Lettore di un programma (televisivo)

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

Intervieni
Jonathan
Interventi: 228
Iscritto in data: sab, 10 ott 2009 22:43
Località: Almaty

Lettore di un programma (televisivo)

Intervento di Jonathan »

Buona sera a tutti. :)

Anni fa, durante una puntata di "Sgarbi quotidiani", Vittorio Sgarbi lodò con una certa enfasi uno spettatore che in una lettera si era definito un assiduo lettore del suo programma.
Sgarbi, infatti, giudicò quell'espressione non solo perfettamente accettabile, ma anche piuttosto raffinata.

Si può essere lettori di un programma televisivo? Si tratta di uno sfondone o di un uso raro e raffinato? Tale accezione non è registrata in alcuno dei dizionari da me consultati. Ma si trattasse pure di un caso isolato, fece bene Sgarbi a lodare la creatività di quello spettatore?
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Non c’è verso, no, non si può essere lettori di una trasmissione televisiva. La gente, anche ben nota, ama farsi notare e dir cose di cui non sa nulla, perché sa che chi ascolta crederà che dica il vero.

La televisione ha fatto tanto bene alla diffusione dell’italiano in passato; ora invece fa quasi il contrario, non diffonde piú un modello, ma tratti regionali.
Ultima modifica di Marco1971 in data mar, 05 lug 2011 16:58, modificato 1 volta in totale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Jonathan
Interventi: 228
Iscritto in data: sab, 10 ott 2009 22:43
Località: Almaty

Intervento di Jonathan »

Grazie, Marco.
Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

Intervento di Decimo »

Non saprei… Io ci vedo un uso lecitamente estensivo del verbo: leggere si dice anche dell’interpretazione —della fruizione attenta e del deciframento— di un’opera d’arte plastica. Il lettore d’una trasmissione televisiva è dunque qualcosa di piú dello spectator[-«osservatore»], e da ciò l’entusiasmo del critico. È un uso nuovo —sulla cui fortuna non mi esprimo— che non direi affatto spia di cattivo italiano.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5195
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Non sarà cattivo italiano, ma è quantomeno bizzarro, inusuale, cervellotico. Anche perché non vedo che cosa ci sia da «interpretare» (da «leggere» dunque, in senso estensivo e figurato) in una trasmissione televisiva – e, in particolare, in un programma condotto da Sgarbi, solitamente proclive al solo turpiloquio e alla polemica sterile.

Credo inoltre che quest'uso sia solamente un occasionalismo: la trasmissione di cui discutiamo non va piú in onda da piú di dieci anni e di «lettori» di un programma televisivo non ho mai sentito parlare prima (ma la mia esperienza, lo riconosco, è assai limitata).
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mar, 05 lug 2011 20:24, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

Intervento di Decimo »

Non lo so, caro Ferdinand: nel vagliare la legittimità di un’estensione semantica io mi atterrei ai normali sviluppi che la determinano (nel caso in oggetto l’analogia), senza ricorrere a parargomenti circostanziali.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5195
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sono d'accordo con te, caro Decimo (anche se m'ange un po' quel parargomenti), ma questa mi pare un'analogia forzata, forzatissima: lo attesta il fatto che nemmeno tu sei pienamente sicuro di quel che intendesse quello spettatore, e hai proposto la tua interpretazione (che è valida e mostra, al tempo stesso, quanto sia stato lambiccato il processo che ha portato all'equivalenza spettatore = lettore in quanto interprete).

Rimane da vedere se e in quale misura una trasmissione televisiva possa essere considerata alla stregua di un'opera d'arte e pertanto passibile di un'interpretazione. Io penso che non si possa ritenere arte nel complesso, benché possa contenere esibizioni artistiche (balletto, canto, recitazione et sim.). E, in ogni caso, queste esibizioni sono, nella maggior parte dei casi, talmente semplici da rendere inutile uno sforzo ermeneutico. Dunque, il concetto di spettatore come interprete di un programma mi pare stiracchiato anzichennò.

Un'altra possibile spiegazione dell'estensione semantica di lettore al campo di spettatore può essere l'equiparazione di quella particolare trasmissione televisiva a un testo. Questo perché la parola vi prevaleva su qualsiasi altro elemento (scenografia, abbigliamento e aspetto del conduttore, ecc.), cosicché la si sarebbe potuta trasformare in una pagina scritta senza che perdesse di efficacia. Ma resta comunque un paragone innaturale, e per questo proprio di una coniazione tanto estemporanea quanto velleitaria e effimera.
Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

Intervento di Decimo »

