«Esigito» e «redarre»
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«Esigito» e «redarre»
"Esigito" - la Crusca lo ricorda - è forma errata e non giustificata per il participio passato di esigere, tuttavia l'italiano sembra non poterne fare a meno (per le accezioni che non siano 'riscuotere', dove l'unica forma ammessa è esatto), in quanto il sinonimo "preteso" pare più evocare l'idea di una richiesta ingiustificata o immotivata, per l'appunto una "pretesa", al contrario di esigere che invece indica una richiesta comunque giustificata, anche se solo nell'ottica di chi la fa.
Non sarebbe forse il caso di ammettere finalmente questa forma, che, se non sbaglio, era in uso già prima del '900?
Non sarebbe forse il caso di ammettere finalmente questa forma, che, se non sbaglio, era in uso già prima del '900?
Penso anch’io che si possa accettare esigito. A tal proposito scriveva Giovanni Nencioni (La Crusca risponde, p. 137):
L’esigito in cui si è imbattuto il prof. Pettinelli è la spia di una lacuna del paradigma del verbo esigere e del reale bisogno che I parlanti sentono di riempirla. […] Un passo verso il completamento paradigmatico di questo verbo quasi difettivo lo fece ben piú di un secolo fa lo storico Pietro Colletta, varando un esigitore registrato nel grande dizionario detto “Il Battaglia”. Chissà che questo esigito non si estenda e affermi nell’uso, che sarebbe alla lunga sufficiente a farlo accettare anche dai dizionari; alla lunga, perché l’uso è piú veloce e meno cauto di loro. […] Piaccia o non piaccia, cosí vive la lingua, preferendo la sollecitudine che colma urgentemente le sue lacune all’ortopedia dei suoi studiosi e amatori.
Vediamo con Google Libri che esigito è ben affermato in testi serissimi; non vedo allora perché non accoglierlo e adoperarlo.
L’esigito in cui si è imbattuto il prof. Pettinelli è la spia di una lacuna del paradigma del verbo esigere e del reale bisogno che I parlanti sentono di riempirla. […] Un passo verso il completamento paradigmatico di questo verbo quasi difettivo lo fece ben piú di un secolo fa lo storico Pietro Colletta, varando un esigitore registrato nel grande dizionario detto “Il Battaglia”. Chissà che questo esigito non si estenda e affermi nell’uso, che sarebbe alla lunga sufficiente a farlo accettare anche dai dizionari; alla lunga, perché l’uso è piú veloce e meno cauto di loro. […] Piaccia o non piaccia, cosí vive la lingua, preferendo la sollecitudine che colma urgentemente le sue lacune all’ortopedia dei suoi studiosi e amatori.
Vediamo con Google Libri che esigito è ben affermato in testi serissimi; non vedo allora perché non accoglierlo e adoperarlo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infatti! Magari si potrebbe segnalare questa forma alle varie redazioni, con l’autorevole appoggio di Nencioni…
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Il DOP riporta esigito, definendolo però "discutibile", anche se con un'argomentazione, secondo me, molto debole: trattandosi di un verbo irregolare e non essendo l'unico caso di "sconfinamento" tra seconda e terza coniugazione.
PS. Gentile Marco1971, vorrei sapere la sua opinione sulla retroformazione redarre, se un giorno dovesse mai attestarsi con una specializzazione di significato rispetto a redigere.
PS. Gentile Marco1971, vorrei sapere la sua opinione sulla retroformazione redarre, se un giorno dovesse mai attestarsi con una specializzazione di significato rispetto a redigere.
Le vie della lingua sono infinite… E finché le cose accadono «per isviluppi interni», e, aggiungerei, necessari, non ci vedo nulla di male. Ma a quale specializzazione pensa, nel caso di redigere/redarre?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Uno per tutti «esistere» —e, di riflesso, tutt’i verbi in «-sistere»— con participio passato irregolare «esistito», ch’è probabilmente la forma che ha esercitato l’attrazione analogica.PersOnLine ha scritto:e non essendo l'unico caso di "sconfinamento" tra seconda e terza coniugazione.
P.S. Come si coniugherebbe redarre?
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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Utilizzerò le definizioni del Devoto-Oli, che mi sembrano quelle più rigorose nel rendere l'idea delle due accezioni:Marco1971 ha scritto:Ma a quale specializzazione pensa, nel caso di redigere/redarre?
Penso che redigere potrebbe finire per significare soltanto la prima accezione, mentre redarre potrebbe attestarsi nella seconda.1. Compilare nella forma prescritta o in forma ufficiale, stilare: r. un verbale; r. una lettera.
2. Scrivere, curare in qualità di redattore: r. un articolo, una rubrica[, una voce di un'enciclopedia].
Non è mia mira quella riformare l'italianoDecimo ha scritto:P.S. Come si coniugherebbe redarre?

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Redarre è attestato QUI e condivide la coniugazione di redigere.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Ah, ma il DOP è anche piú preciso; tralasciamo per ora l’indicazione «err.»:
redarre nell’inf., redaggo e redaggono nel pres. indicativo.
Quindi, essendo riportato, ha effettivamente una qualche diffusione, per quanto scoraggiata… non lo avrei mai sospettato!
{Sarà forse bene modificare il titolo del filone, dacché stiamo affrontando congiuntamente «esigito» e «redarre».}
redarre nell’inf., redaggo e redaggono nel pres. indicativo.
Quindi, essendo riportato, ha effettivamente una qualche diffusione, per quanto scoraggiata… non lo avrei mai sospettato!

{Sarà forse bene modificare il titolo del filone, dacché stiamo affrontando congiuntamente «esigito» e «redarre».}
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Non capisco bene perché un infinito errato dovrebbe subitamente assumere un significato specifico (o le attestazioni «serie» punterebbero in quella direzione?): qui non si tratta di carenza del sistema, come nel caso di esigito. Il caso è forse simile a rièdere, rispetto a redire, forma sopravvissuta perché è nella Traviata, ma in ogni caso del tutto caduta dall’uso – almeno cosí mi sembra.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Non ho detto che stia succedendo, ho solo avanzato un'ipotesi su quelle che è una mia personale impressione rispetto alle volte che ho sentito usare i due infiniti.Marco1971 ha scritto:Non capisco bene perché un infinito errato dovrebbe subitamente assumere un significato specifico (o le attestazioni «serie» punterebbero in quella direzione?)
A questo punto c’è da dire: sí agli sviluppi necessari, e no alle trasformazioni dovute a ignoranza. Sono contro redarre, che non arricchisce la lingua, ma la deturpa.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Grazie per queste informazioni. Anche in francese c’è il participio passato regolare exigé. È ora di darci una mossa e ufficializzare esigito.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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