che non so adoperare e che non credo io sia obbligato a conoscere se rinuncio al parlare in francese per dedicarmi esclusivamente all’italiano.

Va bene dunque chiamare il proprio figliolo Piripicchio, che per quanto bislacco non offende la lingua (anche se il ragazzino sí…!), ma Thomas mi pare, in Italia o comunque in italiano, inaccettabile: io, personalmente, mi rifiuto di leggerlo. So per certo che, almeno a Livorno, dove l’onomastica straniera spopola, non in pochissimi hanno chiamato i loro figli Toma.
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