Portano, portavano: dubbio
Moderatore: Cruscanti
Portano, portavano: dubbio
Questa frase mi solleva un dubbio:
Pregando di non beccare nessuno che usciva dal palazzo mi sono infilato nell’androne e sono corso sulla passerella rossa, sono passato accanto all’ascensore e mi sono buttato per le scale che portavano alle cantine.
Quel portavano è corretto? O non sarebbe meglio dire portano, visto che le scale esistono di per sè, si suppone, e non sono scomparse?
Pregando di non beccare nessuno che usciva dal palazzo mi sono infilato nell’androne e sono corso sulla passerella rossa, sono passato accanto all’ascensore e mi sono buttato per le scale che portavano alle cantine.
Quel portavano è corretto? O non sarebbe meglio dire portano, visto che le scale esistono di per sè, si suppone, e non sono scomparse?
Ultima modifica di Periplo in data mar, 15 feb 2011 17:51, modificato 1 volta in totale.
Il tuo scintillio guida il viaggiatore nel buio, benché io non sappia cosa tu sia, scintilla, scintilla, piccola stella.
Sí, la frase è corretta. È un caso simile a Sapevo che eri/sei sposato: col presente s’insiste sull’attualità; l’imperfetto invece è dovuto all’attrazione di sapevo. Nella narrazione al passato è preferibile l’imperfetto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
La ringrazio Marco.
Quindi vale anche per questa frase:
Non una sola speranza aveva un qualsiasi senso, tutto si riassumeva in un passato nel quale si disperdevano i giorni, come non fossero mai esistiti, in un presente senza scopo e in un futuro senza speranza.
Non lo so perchè, è solo una questione di orecchio, ma mi suona meglio al presente:
Non una sola speranza aveva un qualsiasi senso, tutto si riassumeva in un passato nel quale si disperdono i giorni, come non fossero mai esistiti, in un presente senza scopo e in un futuro senza speranza.
Quindi vale anche per questa frase:
Non una sola speranza aveva un qualsiasi senso, tutto si riassumeva in un passato nel quale si disperdevano i giorni, come non fossero mai esistiti, in un presente senza scopo e in un futuro senza speranza.
Non lo so perchè, è solo una questione di orecchio, ma mi suona meglio al presente:
Non una sola speranza aveva un qualsiasi senso, tutto si riassumeva in un passato nel quale si disperdono i giorni, come non fossero mai esistiti, in un presente senza scopo e in un futuro senza speranza.
Il tuo scintillio guida il viaggiatore nel buio, benché io non sappia cosa tu sia, scintilla, scintilla, piccola stella.
In questa frase il presente sarebbe davvero alquanto marginale. L’uso normale prevede l’imperfetto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Nel senso di ‘non comune’. Riporto dalla GGIC (vol. II, I.2.2.1.2, p. 75):
Ugualmente, si può trovare l’imperfetto in contesti al passato a proposito di eventi che permangono inalterati nel tempo, almeno fin tanto che durino le condizioni da cui dipendono (si pensi ad es. a stati di cose intemporali e onnitemporali, che normalmente sono espressi con il presente):
(84) Fin dai tempi di Copernico e Galilei ci si accorse che la terra girava intorno al sole.
L’uso dell’imperfetto al posto del presente in tutti questi casi è dovuto all’applicazione di una regola di concordanza dei tempi (per cui v. XII.3.1.1.).
Ugualmente, si può trovare l’imperfetto in contesti al passato a proposito di eventi che permangono inalterati nel tempo, almeno fin tanto che durino le condizioni da cui dipendono (si pensi ad es. a stati di cose intemporali e onnitemporali, che normalmente sono espressi con il presente):
(84) Fin dai tempi di Copernico e Galilei ci si accorse che la terra girava intorno al sole.
L’uso dell’imperfetto al posto del presente in tutti questi casi è dovuto all’applicazione di una regola di concordanza dei tempi (per cui v. XII.3.1.1.).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Vede come funziona la lingua? Diciamo tutti Non sapevo [che] tu fossi qui anche trovandoci davanti all’interlocutore. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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