Questo filone su soddisfare mi ricorda che giusto ieri ho letto un "disfa" in non ricordo quale testo teoricamente sorvegliato (Alla ricerca del tempo perduto edizione Newton-Compton, credo).
Ne avevamo parlato ad esempio qui; apro un nuovo filone perché non ne trovo uno in questo forum.
Disfare
Moderatore: Cruscanti
Il Gabrielli bivolume (che sembra andare a braccetto col DOP in linea) marca come «dell'uso» le forme dísfo, dísfa, ecc. e come «dialettali» le forme disfiamo, disferò, ecc.:
disfàre (segue di regola la coniug. del verbo fare; le forme tra parentesi quadre sono per tanto da considerarsi non letterarie, anche se dell'uso: disfàccio o disfò [dísfo], disfài, disfà, [dísfa], disfacciàmo, disfàte, disfànno [dísfano]; disfacévo; disféci, disfacésti, disféce, disfacémmo, disfacéste, disfécero; disfarò, disfarài, disfarà, disfarémo, disfaréte, disfarànno; che io, tu, egli disfàccia [dísfi], che noi disfacciàmo, che voi disfacciàte, che essi disfacciàno [dísfino]; disfacéssi; disfarèi, disfarésti, disfarèbbero; disfà [dísfa]; disfacènte; disfàtto. Sono dialettali le forme: noi disfiàmo; disferò, disferài, ecc.; che noi disfiàmo, che voi disfiàte; disferèi, disferésti, ecc.) [...]
Il DISC in linea condanna solo il presente imperfetto disfavo:
disfare (irr.: ind.pres. disfo o disfò o disfaccio, disfi o disfài, disfa o disfà, disfacciamo, disfate, dìsfano o disfanno, imperf. disfacévo evit. disfavo ecc.; congiunt. disfaccia ecc.; le altre forme coniugate come fare).
Per quanto mi rigaurda, nel parlato quotidiano e nello scritto informale, alterno disfaccio, disfarò, disfarei, ecc. a dísfo, disferò, disferei, ecc. (salvo gli orrendi *disfavo, *disfò [pass. rem.], *disfassi [cong. imperf.] e *disfando); nel parlato e nello scritto formali, invece, uso solo le prime che ho indicato.
disfàre (segue di regola la coniug. del verbo fare; le forme tra parentesi quadre sono per tanto da considerarsi non letterarie, anche se dell'uso: disfàccio o disfò [dísfo], disfài, disfà, [dísfa], disfacciàmo, disfàte, disfànno [dísfano]; disfacévo; disféci, disfacésti, disféce, disfacémmo, disfacéste, disfécero; disfarò, disfarài, disfarà, disfarémo, disfaréte, disfarànno; che io, tu, egli disfàccia [dísfi], che noi disfacciàmo, che voi disfacciàte, che essi disfacciàno [dísfino]; disfacéssi; disfarèi, disfarésti, disfarèbbero; disfà [dísfa]; disfacènte; disfàtto. Sono dialettali le forme: noi disfiàmo; disferò, disferài, ecc.; che noi disfiàmo, che voi disfiàte; disferèi, disferésti, ecc.) [...]
Il DISC in linea condanna solo il presente imperfetto disfavo:
disfare (irr.: ind.pres. disfo o disfò o disfaccio, disfi o disfài, disfa o disfà, disfacciamo, disfate, dìsfano o disfanno, imperf. disfacévo evit. disfavo ecc.; congiunt. disfaccia ecc.; le altre forme coniugate come fare).
Per quanto mi rigaurda, nel parlato quotidiano e nello scritto informale, alterno disfaccio, disfarò, disfarei, ecc. a dísfo, disferò, disferei, ecc. (salvo gli orrendi *disfavo, *disfò [pass. rem.], *disfassi [cong. imperf.] e *disfando); nel parlato e nello scritto formali, invece, uso solo le prime che ho indicato.

Ultima modifica di Luca86 in data mar, 23 nov 2010 22:54, modificato 4 volte in totale.
È già bene che il DISC scriva evit., ma doveva scrivere err. Forme spurie – l’ho già menzionato, ma ripetere non nuoce – se ne trovano anche in letteratura: Quel vecchio maledivami! (per maledicevami) nel Rigoletto e Se Alfredo nega riedere / in seno alla famiglia (per redire) nella Traviata, notissime opere liriche di Verdi.
Nel caso di soddisfare, appare comprensibile che il composto si sia avvertito come distante da fare e che si sia considerato come a sé stante (e quindi regolare). Ma c’è un limite a tutto. E soddisfava l’oltrepassa, cadendo nel comico.
Nel caso di soddisfare, appare comprensibile che il composto si sia avvertito come distante da fare e che si sia considerato come a sé stante (e quindi regolare). Ma c’è un limite a tutto. E soddisfava l’oltrepassa, cadendo nel comico.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Luciano Canepàri mette a lemma soddisfavo, con la freccia in giú, però. Che bisogno c'era di "lemmatizzare" una forma errata?
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Infatti, e soprattutto non se ne capisce la necessità in un dizionario di pronuncia, visto che nessuno pronuncerebbe *soddísfavo/*sòddisfavo/*soddisfavò.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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