Ringrazio il Cielo che non ci sono/siano

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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edoram
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Ringrazio il Cielo che non ci sono/siano

Intervento di edoram »

Spero di non essere noioso con le solite questioni sull'uso del congiuntivo.

Di recente ho letto questa frase:
"Ringrazio il cielo che non ci sono le zanzare", alcuni amici hanno commentato che si trattasse di un errore non usare il congiuntivo, voi che ne pensate?

personalmente mi sembra che sia un dato di fatto la mancanza delle zanzare, quindi non mi suona male l'indicativo. Usare il congiuntivo mi darebbe quasi la sensazione che le zanzare possano arrivare da un momento all'altro, "ringrazio il cielo che non ci siano (ancora) le zanzare".
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il verbo ringraziare, che secondo Luciano Satta regge solo l’indicativo, in realtà regge anche il congiuntivo:

...ma ringrazio il Cielo che di tutti li accidenti felicemente uscita sono. (Dovizi, La calandra)

...e ringraziò il Cielo che avesse trovato tal mezzo per salvar quella terra che non fosse stata contaminata da quelle diaboliche persone. (Barbieri, La supplica)

Ma siccome la meriti [la fortuna], ringrazio il Cielo che ti sia avvenuta. (Pellico, Epistolario)

...ringrazio il Cielo che nell’accidente di milord vi sia stato piú momentaneo dolore che continuato pericolo. (Foscolo, Epistolario)

Dobbiamo ritenere quindi corretti entrambi i modi, benché nella frase in esame suoni meglio il congiuntivo, favorito forse dalla negazione.

Invece, nella frase alcuni amici hanno commentato che si trattasse di un errore il congiuntivo non è possibile, bisogna dire hanno commentato che si trattava.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
edoram
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Intervento di edoram »

Grazie Marco, le sue risposte sono sempre così esaustive :)
Non finirò mai di imparare.

La cosa che mi ha incuriosito di più però è stata la sua ultima correzione: ora che me lo fa notare anche a me suona meglio "hanno commentato che si trattava", ma non sono sicuro di capirne il motivo. Forse se avessi scritto "sostenevano che si trattasse" sarebbe stato invece corretto il congiuntivo?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí, gentile Edoram, perché sostenere implica una teoria, mentre commentare rientra nella categoria dei verba dicendi. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Scusate se m'intrometto, ma vorrei segnalare a Edoram quest'interessante articolo dell'AdC (Accademia della Crusca) sull'uso del congiuntivo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il collegamento è molto utile, gentile Luca. Mi domando però se sia sensato, come fa la Crusca, affermare categoricamente che sostenere prende l’indicativo. L’uso piú antico attesta invece il congiuntivo, e solo dopo troviamo l’indicativo (forse dovuto alla teorizzazione di qualche grammatico), fra l’altro costantemente in Leopardi (mi fondo sull’archivio della BIZ[a]). Ma il congiuntivo, con sostenere, mi pare piú logico, fermo restando che l’indicativo è naturalmente corretto. Ecco l’esemplificazione in italiano antico.

...né alcuno uomo, non che a quella, ma ancora in un grandissimo prato ch’è davanti ad essa, sostiene che s’appropinqui, e quale presumesse d’appressarvisi sanza il piacer di lui, o morte o gravissimo danno e pericolo ne gli seguiria... (Boccaccio, Filocolo)

Il quale diletto a pena nel matrimonio, dicendone altri sua colpa, si sostiene che non sia peccato, secondo il dire del profeta, il quale dice: “Ecco ch’i’ sono fatto di peccato, e in peccato m’ingenerò la mia madre”. (Cappellano, De Amore)

Sia certo ciascheduno che chi sostiene che le vedove e’ pupilli siano rubati con doloroso fine vengono a perdere il loro stato. (Sacchetti, Trecentonovelle)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Finalmente, ho ritrovato la mia GGIC, ma la ricerca su sostenere non ha prodotto risultati. In Serianni, invece (XIV.52), si legge:

Un verbo che usualmente regga l’indicativo può tuttavia richiedere il congiuntivo qualora: [...]

b) Assuma senso eventuale, specie in riferimento a un soggetto indeterminato: [...] «Altri sostengono che sia morto ad Amburgo nel ’45» [...] di solito per accentuare «il valore restrittivo dell’opinione»...


