Accenti tonici «sbagliati»
Moderatore: Cruscanti
L’evoluzione non si può imbrigliare, questo è verissimo, ma non è neanche salúbre incoraggiare il tralignamento, voltando le spalle a un passato che molto spesso non si conosce o di cui non si ha coscienza.
Per quanto riguarda gli per le, si vede che non ha fatto ricerche all’interno del foro, perché se n’è parlato e non è cosa recente, si trova già in Carducci!
Sulla sua valutazione dell’italiano scritto in questa piazza, mi permetto di avere i miei dubbi sulla sua preparazione, e in particolare per la forma io son, la rimando ai quotidiani, in cui troverà esempi del 2010.
Corriere della Sera
Repubblica
La Stampa.
E può fare ricerche simili in qualunque quotidiano in rete.
Per quanto riguarda gli per le, si vede che non ha fatto ricerche all’interno del foro, perché se n’è parlato e non è cosa recente, si trova già in Carducci!
Sulla sua valutazione dell’italiano scritto in questa piazza, mi permetto di avere i miei dubbi sulla sua preparazione, e in particolare per la forma io son, la rimando ai quotidiani, in cui troverà esempi del 2010.
Corriere della Sera
Repubblica
La Stampa.
E può fare ricerche simili in qualunque quotidiano in rete.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
-
- Interventi: 1725
- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Nel darle il benvenuto fra noi, gentile Sandrokkio, le faccio notare che, a mio parere, le sue osservazioni sono semplicistiche, oserei dire "qualunquistiche". La Lingua ha le sue leggi, e vanno rispettate!
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Io vorrei sapere, gentile Sandrokkio, perché si è iscritto a Cruscate se reputa che non ci sia niente da studiare o da imparare e che i parlanti decidano tutto. Non è ironia, sono curioso. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
È curioso come si sia imposta la pronuncia sdrucciola in una parola come scandinavo: per quale analogia? Esistono altre parole in -ínavo che possano averla favorita? Non me ne viene in mente neanche una…
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
- Interventi: 1340
- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
Forse più che il finale in -ínavo, l'accento su scandì- di scandito e scandire?Marco1971 ha scritto:È curioso come si sia imposta la pronuncia sdrucciola in una parola come scandinavo: per quale analogia? Esistono altre parole in -ínavo che possano averla favorita? Non me ne viene in mente neanche una…
Potrebbe darsi. O semplicemente la tendenza generale alla ritrazione dell’accento tonico nelle parlate settentrionali (mòllica per mollíca, íncavo per incàvo, ecc.).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
sul "settentrionalismo" di questa tendenza abbiamo già discusso in passato. Può darsi che lo fosse in origine, ma ora non è più così, giacché io sento diversi toscani ritrarre l'accento dove non si dovrebbe.Marco1971 ha scritto:Potrebbe darsi. O semplicemente la tendenza generale alla ritrazione dell’accento tonico nelle parlate settentrionali (mòllica per mollíca, íncavo per incàvo, ecc.).
Recentemente ho sentito con fastidio usare dìstrica detto di uno sciampo per capelli in una pubblicità televisiva, e ho confrontato con il nordico dialettale dìstrigàr il cui presente italianizzato è "io distrìgo". Dunque a me sembra che la parlata autentica settentrionale mantenga naturalmente l'accento. Evidentemente, come è già stato detto, la ritrazione in qualche modo fa sembrare l'italiano più elevato, nella percezione comune - che però non limiterei al settentrione, così "a naso".
Ma codeste, al piú, vanno considerate relitti di pronunce alla latina (elĕvo, sepăro), che —almeno in origine— è probabile fossero quelle canoniche (lege: «piú diffuse»). Lo stesso, immagino, non si può dire degli esempi da me riportati.
Ultima modifica di Decimo in data sab, 08 gen 2011 18:15, modificato 1 volta in totale.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Sí, certo, ma non sono questi sviluppi recenti determinati da una tendenza: sono pronunce che in Toscana hanno corso da secoli.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Giustissimo, caro Decimo, per sèparo, ecc. (un accento segnato nell’Alcyone dannunziano). Per mègliora/pèggiora si risale al trecentista Sacchetti:
Le vie tutte / non sono asciutte / e ’l camin non mègliora. / Mal vendica sua onta chi la pèggiora. (Sacchetti, Il libro delle rime)
Le vie tutte / non sono asciutte / e ’l camin non mègliora. / Mal vendica sua onta chi la pèggiora. (Sacchetti, Il libro delle rime)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ho fatto bene a inserire «immagino» all’ultimo minuto. Non ho la possibilità di consultare il DELI, ma la nota etimologica del Treccani indica chiaramente che i due verbi non sono stati tratti dai relativi sostantivi peggiore e migliore, bensí proseguono due voci tardo-latine delle quali possiamo sospettare —proprio in virtú dell’antica accentazione toscana— la forma pejŏro e meljŏro.Decimo ha scritto:Lo stesso, immagino, non si può dire degli esempi da me riportati.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 6 ospiti