Lezioni di lingua italiana
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Lezioni di lingua italiana
Lezioni di lingua italiana del prof. Giuseppe Patota.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Le prime due lezioni ascoltabili a me sembrano ottima volgarizzazione. Ogni sforzo fatto per migliorare le attuali condizioni in cui versa la nostra lingua io lodo. (Che poi ci sia qualche difetto di pronuncia non importa.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sono "uscite" altre due lezioni. Se non cado in errore, però, sono identiche.
Ho segnalato il probabile errore di montaggio; staremo a vedere...
Ho segnalato il probabile errore di montaggio; staremo a vedere...
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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L'errore è stato emendato.
Mi sarei aspettato un "grazie" dalla redazione...
La lingua, però, si evolve e questa "evoluzione" ha bollato la parola 'grazie" di "vecchiume linguistico". Di conseguenza è stata cassata dal vocabolario.
Mi sarei aspettato un "grazie" dalla redazione...
La lingua, però, si evolve e questa "evoluzione" ha bollato la parola 'grazie" di "vecchiume linguistico". Di conseguenza è stata cassata dal vocabolario.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Glielo volevo chiedere prima: perché mette tra virgolette uscite? Il verbo uscire, in questo senso, è d’uso comune:
3 c. Venire pubblicato: è uscito un nuovo romanzo di quello scrittore; oggi il giornale non esce, c’è stato sciopero; una rivista che esce settimanalmente, tutti i sabati, ogni trimestre; il decreto legge uscirà domani sulla «Gazzetta Ufficiale». (Treccani)
3 c. Venire pubblicato: è uscito un nuovo romanzo di quello scrittore; oggi il giornale non esce, c’è stato sciopero; una rivista che esce settimanalmente, tutti i sabati, ogni trimestre; il decreto legge uscirà domani sulla «Gazzetta Ufficiale». (Treccani)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Perché ritenevo fosse corretto riferito solo a pubblicazioni cartacee.Marco1971 ha scritto:Glielo volevo chiedere prima: perché mette tra virgolette uscite? Il verbo uscire, in questo senso, è d’uso comune:
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Altre due lezioni del prof. Patota, con un piccolo "lapsus" scritto/parlato sulla terza persona plurale del congiuntivo presente di "parlare": essi parlano in luogo di "parlino".
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Il video sul congiuntivo è stato tolto: probabilmente stanno emendando il "lapsus" del prof. Patota. 

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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La Garzanti ha rimesso in linea la lezione sul congiuntivo del prof. Patota.
A un attento ascolto, però, si nota ancora qualche "imprecisione": quando tratta del congiuntivo presente dei verbi in -ere e in -ire dice che sono le stesse desinenze del verbo cantare. All'inizio aveva fatto l'esempio del verbo "parlare", le desinenze, inoltre, non sono le stesse.
Il congiuntivo è proprio un modo su cui incombe una maledizione.
A un attento ascolto, però, si nota ancora qualche "imprecisione": quando tratta del congiuntivo presente dei verbi in -ere e in -ire dice che sono le stesse desinenze del verbo cantare. All'inizio aveva fatto l'esempio del verbo "parlare", le desinenze, inoltre, non sono le stesse.
Il congiuntivo è proprio un modo su cui incombe una maledizione.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Il prof. Patota ha completato le sue lezioni. Si possono sentire collegandosi al sito "Garzanti Linguistica" 
Ecco il collegamento

Ecco il collegamento
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Mi stato fatto notare che, nella nona lezione, Patota afferma che «l'alfabeto italiano comprende 26 lettere»; ora, mi pare che grammatiche di Serianni e di Dardano e Trifone parlino solo di 21 lettere, e pure la Crusca conferma tale dato: chi ha ragione?
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