Buon giorno!
E come intendete di opporvivi?
È giusta la formulazione?
Opporvivi
Moderatore: Cruscanti
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- Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03
È una forma rarissima e desueta, non prevista dalla norma italiana attuale, che prescrive opporvici.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Ferdinand Bardamu
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- Località: Legnago (Verona)
A me, personalmente, suona male opporvici, perché la particella ci, in questo caso, mi pare piú un locativo che un dativo. Ma, ripeto, è un'opinione del tutto soggettiva.
D'altra parte, seguendo la scorta della GGIC in questo processo di auto-elicitazione, per altre persone il mio orecchio non sente alcuna stranezza nell'uso di ci: «come intendo oppormici?», «come intendi opportici?». Anche per le terze persone, però, vi è meglio di ci (sempre secondo il mio gusto): «come intende/intendono opporvisi?».
Solo per la prima persona plurale troverei qualche difficoltà: la forma analitica del dativo, «come intendiamo opporci a ciò?», mi pare l'unica possibile di contro a quella organica, «*come intendiamo opporcici/opporcivi».
Giova, infine, ricordare quanto dice Serianni nella sua Grammatica, nel paragrafo dedicato alla differenza tra ci e vi:
VII.51. Quanto alla differenza tra ci e vi, si noterà che la forma più colloquiale è la prima nelle frasi dei gruppi (I) [ci e vi avverbi di luogo, nota mia] e (II) [ci e vi pronomi dimostrativi con valore neutro, nota mia]: nell'edizione definitiva dei Promessi Sposi il Manzoni introdusse largamente ci dove aveva scritto vi (per esempio: «se, tra i bravi e lui, ci fosse [in precedenza vi fosse] qualche uscita di strada» I 27). Ci è inoltre l'unica forma possibile in molte espressioni del gruppo (II) (non si può dire «Allora, vieni domani: *vi conto») e in tutte quelle del gruppo (III) [ci con valore indeterminato, nota mia] (impossibile *ve l'ho con te, *vi restammo male, ecc.). D'altra parte, nelle frasi dei gruppi (I) e (II), è abituale vi, anche parlando, in tutti i contesti che richiedano un certo livello di formalità. Così, risulterebbe innaturale dire, ad esempio: «il congresso si apre domani: ci prenderà parte anche il ministro» invece di «vi prenderà parte».
D'altra parte, seguendo la scorta della GGIC in questo processo di auto-elicitazione, per altre persone il mio orecchio non sente alcuna stranezza nell'uso di ci: «come intendo oppormici?», «come intendi opportici?». Anche per le terze persone, però, vi è meglio di ci (sempre secondo il mio gusto): «come intende/intendono opporvisi?».
Solo per la prima persona plurale troverei qualche difficoltà: la forma analitica del dativo, «come intendiamo opporci a ciò?», mi pare l'unica possibile di contro a quella organica, «*come intendiamo opporcici/opporcivi».
Giova, infine, ricordare quanto dice Serianni nella sua Grammatica, nel paragrafo dedicato alla differenza tra ci e vi:
VII.51. Quanto alla differenza tra ci e vi, si noterà che la forma più colloquiale è la prima nelle frasi dei gruppi (I) [ci e vi avverbi di luogo, nota mia] e (II) [ci e vi pronomi dimostrativi con valore neutro, nota mia]: nell'edizione definitiva dei Promessi Sposi il Manzoni introdusse largamente ci dove aveva scritto vi (per esempio: «se, tra i bravi e lui, ci fosse [in precedenza vi fosse] qualche uscita di strada» I 27). Ci è inoltre l'unica forma possibile in molte espressioni del gruppo (II) (non si può dire «Allora, vieni domani: *vi conto») e in tutte quelle del gruppo (III) [ci con valore indeterminato, nota mia] (impossibile *ve l'ho con te, *vi restammo male, ecc.). D'altra parte, nelle frasi dei gruppi (I) e (II), è abituale vi, anche parlando, in tutti i contesti che richiedano un certo livello di formalità. Così, risulterebbe innaturale dire, ad esempio: «il congresso si apre domani: ci prenderà parte anche il ministro» invece di «vi prenderà parte».
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