È chiaro, caro Ferdinand, che non pensavo che questo fosse un caso passibile di «interpretazione» (…«assidua», peraltro, che non vuol dir nulla), ma sí passibile d’interesse accurato e critico («fruizione attenta», proponevo prima) —nel caso specifico compiaciutoal pari di un’opera d’arte, non in quanto tale. Se detto per piaggeria o per sincera sensibilità del parlante, ai fini di una valutazione strettamente linguistica è scarsamente rilevante. Mi dirò dunque, per variare esempio, «lettore [assiduo]» delle puntate di Passepartout, se intendo distinguermi —piú o meno goffamente, come ogni snobbismo— da chi ritengo meri spettatorucoli, osservatori distratti e dallo scanalare facile. Ebbene, a mio avviso non sembra questo un passaggio semantico tanto piú «stiracchiato» di tante altre estensioni piú fortunate e lemmatizzate. È un occasionalismo, come giustamente scrivi, di cui però andrebbe preso atto senza stigmatizzazioni: sí, dunque, coniazione «estemporanea» e «effimera» (ma perché «velleitaria»?), per dato di fatto, ma legittima.

Tuttavia, la spiegazione che tu proponi mi convince quasi di piú, e trovo che forse proprio nel carattere «cervellotico» dell’uso estensivo sinestetico (ai limiti della catacresi?) sia da ricercare quella presunta «raffinatezza». Giudizio che io non mi sento di sostenere, perché esempio fra i meno felici, ma che volentieri giustifico.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5195
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Potremmo estendere ad libitum quest'amena conversazione, ma non potremmo ignorare che stiamo dibattendo di nulla, caro Decimo. Io sono il primo a provare un gran gusto nelle discussioni, diciamo cosí, bizantine; tuttavia, non posso non provare anche un senso d'inanità nel ragionare di una parola che uno spettatore, vuoi per velleitarismo («velleitario», amico mio, perché denota un'aspirazione irrealizzata all'acutezza, un'inutile complicazione che si è voluto spacciare per raffinata intuizione), vuoi per goffaggine, ha coniato lí per lí.

Ma, per entrare per l'ultima volta nel merito della discussione, ripeto che questa estensione semantica estemporanea è davvero stiracchiata e forzata – al di là dei facili entusiasmi di Sgarbi – giacché si compie un'acrobazia semantica poco funzionale e poco chiara. («Fruizione attenta» di un programma televisivo? La televisione è fatta per essere semplice, anche laddove tratti di argomenti «elevati», perché l'attenzione dello spettatore è fuggevole. Perciò, che tu guardi Passepartout o Uomini e donne poco cambia: da persona colta, potrai apprezzare Daverio piú di un sessantenne colla terza media aduso allo scanalamento, ma è assai probabile che quest'ultimo non guardi Passepartout, cosa che renderebbe inutile il tuo – ipotetico, supposto – maldestro e snobbistico tentativo di distinguerti dagli altri spettatori.)

La mia stigmatizzazione è la conseguenza di un'insofferenza verso, appunto, questo «velleitarismo onomaturgico», che porta a goffe creazioni effimere gabellate per acute e intelligenti (e, «post festum», a giustificazioni arzigogolate che ne ricalcano l'irragionevole complicatezza). In quanto ai miei presunti «parargomenti circostanziali», dirò che il mio argomento non ha solo la parvenza della validità, come in maniera un po' arrogante ritieni tu, ma è invece fondamentale nella valutazione di questa parola. Non si può non tenere conto della personalità del conduttore, incline a ricevere adulazioni; non si può non pensare che, fra tutte le lettere, egli abbia trascelto questa e abbia scambiato una distratta e, forse, involontaria catacresi per una brillante e originale associazione. In ogni caso, il fatto rimane prigioniero di una precisa circostanza, non avendo la risemantizzazione in questione attecchito.
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Mi permetto un [occasionale] intermezzo.

L’aurea regoletta dell’auctoritas mette d’accordo tutti, forse. Quel 'legere', nella penna, o nella bocca, ad esempio, di un Longhi (o di un Daverio), anche davanti a un’immagine, saprebbe di cultismo, di calco semantico, di uso espressivo e intelligente. Altrove, uno sfoggio fuori [con]testo, un esibizionismo, un dannunzianesimo depauperato (in questo caso, l’antipatia impone un eccesso di severità).

[L’uso di leggere qui, direi, sarebbe appunto etimologico, nel solito senso di «raccogliere», e cioè ‘accogliere in sé’, con l’attenzione dovuta – legere oculis]
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5195
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie del suo prezioso intervento, caro Ladim. Concordo quando definisce l'equivalenza fra lettore e spettatore come «uno sfoggio fuori [con]testo, un esibizionismo, un dannunzianesimo depauperato».

