Servili, ausiliari e pronomi personali atoni
Moderatore: Cruscanti
Servili, ausiliari e pronomi personali atoni
Cito dalla Grammatica della lingua italiana di Marcello Sensini:
«Quando i verbi servili dovere, potere e volere accompagnano un verbo che regge un pronome personale atono, il pronome (mi, ti, ci, vi, si, lo, la, gli ecc.) può precedere il verbo servile o l'infinito del verbo: "Il preside vi vuole vedere subito" / "Il preside vuole vedervi subito".
Nei tempi composti, nel primo caso, quando la particella pronominale precede il verbo si usa l'ausiliare essere; nel secondo caso, quando la particella segue l'infinito si usa invece l'ausiliare avere: "Si sono voluti riposare" / "Hanno voluto riposarsi».
Non c'è forse un errore in questa affermazione? Se prendo in considerazione il primo esempio ("Il preside vi vuole vedere subito" / "Il preside vuole vedervi subito"), non devo forse usare sempre avere nei tempi composti?
«Quando i verbi servili dovere, potere e volere accompagnano un verbo che regge un pronome personale atono, il pronome (mi, ti, ci, vi, si, lo, la, gli ecc.) può precedere il verbo servile o l'infinito del verbo: "Il preside vi vuole vedere subito" / "Il preside vuole vedervi subito".
Nei tempi composti, nel primo caso, quando la particella pronominale precede il verbo si usa l'ausiliare essere; nel secondo caso, quando la particella segue l'infinito si usa invece l'ausiliare avere: "Si sono voluti riposare" / "Hanno voluto riposarsi».
Non c'è forse un errore in questa affermazione? Se prendo in considerazione il primo esempio ("Il preside vi vuole vedere subito" / "Il preside vuole vedervi subito"), non devo forse usare sempre avere nei tempi composti?
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Caro Bartolo,
A mio parere, ha ragione di rilevare un errore – o, quantomeno, un'omissione che dà luogo a equivoci. In effetto, il caso di «il preside vi vuole vedere subito» è diverso da quello di «si sono voluti riposare»: in quest'ultima frase c'è un verbo riflessivo diretto, perciò, in caso di proclisi del pronome personale atono, è obbligatorio l'uso dell'ausiliare essere nei tempi composti.
Noto anche un'altra ambiguità nella frase «il pronome […] può precedere il verbo servile o l'infinito del verbo»: sembrerebbe quasi legittimare una forma «*il preside vuolevi vedere subito».
A mio parere, ha ragione di rilevare un errore – o, quantomeno, un'omissione che dà luogo a equivoci. In effetto, il caso di «il preside vi vuole vedere subito» è diverso da quello di «si sono voluti riposare»: in quest'ultima frase c'è un verbo riflessivo diretto, perciò, in caso di proclisi del pronome personale atono, è obbligatorio l'uso dell'ausiliare essere nei tempi composti.
Noto anche un'altra ambiguità nella frase «il pronome […] può precedere il verbo servile o l'infinito del verbo»: sembrerebbe quasi legittimare una forma «*il preside vuolevi vedere subito».
Forma che era possibile in italiano antico, ma che giustamente lei ha asteriscato, essendo inaccettabile in italiano moderno.Ferdinand Bardamu ha scritto:...sembrerebbe quasi legittimare una forma «*il preside vuolevi vedere subito».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Sí, volentieri.
Eccone alcuni (tra le migliaia).
Vuolevi
seco nel letto questa notte, e stringervi
ne le sue braccia, e più di cento milia
volte baciarvi, e del resto rimettersi
alla discrezion vostra. (Ariosto, Il Negromante, atto 3, scena 3)
Pessima gente or qui si alberga, e molta,
che perder vuolti, e ti calunnia e abborre. (Alfieri, Maria Stuarda, atto 2, scena 1)
...perché dir debbovi,
per esser giusto,
ch’or della musica
qui c’è il buon gusto,
se non in tutti,
in quei che instrutti
fûr dall’amabile
di Garzia figlia,
fior dell’armonica
melo-famiglia. (Da Ponte, Memorie, parte V)
Tutto quel che tu vuoi. Mi piace il tuo bel vezzo;
Son pronto per comprarti sborsar qualunque prezzo.
