Buonasera a tutti.
Mi sono accorto d’adoperare spesso, nel parlato, la locuzione «senza che», seguita dalla seconda persona del presente indicativo, per significare l’imperativo negativo. Esempi:
«Senza che ci provi: è una partita persa».
«Senza che mi guardi in quel modo: io non t’ho fatto nulla di male».
«Senza che continui: ho già capito tutto».
Non trovandola sulla Grammatica italiana di Serianni, sono pervenuto alla conclusione, confermata da un mio insegnante, che dev’essere una forma regionale (campana), come forse è provato anche dal nostro (noto?) «senza che fai!»/«senze ca faje!» (per dire «è inutile che ci provi»).
Dico bene? Sapete se la forma è attestata anche altrove?
Grazie in anticipo per l’eventuale attenzione.
«Senza che» (imperativo negativo)
Moderatore: Cruscanti
Penso anch’io che sia un regionalismo, non ne ho trovato attestazioni letterarie nei classici (ed è estraneo al mio uso). Non so però se sia tipico solo della Campania. Attendiamo dunque altri pareri.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Almeno limitatamente alla mia conoscenza (parlo correntemente, oltre all'italiano, anche il mio dialetto, il veronese della bassa pianura), tale espressione qui in Veneto non è sconosciuta.
Un esempio: un padre, che rimproveri il figlio e si veda rispondere in tono sprezzante e ironico, può ribattere in dialetto «senza che te fai el furbo!», cioè «non fare il furbo».
Un esempio: un padre, che rimproveri il figlio e si veda rispondere in tono sprezzante e ironico, può ribattere in dialetto «senza che te fai el furbo!», cioè «non fare il furbo».
È un costrutto presente anche nella Sicilia sudorientale. L’unico esempio che mi sovviene concerne una situazione analoga a quella presentata da Ferdinand: un padre, che veda il figlio sbottare in un pianto dirotto dopo un rimprovero, può rispondere seccato «senza che fai cosí!» (dial. «senza ca fai [ar]accussí!»). Io personalmente ne avverto una minore forza rispetto a «non fare cosí» («nun fari [ar]accussí!»).
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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