Come probabilmente sapete, esistono regole 'inesistenti' che però molte persone ancora oggi seguono e anche impongono quando possono. Ad esempio, che non si debba iniziare un periodo con il gerundio (ne discute Piero Fiorelli nel n.1 del foglio La Crusca per voi). Di un'altra di queste 'regole' ho esperienza personale; quando anni fa cominciai un periodo con 'Degli studi mostrano che...' mi fu fatto notare che è inelegante iniziare il periodo con 'degli'; occorre scrivere "Alcuni studi..." o "Vari studi...".
Mi chiedo da quali criteri originino queste 'regole' (ne conoscete altre?). Ad esempio, nei due casi sopra esposti.
Inizio di periodo
Moderatore: Cruscanti
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Mi sono posto la domanda anch’io, e sono giunto a questa conclusione: ci dev’essere stato qualche purista cavilloso di fine Ottocento-inizio Novecento a cui si dovette affidare la compilazione d’una grammatica per le scuole medie. S’imposero cosí le sue regolette fantasiose (come quella, assurda, del ‘sé’ che perde l’accento seguito da ‘stesso’
), certosinamente tramandate dalle maestrine...
Ve ne sono molte: «Non si comincia un periodo con una congiunzione», «Non si mette mai la virgola prima di ‘e’ e ‘ma’», «I verbi meteorologici usati coi servili prendono tassativamente l’ausiliare ‘essere’», ecc.
A proposito dell’inizio «Degli studi sono stati compiuti», tuttavia, debbo concordare sulla sua ineleganza, che secondo me sparisce ribaltando la frase in «Sono stati compiuti degli studi». Non so dire perché, ma il partitivo a inizio di frase mi fa arricciare il naso.

Ve ne sono molte: «Non si comincia un periodo con una congiunzione», «Non si mette mai la virgola prima di ‘e’ e ‘ma’», «I verbi meteorologici usati coi servili prendono tassativamente l’ausiliare ‘essere’», ecc.
A proposito dell’inizio «Degli studi sono stati compiuti», tuttavia, debbo concordare sulla sua ineleganza, che secondo me sparisce ribaltando la frase in «Sono stati compiuti degli studi». Non so dire perché, ma il partitivo a inizio di frase mi fa arricciare il naso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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