Sennonché, applicando il rasoio di Occam, credo si possa parlare di una svista o di un'inconsapevole, imponderata e indebita estensione semantica piuttosto che di un disinvolto cultismo o di un'ardita e peregrina associazione di concetti. Me lo fa pensare un particolare che il caro Decimo ha lumeggiato; un particolare al quale non avevo prestato attenzione: la presenza di quell'aggettivo assiduo.

Potrei congetturare che lo spettatore avesse in mente la combinazione lessicale «assiduo lettore»; e, non trovando un'espressione altrettanto acconcia per la televisione (o trovando, invece, per motivi insondabili, assai acconcia l'eguaglianza fra lettore e spettatore), abbia deciso di «riciclarla», forse confidando (a ragione) che l'abilità retorica di Sgarbi avrebbe provveduto a giustificare l'improprietà.
Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

Intervento di Decimo »

Caro Ferdinand, non ti pare piuttosto che Ladim voglia sottolineare l’opportunità di distinguere il contesto indipendentemente dal medium, per cui «sfoggio fuori [con]testo» non è l’equivalenza tra spettatore e lettore, ma —nello specifico— l’ossequio formale a una macchietta?

Se non ho interpretato male le parole di Ladim, mi dico d’accordo con lui. Aggiungo però una nota: ciò che a uno specialista o anche già a un uomo di cultura media può sembrare inappropriato —Sgarbi, come si è detto, alterna cenni di erudizione scontata al turpiloquio, dunque del suo programma televisivo si sarebbe potuto dar tutto meno che «lettura»—, un parlante dalla sensibilità piú «acerba» può ritenerlo invece del tutto adeguato. Nel nostro caso, il presentatore è un sedicente uomo di cultura, incline alla citazione ritrita: avrà esercitato un qualche fascino sullo spettatore, che ha creduto bene di piaggiarlo stirando un’accezione figurata di leggere. Goffamente, concordiamo.

Sulla liceità di per sé dell’uso estensivo credo che Ladim si sia espresso con sufficiente chiarezza: laddove fosse acconcio —ad esempio «nella bocca di un Longhi (o di un Daverio), anche davanti a un’immagine»— l’estensione semantica «saprebbe di cultismo, […] di uso espressivo e intelligente».

Si aprirebbe allora la questione d’individuare il criterio con cui approvare o disapprovare l’uso di figure retoriche da parte di un parlante sprovveduto. Provo a estendere il campione di esempi, figurandomene di verosimili: «respirare le pagine di Fabio Volo», «vedere la musica di Giovanni Allevi vibrare nell’aria», eccetera. Proscrivendole o schernendole, a mio avviso, si proscriverebbe o schernirebbe la sensibilità del parlante, che ha il diritto —anche nella piú assurda ignoranza— di giocare creativamente col linguaggio.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5195
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sennonché, Decimo, io non ho proscritto il libero esercizio di creatività linguistica di quello spettatore. Se, per te, affermare che l'estensione semantica di lettore su spettatore è stiracchiata e poco funzionale significa condannarla o dileggiarne l'autore, non so che mi dire.

Riguardo, poi, all'interpretazione dell'interpretazione (no pun intended) di Ladim, no, non mi pare che «sfoggio fuori [con]testo» si riferisca all'ossequio formale a Sgarbi in quanto becera macchietta [1], in primo luogo perché, dopo questa definizione, ve ne sono altre due che sembrerebbero escludere questa ipotesi: «esibizionismo» e «dannunzianesimo depauperato»; in secondo luogo, perché non si capirebbe la presenza di questa doppia norma: se l'omaggio alla trasmissione di Sgarbi proviene dalla casalinga di Voghera, è ostentazione inutile perché rivolta a un oggetto indegno di tanta eleganza formale; se l'avesse fatto, per contro, un spirto gentil, sarebbe un cultismo intelligente, anche se Sgarbi avesse fatto una trasmissione di sole parolacce.

Anch'io sono d'accordo con Ladim: in bocca a un parlante medio, lo sconfinamento del significato di lettore su quello di spettatore risulta affettato; in bocca, invece, a un uomo di solida e certa cultura, è, nonché accettabile, raffinato (anche se mi rimane, personalmente, un retrogusto di snobbistica forzatura). Benché nessuno voglia conculcare la facoltà di ognuno, indipendentemente dalla sua competenza linguistica e dalla sua cultura, di usare creativamente la lingua, non ci si può esimere dall'operare questa distinzione. (Ovviamente, suppongo che l'autore dell'allargamento semantico non sia un grande intellettuale, ma una persona comune.)


[1] Peraltro, se «sfoggio fuori [con]testo» si riferisse a Sgarbi, Ladim avrebbe espresso un parere personale sul conduttore, ricadendo in uno di quei «parargomenti circostanziali» che vogliamo evitare in questa discussione: questa nuova accezione di lettore riguarda Sgarbi, ergo è uno sfoggio fuori contesto.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 5 ospiti