Tenermelo?
Moderatore: Cruscanti
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- Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37
Tenermelo?
Mi sembra di capire che il me in Me lo posso tenere? (in un documento aziendale a domanda e risposta indirizzato ai dipendenti e concernente l'opportunità di accettare o no omaggi offerti dai clienti) sia un pronome riflessivo (vedi qui). Ma mi chiedo soprattutto se abbassi il registro in misura notevole, ossia sia molto colloquiale oppure no. Opinioni?
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Non ho con me al momento alcuna grammatica e non posso perciò suffragare la mia opinione con esempi. Tuttavia, provo a dare comunque il mio parere.
In questo caso, il pronome atono me in Me lo posso tenere? è un dativo etico e esprime una maggior partecipazione del soggetto all'azione. Al mio orecchio, è innegabile una sfumatura (o anche piú di una sfumatura) colloquiale. In Me lo posso tenere? scorgo anzi – ma è una mia percezione personalissima – un leggerissimo tocco di avidità rispetto al piú neutro Lo posso tenere?.
In questo caso, il pronome atono me in Me lo posso tenere? è un dativo etico e esprime una maggior partecipazione del soggetto all'azione. Al mio orecchio, è innegabile una sfumatura (o anche piú di una sfumatura) colloquiale. In Me lo posso tenere? scorgo anzi – ma è una mia percezione personalissima – un leggerissimo tocco di avidità rispetto al piú neutro Lo posso tenere?.
Concordo con Ferdinand, in tutti i particolari, tranne che sul dativo etico: questo mi pare un caso diverso (pronomi intensivi). Cito dalla grammatica di L. Serianni (VII.40):
Caratteristica la funzione affettivo-intensiva dei pronomi atoni, in tutti i casi in cui si vuole sottolineare la partecipazione del soggetto all’azione (ossia in casi in cui altre lingue, specie antiche, ricorrerebbero alla diatesi media: cfr. XI.22). Quest’uso è molto esteso nell’italiano regionale del Centro e del Mezzogiorno («mi faccio una passeggiata», «ci sentiamo la messa» (Pasquali 1968: 156-157) e attualmente «è piú accettato di un tempo» (Sabatini 1985: 167). D’altra parte, ogni italiano è sempre ricorso al pronome intensivo in casi che sono stati definiti di «appartenenza somatologica» (Chiappelli 1954), cioè con riferimento a parti del corpo del soggetto: «soffiatevi il naso», «grattarsi la testa», «non ti mangiare le unghie». Il pronome intensivo è esteso anche ad «attività biologiche e psicobiologiche dell’organismo» («asciugarsi le lagrime») e ai nomi di vestiario («togliti il cappello», «mimetterò gli occhiali»).
Caratteristica la funzione affettivo-intensiva dei pronomi atoni, in tutti i casi in cui si vuole sottolineare la partecipazione del soggetto all’azione (ossia in casi in cui altre lingue, specie antiche, ricorrerebbero alla diatesi media: cfr. XI.22). Quest’uso è molto esteso nell’italiano regionale del Centro e del Mezzogiorno («mi faccio una passeggiata», «ci sentiamo la messa» (Pasquali 1968: 156-157) e attualmente «è piú accettato di un tempo» (Sabatini 1985: 167). D’altra parte, ogni italiano è sempre ricorso al pronome intensivo in casi che sono stati definiti di «appartenenza somatologica» (Chiappelli 1954), cioè con riferimento a parti del corpo del soggetto: «soffiatevi il naso», «grattarsi la testa», «non ti mangiare le unghie». Il pronome intensivo è esteso anche ad «attività biologiche e psicobiologiche dell’organismo» («asciugarsi le lagrime») e ai nomi di vestiario («togliti il cappello», «mimetterò gli occhiali»).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
- Interventi: 1340
- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
Mi permetto di precisare, e quindi argomentare la correzione.
In realtà, l’uso intensivo dei pronomi deriva, o accoglie senz’altro, ciò che, in sintassi, si indica [altrimenti] con la funzione «etica» del «dativo». Qui, e altrove, la lettura che vede in questo ‘riflessivo’ un «coinvolgimento» – non necessariamente marcato per colloquialità [ma, sì, spontaneo e dell’uso vivo] – è una premessa sostanziale a illustrare quanto è ricordato nel Serianni.
Si noti, inoltre, che in testa vediamo una struttura segnalata, quella pronominale transitiva (e cioè: il verbo di base è transitivo, tenere, e il pronome è, per dir così, desemantizzato) – «trattenere per sé qualcosa»: tenersi, mi tengo qualcosa, me lo tengo (nonostante la forma, questo me è atono, in più desemantizzato, cioè ha valore elusivamente dativale).
In ultimo, la 'medietà' della diatesi, la 'somatologia' lemmatizzata non sarebbero altro che due modi, diversamente attenti, legittimamente parcellizzanti, del vecchio e caro, carissimo «dativo etico» (modi orientativamente formale il primo e semantico il secondo).
In realtà, l’uso intensivo dei pronomi deriva, o accoglie senz’altro, ciò che, in sintassi, si indica [altrimenti] con la funzione «etica» del «dativo». Qui, e altrove, la lettura che vede in questo ‘riflessivo’ un «coinvolgimento» – non necessariamente marcato per colloquialità [ma, sì, spontaneo e dell’uso vivo] – è una premessa sostanziale a illustrare quanto è ricordato nel Serianni.
Si noti, inoltre, che in testa vediamo una struttura segnalata, quella pronominale transitiva (e cioè: il verbo di base è transitivo, tenere, e il pronome è, per dir così, desemantizzato) – «trattenere per sé qualcosa»: tenersi, mi tengo qualcosa, me lo tengo (nonostante la forma, questo me è atono, in più desemantizzato, cioè ha valore elusivamente dativale).
In ultimo, la 'medietà' della diatesi, la 'somatologia' lemmatizzata non sarebbero altro che due modi, diversamente attenti, legittimamente parcellizzanti, del vecchio e caro, carissimo «dativo etico» (modi orientativamente formale il primo e semantico il secondo).
Re: Tenermelo?
Inclinerebbe comunque al colloquiale, per lo meno nella forma scritta, direi (generalmente – e lei lo sa meglio di altri – nello scritto, se si compila un testo di riuso, si tende a indebolire il coinvolgimento, e la pronominalizzazione enfatica [anche se blandamente, perché grammaticalizzata] funziona bene soprattutto con la prima persona [!]: se il dettato vuole prescrivere, e quindi proscrivere, lo farebbe ancora attraverso alcune delicatezze formali, quali l'impersonalità e l' 'intensità' lessicale – e tenere è verbo molto, molto 'estensivo'... Ma sto divagando).Freelancer ha scritto:Ma mi chiedo soprattutto se abbassi il registro in misura notevole, ossia sia molto colloquiale oppure no. Opinioni?
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