«Traghi»/«Tragi»

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Decimo
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«Traghi»/«Tragi»

Intervento di Decimo »

Si tratta d’una curiosa allotropia etimologica, risalente al latino scientifico tragus («dal gr. τράγος che aveva anche altri sign., tra cui quello di ‹capro›, in rapporto semantico non sempre chiaro», precisa il Treccani). Entrambi sono termini d’uso accademico relativi all’anatomia dell’orecchio: «traghi» è propriamente il plurale di trago, rilievo cartilagineo del padiglione auricolare, situato davanti alla conca; i «tragi» sono invece i peli di cui è provvista la cute che riveste il meato acustico esterno.
Posso solo supporre che il secondo abbia assunto questa particolare accezione già prima della volgarizzazione delle scienze mediche (e deriverebbe quindi direttamente dal plurale latino), ma —mi chiedo— com’è stata possibile [storicamente, linguisticamente] la convivenza, in uno stesso vocabolo, di due significati tecnici cosí specifici e cosí diversi, e per giunta relativi alla stessa disciplina, senza il pericolo d’ingenerare confusione?

P.S. Non ho trovato «tragi» in nessuno dei dizionari in mio possesso: vi chiedo se è presente nel GRADIT o nel Battaglia.
Ultima modifica di Decimo in data mar, 11 mag 2010 13:09, modificato 2 volte in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Posso rispondere solo sulla presenza di queste parole nei grandi lessici. Il Battaglia dice questo :

Tràgion (tràghion), sm. Invar. Anat. Punto craniometrico posto all’incrocio delle tangenti condotte l’una lungo il margine anteriore, l’altra lungo il margine superiore del trago.

= Voce dotta, derive. dal lat. scient. tragus, che è dal greco τράγος (v. TRAGO), col suff. di άχρωτήριον ‘estremità del corpo’.

Trago¹, sm. (plur. -ghi). Anat. Piccola sporgenza cartilaginea posta davanti al lobo del padiglione auricolare.

= Voce dotta, lat. scient. tragus, dal gr. τράγος (v. TRAGO4).


Il quarto trago è appunto il caprone, con questa nota etimologica:

Voce dotta, propr. ‘becco, caprone’ e, in seguito, ‘parte dell’orecchio’ (perché pelosa: v. TRAGO¹).

Non c’è invece tragi:?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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