Veramente, con questo metro di giudizio, si rischia di trarre in inganno, perché non è possibile per tutti i verbi. Alla fine, in queste questioni, deve guidarci l’orecchio – quello addestrato sui grandi maestri di stile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Dopo una discussione con Fausto Raso, sono giunto alla conclusione che l’indicativo e il congiuntivo, per il verbo sostenere, dipenda dalla persona:

(1) Io sostengo che i dizionari danno informazioni corrette.
(2) Lui sostiene che i dizionari diano informazioni corrette.

Nel primo caso abbiamo una convinzione espressa in prima persona; nella seconda, in terza persona, in cui si prendono le distanze, non è piú una convinzione, ma un discorso indiretto, il resoconto dell’altrui opinione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
edoram
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Intervento di edoram »

Questa sua ultima soluzione è molto interessante sopratutto perchè fornisce un comodo promemoria a chi, come me, ancora fatica a destreggiarsi tra le varie interpretazioni del congiuntivo.

Secondo lei signor Marco, è una regola che si può estendere ad altri verbi?
Ad esempio:

Io sono certo che è corretto
Lui è certo che sia corretto

Io ritengo che è corretto
Lui ritiene che sia corretto

Sono forme accettabili?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Senza dubbio: sono, per me, le uniche forme corrette. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
edoram
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Intervento di edoram »

A quali forme possiamo estendere tale regola?

In un filone di qualche tempo fa Marco 1971 scriveva:
Essere consapevole rientra nella sfera semantica del sapere, come so che, mi rendo conto che, verbi tutti che richiedono l’indicativo.
Secondo gli ultimi ragionamenti però si è aperta la soluzione di usare l'indicativo in base alla persona, ma a questo punto faccio fatica a capire in quali contesti se ne possa far uso.

Sarebbe così gentile, sig. Marco, da formulare la regola generica della sua proposta, così come la potrei leggere su una grammatica?

Forse per lei è una semplice sfumatura, ma per me è una questione del tutto nuova che potrebbe far crollare quelle deboli fondamenta che mi aiutavano a scegliere tra indicativo e congiuntivo :)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Temo che una regola assoluta non ci sia: la GGIC dedica quasi 50 pagine al solo congiuntivo epistemico. Bisogna esaminare i casi singolarmente. A ogni modo, come dico sempre, piú si leggono i classici, piú l’orecchio diventa una guida sicura. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

edoram ha scritto:Questa sua ultima soluzione è molto interessante sopratutto perchè fornisce un comodo promemoria a chi, come me, ancora fatica a destreggiarsi tra le varie interpretazioni del congiuntivo.
Piccolo appunto fuori tema (che spero non la offenderà): sebbene i vocabolari accettino entrambe le forme, sarebbe meglio scrivere soprattutto (con due ‘t’), giacché il suffisso sopra-/sovra- «produce di norma il raddoppiamento della consonante semplice con cui ha inizio la parola seguente (soprappiù, sovrapporre)»;¹ in tutti i derivati di che l'accento è acuto (perché, poiché, macché, ecc.).²
__________________
¹Veda la voce sopra- del Treccani in linea.
²A questo proposito, per un uso appropriato degli accenti, le segnalo questo articolo dell'AdC.
Ultima modifica di Luca86 in data mar, 13 set 2011 23:56, modificato 1 volta in totale.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Luca86 ha scritto: __________________
¹Veda la voce sopra- del Treccani in linea.
²A questo proposito, per un uso appropriato degli accenti, le segnalo questo articolo dell'AdC.
È un vero "sconcio", però, il fatto che l'AdC. metta l'accento grave sulla "i" e sulla "u". :(
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Fausto Raso ha scritto:È un vero "sconcio", però, il fatto che l'AdC. metta l'accento grave sulla "i" e sulla "u". :(
Se si trattasse solo di accenti (poi ammessi da tutte le grammatiche)... Il problema è piuttosto che neanche una istituzione come la Crusca cura piú di tanto la lingua nei suoi stessi scritti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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