Questi due verbi sembrano essere, in apparenza, sinonimi. Tuttavia, nel Treccani in linea, s.v., si afferma che l'uso comune di deprecare nel senso di «condannare», «biasimare» è «meno proprio»:
2. Con sign. meno proprio, nell’uso com., esprimere viva riprovazione per qualche cosa[.]
Ciò fa pensare a un'innovazione recente. Ci sono esempi illustri di quest'uso?
Ammettendo poi la piena cittadinanza dell'accezione suddetta di deprecare, la differenza con deplorare sembra essere assai sottile. Deplorare, infatti, significa, nel significato moderno (vedi Treccani in linea, s.v.):
1. Riprovare, condannare con biasimo e profondo rammarico un fatto o un comportamento[.]
Entrambi esprimono una condanna morale, senza sostanziali differenze. Semmai, deplorare ha quella sfumatura di «profondo rammarico» che ne aumenta l'intensità; probabilmente si tratta del lascito del significato etimologico.
«Deprecare» e «deplorare»
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- Ferdinand Bardamu
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La prima attestazione di questo significato di deprecare data dal Battaglia (3. Disapprovare, biasimare, deplorare) è di Antonio Beltramelli, poeta e giornalista vissuto fra il 1879 e il 1930. Seguono esempi di Enrico Pea (1881-1958) e di Vasco Pratolini (1913-1991). L’accezione ha sufficiente antichità e nobiltà di documentazione per essere del tutto accettabile, secondo me.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Penso lo stesso: a me deplorare evoca maggior intensità, ma è forse soggettivo (penso al latino plorare, che aveva questo senso molto forte di piangere percotendosi il petto, se la memoria non m’inganna). Sarebbe interessante vedere cosa dice il Tommaseo nel dizionario dei sinonimi, che purtroppo è giú in cantina (e fa troppo freddo per uscire
).

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Nell'edizione del dizionario dei sinonimi di Tommaseo in mio possesso, c'è solo deplorare, ma è elencato tra i sinonimi di «lamentarsi». Ecco quel che vi si legge:
Piangere, Deplorare
— Piangere, e il proprio male e l'altrui; deplorare, specialmente l'altrui. Si deplora con meno affetto di quel che si pianga. Molti deplorano, che non sanno piangere. Molti piangon troppo sè* stessi, ond'altri non li deplora.
Deprecare non c'è, ma c'è deprecazione, elencata assieme a «preghiera»:
Segneri: « Differendo in ciò le precazioni dalle deprecazioni, che le precazioni sono ordinate al conseguimento del bene, e le deprecazioni al divertimento del male. » In questo senso, deprecazione, ancorchè* non sia dell'uso comune, può cadere opportuno; specialmente trattandosi di storico costume o rito, dov'era parola solenne […].
Deprecazione, inoltre, era figura rettorica, appunto calda preghiera a' giudici, di allontanar dal cliente il male d'una grave condanna.
Queste definizioni possono illuminare, benché indirettamente, la differenza tra i due verbi: deplorare comprende una certa pietà nei confronti di chi si deplora; deprecare pone invece l'accento sull'ingiustizia, l'immoralità, ecc. dell'azione o della persona che si depreca. Questa, vale la pena di sottolinearlo, è la mia soggettiva interpretazione.
Circa l'etimo di deplorare, il caro, vecchio Castiglioni-Mariotti ti dà ragione: dēplōro significa infatti «piango con lamenti».
_____
* Le convenzioni tipografiche, in antico, non includevano l'accento acuto. Modernamente, e piú correttamente, si scriva sé stessi e, piú avanti, ancorché.
Piangere, Deplorare
— Piangere, e il proprio male e l'altrui; deplorare, specialmente l'altrui. Si deplora con meno affetto di quel che si pianga. Molti deplorano, che non sanno piangere. Molti piangon troppo sè* stessi, ond'altri non li deplora.
Deprecare non c'è, ma c'è deprecazione, elencata assieme a «preghiera»:
Segneri: « Differendo in ciò le precazioni dalle deprecazioni, che le precazioni sono ordinate al conseguimento del bene, e le deprecazioni al divertimento del male. » In questo senso, deprecazione, ancorchè* non sia dell'uso comune, può cadere opportuno; specialmente trattandosi di storico costume o rito, dov'era parola solenne […].
Deprecazione, inoltre, era figura rettorica, appunto calda preghiera a' giudici, di allontanar dal cliente il male d'una grave condanna.
Queste definizioni possono illuminare, benché indirettamente, la differenza tra i due verbi: deplorare comprende una certa pietà nei confronti di chi si deplora; deprecare pone invece l'accento sull'ingiustizia, l'immoralità, ecc. dell'azione o della persona che si depreca. Questa, vale la pena di sottolinearlo, è la mia soggettiva interpretazione.
Circa l'etimo di deplorare, il caro, vecchio Castiglioni-Mariotti ti dà ragione: dēplōro significa infatti «piango con lamenti».
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* Le convenzioni tipografiche, in antico, non includevano l'accento acuto. Modernamente, e piú correttamente, si scriva sé stessi e, piú avanti, ancorché.
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