Tre mogli ho al mio comando e fra di noi è poco;
Possoti di buon core offrire il quarto loco. (Goldoni, La dalmatina, atto 2, scena 4)

Vuolevi
seco nel letto questa notte, e stringervi
ne le sue braccia, e più di cento milia
volte baciarvi, e del resto rimettersi
alla discrezion vostra. (Ariosto, Il Negromante, atto 3, scena 3)
Pessima gente or qui si alberga, e molta,
che perder vuolti, e ti calunnia e abborre. (Alfieri, Maria Stuarda, atto 2, scena 1)
...perché dir debbovi,
per esser giusto,
ch’or della musica
qui c’è il buon gusto,
se non in tutti,
in quei che instrutti
fûr dall’amabile
di Garzia figlia,
fior dell’armonica
melo-famiglia. (Da Ponte, Memorie, parte V)
Tutto quel che tu vuoi. Mi piace il tuo bel vezzo;
Son pronto per comprarti sborsar qualunque prezzo.
Tre mogli ho al mio comando e fra di noi è poco;
Possoti di buon core offrire il quarto loco. (Goldoni, La dalmatina, atto 2, scena 4)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
-
- Moderatore «Dialetti»
- Interventi: 726
- Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03
Per dare qualche ulteriore precisazione su quest’aspetto particolare dell’italiano antico, rimando a questo vecchio intervento, di cui cito qui solo la parte finale, sulla legge Tobler-Mussàfia (all’epoca seguivo ancora l’accentazione piú diffusa, col grave su ‘i’ e ‘u’):
Nell’italiano antico, nel cui ambito rientra la forma da lei citata, vigeva la cosiddetta legge Tobler-Mussàfia, per la quale era obbligatoria, a inizio di frase, l’enclisi dei pronomi personali complemento oggetto:
«Mòvesi, Védelo», mentre non era ammesso «Si mòve, Lo vede» (inizio assoluto); nella Divina Commedia gli esempi abbondano: «Andovvi poi lo Vas d’elezïone» (Inf., II, 28); «dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi» (ibid., 50);
era più comune l’enclisi (ma non obbligatoria) dopo coordinazione: «e vìdelo/e lo vide»; «e cominciommi a dir soave e piana» (ibid., 56)
dopo ‘ma’ erano comuni entrambi i costrutti: «ma vìdelo/ma lo vide», così come dopo proposizione dipendente: «Quando lo vide, dìssegli/gli disse».
‘Diròtti’ al posto di ‘ti dirò’ può, secondo me, considerarsi oggi solo un uso scherzoso, e non è quindi possibile nel parlato e nello scritto formale.
Nell’italiano antico, nel cui ambito rientra la forma da lei citata, vigeva la cosiddetta legge Tobler-Mussàfia, per la quale era obbligatoria, a inizio di frase, l’enclisi dei pronomi personali complemento oggetto:
«Mòvesi, Védelo», mentre non era ammesso «Si mòve, Lo vede» (inizio assoluto); nella Divina Commedia gli esempi abbondano: «Andovvi poi lo Vas d’elezïone» (Inf., II, 28); «dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi» (ibid., 50);
era più comune l’enclisi (ma non obbligatoria) dopo coordinazione: «e vìdelo/e lo vide»; «e cominciommi a dir soave e piana» (ibid., 56)
dopo ‘ma’ erano comuni entrambi i costrutti: «ma vìdelo/ma lo vide», così come dopo proposizione dipendente: «Quando lo vide, dìssegli/gli disse».
‘Diròtti’ al posto di ‘ti dirò’ può, secondo me, considerarsi oggi solo un uso scherzoso, e non è quindi possibile nel parlato e nello scritto formale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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